martedì 27 aprile 2010

Un magistrale articolo di Carlo Vulpio pubblicato sul suo blog il 26 aprile 2010
Inchieste scippate e silenziate, sette magistrati indagati, una Repubblica giudiziaria “indipendente” di Calabria e Lucania, un Csm cieco sordo e muto, e alla fine solo “tante scuse” perché bisogna imbarcarsi tutti assieme sull’Arca di Noè?

Avevamo ragione. Ma che tristezza, e che noia, dover dire ogni volta, e sempre “dopo”, avevamo ragione. Le inchieste Poseidone e Why Not non dovevano essere scippate al pm di Catanzaro, Luigi de Magistris.
Lo avevo scritto sul mio giornale, il Corriere della Sera, fin dal 2007 e l’ho poi raccontato anche in un libro, Roba Nostra (Il Saggiatore).
Oggi, lo ribadisce la procura di Salerno (i pm Maria Chiara Minerva, Rocco Alfano e Antonio Cantarella), con un avviso di chiusura delle indagini che vale anche come informazione di garanzia per dodici persone.
Dodici persone che appaiono come una sorta di “sporca dozzina” che – dicono i pm salernitani – si è vario titolo macchiata di una serie di gravi reati: corruzione, corruzione in atti giudiziari, rifiuto di atti d’ufficio, favoreggiamento personale.
Avevamo ragione noi, dunque, i pochissimi che raccontammo questa storia, e che difendemmo “senza se e senza ma” sia le persone vittime delle ingiustizie commesse dalla Giustizia, sia quel pm napoletano sconosciuto, poiché attraverso lui difendevamo un principio costituzionale e politico di enorme rilevanza. Per tutti. Anche per chi “giocava” in campo avverso.

Come siano poi andate le cose, come stanno andando, molti di voi lo sanno.
Il giudice Clementina Forleo è finita a Cremona, senza scorta, sebbene vittima di continue minacce e strani incidenti stradali, guardata come una appestata sia dai suoi colleghi lottizzati e tuttavia “per bene”, sia dai loro amici, quelli che “chiagnene e fottono”, e che pure dalla Forleo erano stati difesi con rara generosità e lealtà.
Il capitano dei carabinieri Pasquale Zacheo è stato trasferito da Policoro, in Basilicata, a Fermo, nelle Marche.
I giornalisti Gianloreto Carbone, Nicola Piccenna e Nino Grilli sono tornati al lavoro usato, ma con una speciale “attenzione giudiziaria” sul groppone senza che nessuno dei difensori della stampa libera (a senso unico) abbia fiatato (non basta citarli in un discorso o in articolo e poi buonasera, come si fa quando si commemorano i morti).
Il sottoscritto, infine, subissato anch’egli da decine di querele e tuttavia finora sempre assolto, è tornato a scrivere per il proprio giornale (settore cultura, perché sono uno che ha studiato) e a tifare per l’Inter.

Quelli che la procura di Salerno ha individuato come i dodici “complottisti” calabresi sono più o meno noti alle cronache. Ma ciò che colpisce di più, e che ha un valore ben più che statistico, come vedremo tra un po’, è che ben sette di essi sono magistrati.
Mariano Lombardi e Salvatore Murone, procuratore capo e procuratore aggiunto della procura di Catanzaro; Dolcino Favi, avvocato generale dello Stato e procuratore generale facente funzioni; Enzo Iannelli, Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo, rispettivamente procuratore generale e sostituti procuratori generali a Catanzaro; Salvatore Curcio, sostituto procuratore a Catanzaro. Tra gli altri cinque imputati, oltre al noto “imprenditore” Antonio Saladino, vi sono anche la moglie di Lombardi, Maria Grazia Muzzi (funzionaria della Corte d’Assise di Catanzaro), il figlio di lei, l’avvocato Pierpaolo Greco, e due politici: Giancarlo Pittelli, senatore Pdl, e Giuseppe Galati, Udc, ex sottosegretario del ministero delle Attività produttive dal 2001 al 2006 (nel secondo e nel terzo governo Berlusconi).

Nessun giornale ha dato notizia di questa chiusura di indagini, con sette magistrati imputati, da parte della procura di Salerno. Eppure, su quella procura, non più tardi di due anni fa si scatenarono tutti, a nove colonne e in prima pagina, inventandosi la famosa locuzione “guerra delle procure” (tra Salerno, appunto, e Catanzaro). Adesso niente. Solo il silenzio. Nemmeno un parola. Un fatto gravissimo, una schifezza, anche se ce l’aspettavamo e dunque non ci meraviglia.

L’unico giornale nazionale che ne ha parlato è stato il Fatto Quotidiano. Ma poiché ne ha parlato in modo sommario, glissando su alcuni aspetti secondo me fondamentali, ne ha parlato male. E dunque è come se non ne avesse parlato. Il giornale diretto da Antonio Padellaro, infatti, ha chiuso la questione, attraverso Marco Travaglio, sostenendo che adesso il Csm che punì l’ex pm di Catanzaro e il gip Forleo deve “chiedere scusa” per il misfatto compiuto. Proprio così: scusa. E caso chiuso. Una volta stabilito che, come titolava il FQ, “de Magistris aveva ragione”, posson bastare le scuse.
E già, abbiamo cantato questa Messa e assistito a tutto questo massacro solo per poter dire, alla fine, che tizio o caio “aveva ragione”.
Ma andiamo, care suorine democratiche del FQ (copyright, Massimo Fini), lo sappiamo almeno da tre anni che c’è chi aveva ragione e chi aveva torto.
Adesso avremmo voluto sentire da voi, e da tutti gli altri, compresi i protagonisti di allora, nomi, nomi, nomi.
Chi ha fatto che cosa. E perché.
Avremmo voluto sentir dire e raccontare che a far fuori quei due “cattivi magistrati” furono il Csm e le sue correnti di destra e di sinistra, in cui spiccarono per esposizione pubblica la signora Letizia Vacca (PdCI) e il signor Vito D’ambrosio (Ds, per dieci anni governatore delle Marche).
Ma questi nomi, le suorine democratiche del FQ, non li fanno. Sarà forse perché in questa storia che ha disvelato il marcio nella magistratura (ecco perché il 7 su 12 non è solo un dato statistico) e che si è conclusa con i trasferimenti di de Magistris e di Forleo, Silvio Berlusconi semplicemente non c’entra nulla? E quindi, non c’entrando nulla il Caimano, la storia non “tira”, non serve, non va ricordata puntigliosamente come si fa per altre storie.
Però bisogna dire la verità. Sempre. Non a giorni alterni. Altrimenti la gente non capisce e noi stessi alla lunga rischiamo di convincerci che le cose sono andate diversamente da come andarono.

