sabato 18 dicembre 