Per esempio, lo stesso de Magistris – con il quale ho sviscerato mille volte proprio questo tema specifico, giungendo alle stesse conclusioni – sa benissimo che con il suo trasferimento, e con quello della Forleo, Berlusconi non c’entra. E sa benissimo che se dicesse oggi le stesse cose che diceva fino al giorno prima di candidarsi, e cioè se ripetesse i nomi dei veri autori e le vere ragioni della defenestrazione sua e della Forleo, si inimicherebbe un bel po’ di quelle toghe – toghe rosse e toghe rotte – che invece adesso potrebbero servire (e non solo a lui).
Si obietterà: ma perché critichi quelli del FQ? Perché avevano la possibilità di raccontare bene questa storia e non lo hanno fatto. Perché se lo avessero fatto, sarebbero arrivati dritti dritti a un’altra storia, ancora più oscena, che porta il nome di Toghe Lucane (sub iudice anch’essa a Salerno). E se fossero arrivati lì, non solo non si sarebbero accontentati della richiesta di “scuse” postume dal Csm, ma non avrebbero potuto non vedere ciò che sta accadendo all’amministrazione della giustizia nella “Repubblica indipendente” di Lucania e Calabria (a 150 anni dall’Unità d’Italia). Qui, insieme con le navi dei veleni, rischia di arenarsi anche un altro argomento d’inchiesta ad alto tasso di malavita giudiziaria, cioè Toghe Lucane, che riassume tutti i mali di una magistratura intoccabile e che tuttavia, ogni volta che se ne parla, sembra infastidire un po’ tutti, persino lo stesso pm che quella inchiesta istruì.

Così può accadere, per fare uno dei tanti sciagurati esempi possibili, che a Catanzaro, nel brandello di processo sul megavillaggio turistico Marinagri (costruito nella foce del fiume Agri: 26 milioni di euro di fondi Ue), dopo aver cambiato pm in corsa (il primo pm un’ora prima chiede il rinvio a giudizio degli imputati e il secondo pm un’ora dopo chiede l’assoluzione plenaria), il gip di Catanzaro, Gabriella Reillo, assolva tutti gli imputati, con loro somma meraviglia.
Peccato però che quella sentenza debba essere dichiarata nulla perché uno dei pm della sostituzione in corsa, Vincenzo Capomolla, non aveva notificato la data di udienza a una delle parti offese. Che quindi non si è potuta opporre nel giudizio davanti al gip Reillo. La parte offesa allora è stata costretta a correre a Salerno, competente per territorio, e lì a denunciare il fatto. Ma a Salerno ha trovato un pm, Rocco Alfano (proprio uno dei tre che ha firmato la chiusura delle indagini sull’avocazione galeotta), che non lo ha considerato parte offesa, nonostante ciò risulti dagli atti. E allora la parte offesa è stata costretta a denunciare anche questo pm, ma per competenza territoriale è dovuta andare a Napoli… E intanto il villaggio turistico, il processo, i reati da accertare, i soldi pubblici stanziati, le responsabilità e le complicità evaporano…
Però. A fare un po’ i giornalisti – o i magistrati, o i politici – per davvero, non si dovrebbe far finta di dimenticare che la realizzazione di quel villaggio porta la firma di un pezzo dello stato maggiore del Pd. Che il marito del gip, Italo Reale, ex subcommissario all’emergenza ambientale in Calabria con la giunta di centrodestra guidata da Giuseppe Chiaravalloti, è tra i notabili locali del Pd. E che il gip Reillo, appena chiusa la pratica del “processo più veloce del West” a Catanzaro si è fiondata a Lamezia Terme, “lontana” 36 chilometri, per candidarsi come esponente del Pd alle primarie per eleggere il sindaco di quella città (poi si è ritirata perché sembra che non se la filasse nessuno).

Com’è che di tutto questo il Csm se ne frega? Com’è che se ne frega di un’amministrazione della giustizia, per esempio in Basilicata, che non è, non appare, e nemmeno si sforza di apparire “terza”? Com’è che tutto questo risulta improvvisamente di così scarso interesse anche per coloro che sono “sempre tesi” (copyright, Carlo Verdone) al buon andamento della giustizia e della cosa pubblica eccetera eccetera? Non è un tema politico nazionale ed europeo, questo?
Si dirà che tutto questo accade per mille e diversi motivi, tra essi spesso trasversalmente e “oggettivamente” convergenti. Ed è vero.
Ma c’è un motivo speciale, nuovo, inedito e indicibile. I magistrati. Un corpo, un ordine, un potere, che casi come questo ci rivelano essere intaccato dagli stessi mali che affliggono tutti gli altri settori della società. Con una differenza, però. Anzi due. La prima è che i magistrati amministrano giustizia. La seconda è che a parlare così di loro (anche se almeno la metà li immaginiamo bravi e per bene) si rischia. Fosse solo la galera, poco male. E’ che si rischia anche la carriera giudiziaria e quella politica, e non per i crimini, veri o presunti, commessi, ma per l’isolamento civile, sociale, morale (e ogni riferimento non è casuale) che scatta con precisione svizzera se si dicono le cose come stanno.
E’ capitato persino a Bruno Tinti, che pure non è uno “scomodo” (anche perché è in pensione), e sempre sul FQ. Appena s’è azzardato ad avanzare anche solo l’ipotesi di una riforma per sorteggio del sinedrio del Csm, è stato strapazzato da due articolesse del procuratore piemontese di Torino, Giancarlo Caselli, e del procuratore aggiunto pugliese di Milano, Armando Spataro, che sulla intoccabilità del Csm e sulla separazione delle carriere (sempre sostenuta anche dai “cattivi magistrati” Forleo e de Magistris – a meno che quest’ultimo non abbia provvidenzialmente cambiato idea anche su questo), e su una serie di altre “cosette” riguardanti la magistratura e il funzionamento della giustizia, hanno riproposto lo stesso armamentario ammuffito che il presidente dell’Anm, Luca Palamara, ha riesumato nell’ottima intervista fattagli da Barbara Romano (Libero, 25 aprile 2010).

Ecco, ora forse è un po’ più chiaro come e perché ogni volta che si tocchi quest’altra casta in toga, i suoi esponenti – rosse o rotte che siano le toghe – facciano “scattare” una tagliola “unitaria”, e povero chi vi resti intrappolato. Amico o nemico, quella tagliola non perdona. Anzi, è ancora più infallibile se a finirci dentro è chi (sia egli magistrato, politico o comune cittadino) fino al giorno prima era annoverato tra i “giusti”. Poiché è proprio con gli “eretici” che, da sempre, chiese, partiti, sette, clan, cosche e cupole sono più spietati che mai.
Ma che importanza ha, lasciare sul cammino morti e feriti, o passare addosso ai cadaveri, se il fine è il radioso traguardo di una nuova società senza il Caimano? E allora, su, tutti insieme nel nuovo Cln (?) di inizio XXI secolo, tutti nella nuova Arca di Noè per sopravvivere al diluvio. Salvo accorgerci dopo – sempre “dopo”, quando sarà troppo tardi – di aver imbarcato altri e più feroci caimani e alligatori pronti a diventare i nocchieri dell’Arca e a voler sbranare con metodo il resto della compagnia che a essi si era affidata con stolta fiducia.

mercoledì 21 aprile 2010



SANITÀ E TERRITORIO QUANDO LA STATISTICA È ASSENTE
LA TESTIMONIANZA-ALLARME
Valeria, ex paziente leucemica, scrive a Vendola e segnala: «Con la nuova provincia,
niente più assistenza domiciliare»

IMPRESSIONE INQUIETANTE
Dal Reparto di Oncologia di Bari si ha l’impressione che vi siano troppi casi di
tumore tra Spinazzola e Minervino


«Perché si registrano tanti casi di leucemie e tumori a Trani?»

NICO AURORA
TRANI. «Caro presidente della Regione, Nichi Vendola, mi presento. Mi Chiamo Valeria (nome di fantasia già impegnato dalla Gazzetta in altra circostanza, ndr), ho diciassette anni e da poco più di due mesi sono "uscita" definitivamente da una grave malattia ». Così inizia la lettera che una ragazza tranese, affetta da leucemia linfoblastica acuta, ha scritto al governatore della Puglia per raccontare il suo caso e, partendo da quello, chiedere alle istituzioni di fare ogni cosa per garantire sempre assistenza e conforto alle tante persone, della stessa età ed anche più piccole, che da quella malattia ancora non sono uscite. E tante di loro, purtroppo, neanche ce l'hanno fatta, e mai hanno avuto la forza di scrivere a qualcuno e denunciare le presunte ingiustizie del sistema e le falle di un territorio in cui la malattia s'insinua maligna e cieca, perché quando colpisce non guarda in faccia a nessuno: colpisce e basta. «Il giorno della giornata della donna - racconta Valeria nella lettera al capo del governo regionale - una mia amica è morta per la mia stessa malattia. Ed allora mi domando: perché continuiamo a farci del male?». Valeria ha passato indescrivibili sofferenze per guarire. I primi, terribili cicli di chemioterapia le hanno procurato convulsioni insopportabili e tre giorni di coma farmacologico. La «Gazzetta«, che il 23 dicembre 2008 si occupò del suo caso, ne mutuò la metafora: «A chi ha indossato i guantoni ed è salito sul ring». Valeria su quel ring ha combattuto e vinto grazie alla sua incrollabile forza di volontà ed all'aiuto di persone, medici e non, che ci hanno messo ciascuna un mattone per costruire la casa della sua salvezza. La protagonista della storia ha passato lunghi mesi al Policlinico di Bari, poi tanti altri in casa a fare mantenimento, e poi esami su esami prima di avere le "sue" certezze. Ma si rattrista perché quelle certezze tanti altri non le hanno. E chiede a se stessa e pubblicamente: «Perché a Trani così tanti casi di leucemie e tumori? Perché tanto amianto che ancora si sbriciola dappertutto senza che alcuno faccia nulla? Perché antenne che continuano a sorgere in ogni angolo, persino all'interno del municipio? Gli ultimi due sindaci sono stati medici, quello in carica è persino ematologo, ma si continua a morire di leucemia e tumori». Non meno dura, però, è anche la critica alle istituzioni regionali: «Durante la mia permanenza in ospedale – racconta ancora Valeria - era iniziata quella che chiamano "assistenza domiciliare", una cosa a dir poco fantastica che consentiva di somministrare la chemioterapia a casa, quando possibile, e svolgere esami di routine evitando il ricovero del bambino o del ragazzo. Per alcuni può sembrare una stupidaggine, ma per noi che la viviamo è un sogno. Ma ecco che, nata ufficialmente la nuova provincia Bat, Bari non può più agire nelle nostre città e da noi non c'è neanche un centro oncologico pediatrico. Sarò certamente ignorante in materia - riconosce l‘ex paziente leucemica concludendo la lettera a Vendola -, ma per me e tanti come me tutto questo un senso non ce l'ha».

SPINAZZOLA UN GRUPPO SU FACEBOOK VUOL CONOSCERE IL NUMERO DEI CASI SULLA MURGIA
«Vogliamo capire», in rete le paure degli spinazzolesi

COSIMO FORINA
SPINAZZOLA. «Ho purtroppo avuto la sventura di visitare il reparto oncologico di Bari e da li è partita la mia riflessione quando l'oncologo mi ha informato della grande percentuale di malati ricorsi a lui, tra Minervino e Spinazzola. Lo sapete che ultimamente perdiamo concittadini giovani, quasi ogni mese, a causa di tumori? Io ne ho contati tredici, tutte persone che conoscevo, e so di tanti che soffrono in un letto combattendo questo male. Si e so cosa significa vivere l'impotenza davanti ad un caro che chiede aiuto. L'unica cosa che posso è chiedere cosa sta succedendo? E noi cosa facciamo? Forse è meglio piangere i nostri cari e andare avanti? Far finta che tutto sia normale, ci si ammala ovunque ecc. Comunque io penso ...e a voi una riflessione». Si apre così, con questo primo intervento una delle aree di discussione del gruppo di “Spinazzolesi nel Mondo” presente su Facebook fondato da Antonio Lovaglio e che vede tra i suoi responsabili: Giovanni Carbonara, Laura Lovaglio, Francesco Piarulli, Rosa Varilotta, Antonio Cotturri, Pasquale Catarinella. Giovani che hanno fatto della loro spinazzolesità, della loro condizione di emigranti, una identità unica che oltre a mantenere salde le proprie radici ha scelto come collante la sensibilità del confronto. Tra lo stesso gruppo è partita una raccolta di firme: «Vogliamo Sapere».Finalizzata a chiedere a gran voce un controllo ambientale, del perché delle tante morti o patologie riscontrate tra i cittadini di Spinazzola legate ai tumori. Nessuno, leggendo tra le centinaia di interventi sull’argomento, oltre 750 gli aderenti al gruppo, affida alla casualità il riscontro di patologie e le morti avvenute ultimamente in città per neoplasie. Non si tratta di una strana congiunzione astrale. La sensazione è invece altra, che un insieme di fattori: uso incontrollato dei pesticidi, abbandono e presenza di eternit, discariche abusive, versamento di fanghi tossici sui terreni, poligoni militari, presenza di attività che bruciano non si sa bene cosa, via vai di camion che di notte, come denunciato in passato, possano aver scaricato materiali pericolosi e non ultimo anche il grano all’ocratossina, siano collegabili come concausa dell’aumento dei tumori. Il tono degli interventi, è bene precisarlo, non è di chi vuole fare allarmismo gratuito. Lo dimostra proprio la raccolta di firme dal titolo inequivocabile: “Vogliamo Capire”. Spinta che dovrebbe tradursi per le istituzioni: amministrazione
comunale, Asl, Provincia, Regione, nell’investire in un monitoraggio e controllo del territorio che possa portare, oggi più che nel passato, a rassicurare la popolazione. I cittadini “Spinazzolesi nel Mondo” hanno avuto con determinazione e coraggio, la forza e la volontà di lanciare una pietra nello stagno.

venerdì 16 aprile 2010



SPINAZZOLA DOPO IL DISSEQUESTRO DELL’AREA PRENDE CORPO L’IPOTESI DI UNA DISCARICA DA REALIZZARE NEL SITO NEOLITICO
Grottelline, il futuro sembra solo spazzatura

di Cosimo Forina
Grottelline sarà discarica gestita dall’Ati Tradeco-Gogeam, la prima società fa capo al patron dei rifiuti in Puglia, Carlo Dante Columella, la seconda alla famiglia Marcegalia, della signora Emma Marcegalia presidente della Confindustria. Il sito è stato dopo un anno e mezzo dissequestrato dalla Procura di Trani dallo stesso pm Michele Ruggiero, il quale aveva ordinato il fermo dei lavori al fine di valutare la regolarità dell’iter dei permessi. Tutto nella norma anche in quella che sarà la tutela del sito Neolitico scoperto dall’Università di Pisa e la grotta sopra la quale era previsto l’impianto di biostabilizzazione, una chiesa rupestre a croce greca con cinque absidi. Saranno gli alberi a fare da barriera e porre il distinguo tra i diecimila anni di storia e il “frutto” della società moderna. L’immondezzaio non influirà sull’aspetto naturalistico, paesaggistico, monumentale di “Grottelline” dove il Comune di Spinazzola, sollecitato dall’Ato Ba/4, presidente il sindaco Carlo Scelzi, in attesa del dissequestro aveva di già deciso che anche li verrà realizzato l’impianto per il trattamento della frazione umida e un deposito della frazione secca dal Bacino Ba/4, 200.000 abitanti. Una valutazione quella espressa dal magistrato a cui si deve grande rispetto, proprio perché per capire fino in fondo quel che stava accadendo ha di fatto fermato i lavori della costruzione della discarica dal 23 agosto 2008. Restano comunque, se mai potrà dirsi conclusa questa faccenda, molte domande in sospeso. Prima fra tutte il perché del furto avvenuto tra la notte del 30 ottobre e 3 novembre 2008 della memoria del computer negli uffici della Regione Puglia, assessorato all’ambiente, retto allora da Michele Losappio, dove erano custodite le procedura di valutazione d’impatto ambientale. Il Governo rispondendo all’interrogazione degli On. Zazzera, Barbato, Scilipoti, Cimadoro e Pifferi dell’Italia dei Valori il 1 aprile 2009 affermava: “Per quanto riferito dal Comando Carabinieri, l'evento aveva attinenza, altresì, con investigazioni eseguite dal Nucleo Operativo Ecologico di Bari, relative alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale in corso per un impianto complesso per rifiuti urbani, con annessa discarica di soccorso, da ubicarsi in un sito nel Comune di Spinazzola (BA), località Grottelline, già sottoposto a sequestro giudiziario nell'ambito di un procedimento penale pendente presso la Procura di Trani”. Il perché, altra domanda, come riferito dall’On. Pierfelice Zazzera in una intervista a “Panorama” dell’agosto 2009, dalla Confindustria si affrettarono a fare una telefonata al parlamentare chiedendo numi per quella interrogazione. Poi ci sono le indagini di Bari. Anche “Grottelline” è entrata al centro dell’attenzione della direzione distrettuale antimafia, pm Desirèe Digeronimo, in ragione di alcune osservazioni relative al ciclo dei rifiuti sulla Murgia e allo scandalo Sanità per i rifiuti ospedalieri. Ascoltato a tal proposito, dopo la sua aggressione giunta dopo la partecipazione ad un convegno su Grottelline il direttore di Radio Regio di Altamura, Alessio Di Palo. Verbali secretati. Dalla sua radio Di Palo evidenzia i molti aspetti, ritenendoli anomali, proprio sulla gestione del ciclo dei rifiuti. E per quel che si sa, restano in località segreta con le loro famiglie tutelati dalla Dda di Bari, sia uno dei due aggressori del Di Palo che il fratello Francesco Di Palo ritenuto importante testimone di giustizia. Sotto l’aspetto, meno giudiziario e più amministrativo, scaturiscono altri quesiti. Con la nuova legge regionale sui rifiuti voluta dal governatore Nichi Vendola, i comuni hanno tempo sino a novembre di aderire ad ambiti territoriali ricadenti nella Provincia di appartenenza. E’ il caso di Spinazzola e Minervino Murge, città che rientrano nella Barletta-Andria-Trani mentre la composizione dell’Ato Ba/4 vede altre otto città ricadenti nella Provincia di Bari. Qualora Spinazzola dovesse confermare di voler uscire dall’Ato Ba/4, cosa che ha già fatto con delibera di consiglio comunale, avendo le Province ruolo di controllo sulla gestione dei rifiuti sussisteranno ancora i presupposti di localizzazione della discarica del Bacino Ba/4 a “Grotelline”? Quesito che come si intuisce è lasciato tutto alla decisione politica, vista la condizione di accettazione passiva a Spinazzola, su ogni evento che ha circondato la storia di “Grottelline” da parte dei cittadini. Mentre il rumore delle ruspe su Grottelline potrebbe essere già imminente.

martedì 13 aprile 2010

Grano contaminato da ocratossina? Il processo riprende il 15 aprile presso il Tribunale di Trani. Tutto è nato dal coraggio della denuncia dello spinazzolese Michele Lovaglio. L'imprenditore Francesco Casillo si difende:«dite a Lovaglio che il Davide che lotta contro Golia non è lui ma sono io che sono stato “pestato a sangue” da forze più forti di me. Finora….»


Le tappe della vicenda
20 settembre 2005: Michele Lovaglio invia al pm Savasta la denuncia-querela
23 settembre 2005: il pm dispone il sequestro della motonave Loch Alyn
2 dicembre 2005: Il Ctu del tribunale: «sui primi 18 campioni di grano, 4 presentano contenuto di Ocratossina superiore ai limiti»
10 gennaio 2006: L’imprenditore Francesco Casillo viene arrestato
2009 il pm chiede il rinvio a giudizio di Francesco Casillo
16 marzo 2010: Il Comune di Spinazzola delibera di costituirsi parte civile al processo
15 aprile 2010 : Riprende il processo presso il Tribunale di Trani


Gli articoli:
7 Marzo 2010 Grano, il Comune parte civile?
Si attende la costituzione nel processo contro le importazioni illegali
• SPINAZZOLA. Importazione del grano contaminato da “Ocratossina”. Nel processo che vede imputato Francesco Casillo coamministratore e gestore di fatto della «Molino Casillo Francesco srl» e Alessio Di Maggio direttore tecnico dell’azienda speciale “Samer” della Camera di Commercio di Bari, anche il Comune di Spinazzola si appresta a valutare la eventuale costituzione come parte civile. Il processo è pendente a Trani e riprenderà dopo la riformulazione del collegio del Tribunale, il 15 aprile 2010.
Le delicatissime inchieste che portarono al sequestro della Moto Nave Loch-Alyn battente bandiera di Hong Kong che proveniva con il suo carico di grano contaminato da Port Cartier (Canada), indagini condotte dal pm Antonio Savasta della Procura di Trani, partirono da una decisa denuncia dell’allora presidente della Coldiretti di Spinazzola, Michele Lovaglio.
“Un Davide che sfidava Golia”, ovvero i grandi importatori di grano destinato ad alimentazione umana. Concisa la denuncia di Lovaglio indirizzata al pm Savasta, nella quale, il 20 settembre 2005, denunciava l’inspiegabile giacenza del grano prodotto localmente, perché rimasto invenduto, nei silos delle cooperative della zona di Spinazzola.
Scriveva Lovaglio: «Volendo capire il perché il mercato procedesse in maniera contraria alla regola della domanda e dell’offerta, appuravo che nel porto di Bari e nei porti del Nord Barese, arrivano svariate tonnellate di grano duro soprattutto dal Canada. Le dette imbarcazioni oltre a portare il suddetto grano di ottima qualità, fanno pervenire anche grano classificato ad uso “zootecnico” che invece viene ammesso nei canali di commercializzazione per alimentazione umana, falsificando il mercato cerealicolo poiché questo prodotto dovrebbe essere tassato con un prelievo di carattere fiscale diverso per l’uso animale, di tale attività si avvantaggerebbero grossi granai fra cui il granaio di Casillo».
E delle tonnellate di grano trasportate da quella motonave 43.848,15, come poi accerterà il magistrato con i suoi periti e investigatori, 26.597,140 tonnellate erano destinate proprio alla Molino Casillo Francesco di Corato. Sconcertante il contenuto nelle carte processuali, due copiosi faldoni, presenti presso lo studio dell’avv. Giuseppe Lovaglio di Spinazzola, il quale ha curato la costituzione di parte civile di Michele Lovaglio. Il solo al momento costituito parte civile con la Asl Ba/3 di Altamura. Specie nelle perizie eseguire per l’accusa dal prof. Onofrio Laricchiuta di Bari.
Quel grano che risulterà solo dopo le sue perizie contaminato di “Ocratossina A”, nelle prime analisi fatte eseguire dall’importatore tutto era stato dichiarato nella norma, non solo era nocivo per l’alimentazione umana ma anche per quella animale. Le ocrotossine provocano sia nell’uomo che negli animali formazione di intermedi metabolicamente attivi probabilmente responsabili dell’azione cancerogena e di altri effetti tossici. «Un rischio alimentare, scrive tra l’altro il prof. Onofrio Laricchiuta, poco conosciuto e forse sottovalutato».
Nel processo Francesco Casillo è accusato di aver introdotto sul territorio nazionale mediante importazione, acquistato e successivamente trasformato mediante miscelazione con altro grano quello contaminato da Oocratossina, rendendolo pericoloso alla salute pubblica e per aver commercializzato a terzi il prodotto lavorato, distribuendolo per il consumo sul territorio Italiano.
Alessio Di Maggio è imputato perché al fine di consentire a Francesco Casillo, di eludere le investigazioni e occultare la contaminazione da Ocrotossina redigeva certificati perizie ritenute false in favore della Casillo Granai srl.
La lotta per la tracciabilità del grano, moltissimo quello importato da diverse parti del mondo per essere trasformato da industriali pastai o in prodotti da forno in Puglia, quella in difesa dei coltivatori locali che hanno visto crollare il valore del loro prodotto sceso nell’ultimo anno ad un terzo rispetto al passato, da 50euro a quintale a molto meno di 20euro. Così come la necessaria consapevolezza di quel che acquistano i consumatori, non è atto sporadico per il Comune di Spinazzola.
Su sollecitazione dell’Italia dei Valori, consigliera Franca Carbone, l’amministrazione ha tenuto un consiglio comunale monotematico. Sempre la Carbone ha sollecitato i parlamentari del suo partito, Pierfelice Zazzera primo firmatario, Ivan Rota e Anita Di Giuseppe, i quali il 12 gennaio 2009 hanno presentato un’interrogazione al Ministro delle politiche agricole Zaia, per chiedere maggiori azioni in difesa del grano prodotto in Puglia. Ad oggi il Ministro non ha ancora risposto.

1 Aprile 2010 • SPINAZZOLA LA GIUNTA COMUNALE HA DELIBERATO LA COSTITUZIONE NEL GIUDIZIO AI CASILLO
Grano all’ocratossina il Comune è parte civile

• SPINAZZOLA. Nel procedimento penale pendente presso il Tribunale di Trani che vede imputati Francesco Casillo e Alessio Di Maggio per l’importazione del grano proveniente dal Canada, trasportato con la motonave Loch Alyn, contaminato da ocratossina, la giunta del Comune di Spinazzola, presieduta dal sindaco Carlo Scelzi, ha deliberato la costituzione a giudizio di parte civile.
Il processo riprenderà il 15 aprile con una nuova composizione del collegio giudicante. Il rinvio a giudizio per i due imputati è stato firmato dal pm Antonio Savasta. Francesco Casillo è accusato nella qualità di cooaministratore e gestore di fatto della «Molino Casillo Francesco srl» di avere introdotto sul territorio nazionale mediante importazione, acquisto e successivamente trasformato mediante miscelazione con altro grano, 26.597 tonnellate di grano duro contaminato da ocratossina, sostanza cancerogena rilevata oltre i limiti di legge, rendendolo pericoloso alla salute pubblica e per aver commercializzato a terzi il prodotto lavorato, distribuendolo per il consumo sul territorio italiano.
Alessio Di Maggio, direttore tecnico dell’azienda speciale “Samer” della Camera di Commercio di Bari è imputato perché, secondo l’accusa, al fine di consentire a Casillo Francesco di eludere le investigazioni e occultare la contaminazione da ocratossina, redigevano certificati falsi attestanti l’insussistenza della micotossina.
L’incarico alla costituzione di parte civile è stato affidato all’avv. Vito Spano dell’ufficio avvocatura comunale.
La Giunta ha fatto propria la richiesta espressa in consiglio comunale dalla consigliera dell’Italia dei Valori, Franca Carbone, di agire in difesa della salute pubblica.
Nella delibera si legge: «la condotta delittuosa che ha trovato propagazione dal territorio di Corato, è stata tale da ledere il fondamentale diritto alla salute nonché alla integrità psico-fisica della collettività spinazzolese. Va, rimarcato che, ai sensi dello Statuto Comunale, il Comune di Spinazzola è “un ente locale autonomo, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo ispirandosi ai valori ed agli obiettivi della Costituzione Italiana e dell’Unione Europea”».
Le indagini che portarono alla scoperta del grano contaminato da ocratossina, che il perito del Tribunale prof. Onofrio Laricchiuta ha rilevato essere pericoloso per l’alimentazione umana e degli animali, con conseguenze gravi anche dopo anni, partirono dopo una denuncia indirizzata al pm Antonio Savasta, a firma di Michele Lovaglio di Spinazzola, all’epoca presidente della Coldiretti, difeso dall’avv. Giuseppe Lovaglio, già parte civile nel procedimento penale.
Una denuncia-querela di un «Davide »che sfidò la potenza del «Golia» rappresentato dai grossi interessi industriali dei Casillo. Ora non più solo poiché vede a suo fianco anche tutta la sua città.

4 Apri le 2010 SPINAZZOLA L’ATTESA DEL PROCESSO, DOPO LA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE DEL COMUNE
Grano contaminato dall’ocratossina la preoccupazione dei cerealicoltori


• SPINAZZOLA. Necessità di capire dopo l’annuncio della costituzione di parte civile del Comune nel procedimento penale che riprenderà il 15 aprile, che vede imputati per il grano proveniente dal Canada, contaminato da Ocratossina “A” rilevata oltre il limite di legge: Francesco Casillo, importatore , e Alessio Di Maggio, responsabile “Samer”.
La scoperta nel 2005 avvenne dopo la denuncia dello spinazzolese Michele Lovaglio. Quel grano, sostiene l’accusa, venne miscelato e venduto per essere trasformato ad uso alimentazione umana. Ma cosa sono le acrotossine? La risposta è nelle relazioni, del prof. Onofrio Laricchiuta perito del pm Antonio Savasta: «quelle conosciute sono l’Acrotossina A (OA) e la B (OB), quella più tossica è la “A”. La biotrasformazione della OA sia nell’uomo che negli animali porta alla formazione di intermedi metabolicamente attivi probabilmente responsabili dell’azione cancerogena e di altri effetti tossici». Le notizie sul pericolo delle Acrotossine giunge dal mondo veterinario: «il principale organo bersaglio è il rene ma per dosi sufficientemente elevate si ha tossicità anche a livello epatico. Alcuni studi su diversi animali hanno evidenziato che le micotossine, tra cui la Ocratossina, possono provocare svariate patologie: perdita o ridotta capacità produttiva, compromissione immunitaria. Il cancro può svilupparsi nel fegato, reni, sistema immunitario, tratto digestivo e polmone. Altri effetti attribuiti alle micotossine: la morte embrionale, l’inibizione dello sviluppo ormonale, mentre aborti spontanei associati ad ergotismo sono messi in relazione a presenza di Aflotossine, rubratossine e Zearalenoni in animali gravidi. Inoltre, l’Ocratossina A è una micotossina di tipo fetotossica ed immunosoppressiva e sono ben note le sue attività teratogeniche e carcinogeniche». La rilevanza del processo di Trani, come si intuisce, è tutto in queste ragioni.

13 Aprile 2010 «Non era grano contaminato» Francesco Casillo: «Il consulente della Procura ha sbagliato la perizia»

• SPINAZZOLA. Grano contaminato da ocratossina A. Parla Francesco Casillo: «dite a Lovaglio che il Davide che lotta contro Golia non è lui ma sono io che sono stato “pestato a sangue” da forze più forti di me. Finora….».
Una telefona serena, l’altro pomeriggio, di confronto ma anche di velata preoccupazione quella intercorsa nel tardo pomeriggio tra la “Gazzetta” e Francesco Casillo, imputato nel processo penale pendente presso il Tribunale di Trani per la vicenda dell’importazione, trasformazione e commercializzazione di grano contaminato da ocratossina A. Processo che riprenderà il 15 aprile e che vede alla sbarra anche Alessio Di Maggio responsabile “Samer”, il quale aveva escluso nelle sue analisi la presenza della micottosina.
Il «Lovaglio» indicato da Casillo è Michele Lovaglio, il cittadino di Spinazzola, all’epoca dei fatti presidente della locale Coldiretti. Lui presentò la denuncia-querela da cui sono scaturite le indagini condotte dal pm Antonio Savasta che portarono al sequestro della motonave Loch Alyn battente bandiera di Hon Kong proveniente dal Canada carica di grano. Secondo l’accusa, le 44mila tonnellate del cerale presentava contaminazione della pericolosa ocrastossina A, cancerogena sia per l’alimentazione umana che animale.
Francesco Casillo fu arrestato, il blocco della motonave nel porto di Bari, nel settembre del 2005, aprì anche una breve crisi diplomatica tra l’Italia e il Canada che tramite la sua ambasciata dichiarò la piena purezza del suo grano venduto all’Italia da oltre 100 anni.
Casillo chiede: «ma oltre al Comune di Spinazzola, la Asl e Michele Lovaglio quanti altri si sono costituiti parte civile?» In realtà il fermento su questa vicenda che aveva visto all’inizio attivo anche“Altroconsumo” è tuttora in corso. Ad Altamura il “Movimento Aria Fresca” ha chiesto al sindaco Mario Stacca di attivarsi per la costituzione di parte civile, così come altre organizzazioni legate al mondo agricolo stanno valutando il da farsi. Di certo l’importazione del grano da paesi extracomunitari ha una grande ripercussione sull’economia locale e pugliese ed il processo a carico di Casillo ha avuto grande eco.
Sbotta Casillo: «alla fine mi ritroverò contro tutta l’Italia». Poi aggiunge: «ma secondo voi io sarei un bandito, un mostro che volontariamente può aver messo in pericolo la salute della gente? Sono un imprenditore e cerco, come sto facendo anche oggi di domenica pomeriggio, di portare avanti gli interessi della mia azienda, dei miei operai». Tentare di fare utile d’impresa non è certo un reato, usare stratagemmi illeciti “sì”. «Questo - afferma Casillo - in piena coscienza è quello che io non ho fatto. Sento di dirlo con serenità e sono pronto a dimostrarlo in tribunale. Cercando di sintetizzare, dal mio punto di vista, ecco cosa è accaduto: il consulente della Procura, Laricchiuta, chiamato in merito alla determinazione della qualità del grano sequestrato, ha sbagliato la perizia. Sulla certezza, derivante da tale infondata perizia, che il grano fosse contaminato si è costruito un impianto accusatorio fantasioso. Dalla perizia fatta a cuor leggero, senza conoscere la materia, è purtroppo partita un’azione giudiziaria-mediatica eclatante, da cui è molto difficile, per chi l’ha promossa, fare marcia indietro dopo che si è avuta contezza, e si è avuta, ma non è stata divulgata, della verità. Il tempo è galantuomo ma non solo lui. Ci sono anche persone per bene che hanno la missione di divulgare la verità con spirito di lealtà». Saranno proprio le perizie il cardine del processo sul presunto grano contaminato dall’ocratossina A”. Da una parte il Ctu del Tribunale, il prof. Onofrio Laricchiuta dall’altra, per Casillo, quella del prof. Giovanni Ballarini, dell’Università di Parma, e del prof. Vittorio Dell’Or - t o, dell’Università di Milano.
Poi Francesco Casillo conclude: «se come credo sarò ritenuto innocente, mi chiedo se con altrettanto clamore i media daranno notizia ed avranno la forza di dire ci siamo sbagliati». La conclusione a parere di Francesco Casillo potrebbe essere affidata ad vecchio adagio: «meglio un colpevole libero che un innocente in prigione» La parola passa alla valutazione del Tribunale.

giovedì 8 aprile 2010


Nuovo assalto al territorio. Questa volta a mettere a rischio ambiente e salute è il petrolio. In coda all'articolo l'intervento di una validissima ricercatrice
Spinazzola terra di conquista dove nessuno reagisce. Prova a dire la tua.



Un nuovo capitolo sull’assalto del territorio potrebbe aprirsi ben presto per la città. Questa volta non si tratta di fanghi versati sui terreni contenete metalli pesanti, impianti fotovoltaici realizzati a macchia di leopardo anche su aree archeologiche, torri eoliche smembra paesaggio e nemmeno di cave mal coltivate che squarciano la Murgia. Oppure di discariche dalla parvenza legale come quella di “Grottelline” destinata al Bacino Ba/4 posta sotto sequestro probatorio da parte del Tribunale di Trani. O abusive, ad uso della camorra, come denunciato da Enrico Fontana del “Comitato per la verità sui rifiuti tossici e radioattivi”. A mettere gli occhi, con l’aspettativa di metterci anche le mani su questo tratto di paese, sono i ricercatori dell’oro nero, il petrolio e del gas naturale. Sul bollettino ufficiale della Regione Puglia del 1 aprile, la data si presterebbe ad uno scherzo ma non è così, è stato dato avviso della procedura di verifica ambientale per concedere il permesso alla ricerca di idrocarburi, progetto denominato “Palazzo San Gervasio” della società texana Aleanna Resources LLC di Houston (USA) domiciliata presso lo studio dell’avvocato Emanuele Turco di Roma. Un vasto piano che dovrebbe estendersi su 561 Kmq in gran parte nella Regione Basilicata. Nelle città di: Acerenza, Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Maschito, Montemilone, Oppido Lucano, Palazzo San Gervasio, Ripacandida, Venosa. Mentre per la Puglia sono interessati i comuni di Minervino Murge e Spinazzola. Il progetto è anche al vaglio dell'Ufficio Compatibilità Ambientale del Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata. Laconico l’avviso apparso sul Burp Puglia: “gli atti potranno essere consultati nella loro interezza presso la regione Puglia, ufficio V.I.A entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione del presente avviso chiunque abbia interesse potrà far pervenire le proprie osservazioni”. In città della ricerca del petrolio o di giacimenti gassiferi nessuno dice di saperne nulla anche se dall’ufficio tecnico fanno sapere che il progetto è stato affisso all’albo pretorio del Comune di Spinazzola completando il suo iter senza ricevere osservazioni. E che lo stesso ufficio si appresta a mandare in sede VIA la propria relazione. Positiva-negativa, su questo bocche cucite. Ripercorriamo le tappe di questo progetto sino ad oggi sconosciuto basandoci su alcuni dati del Ministero delle attività Produttive. Il piano di lavoro è stato presentato il 29 marzo 2006. L’inizio del procedimento amministrativo è iniziato due mesi dopo il 9 maggio 2006. Infatti il direttore dell’Ufficio F3 del Ministero, ing. Fausto Ingravalle, indicava alla società texana in quella data di quattro anni fa chi era il responsabile del procedimento: sig. Mauro Celani. Sempre l’ing. Ingravalle il 18 ottobre del 2007 comunicava all’assessorato all’ecologia del settore attività estrattive della Regione Puglia, assessorato retto da Michele Losappio, la necessità di indire la procedura VIA, allegando la relazione tecnica istruttoria del suo ufficio, il parere favorevole al conferimento del permesso ed il relativo programma di lavoro espresso dal comitato tecnico per gli idrocarburi e la geotermia. Seduta del 13 dicembre 2006. Altro che fannulloni al Ministero, in soli sei mesi è stato analizzato tutto il progetto ed espressi i pareri. Due anni dopo, dal 18 ottobre 2007, si è giunti all’attivazione per la procedura VIA delle due Regioni. Sul alcuni blog Lucani qualcuno amaramente commenta: “Ero considerato un'allarmista, quando in un incontro nell'estate del 2007 organizzato dall'associazione culturale “Il Tarlo” di Venosa, denunciai il rischio che la città del sommo Orazio, assieme a molti comuni del Vulture-Alto Bradano, rischiava di essere colonizzata dagli interessi petroliferi e gassiferi delle multinazionali ormai padrone indiscusse della Basilicata”. Ma si sa, chi fa della difesa dell’ambiente una ragione delle sue battaglie finisce sempre per aver ragione solo dopo. Ed infatti, dopo i tentativi di perforare in mare, dal Gargano a Monopoli, per estrarre petrolio, dove non è mancata la contrarietà all’assalto del territorio del Presidente della Regione Nichi Vendola, anche con ricorso al Tar del Lazio contro il parere del Ministero, ora ci si prova sulla terraferma. Ma qui dove ci si è resi disponibili ad accettare impianti per fonti energetiche alternative con insediamenti alla rinfusa, rispetto altrove, non ci sono comitati di protesta. Cittadini pronti a lanciare il loro “No petrolio”. Quel grido capace di richiamare in difesa dell’ambiente murgiano i vertici regionali. E questo è un grande problema.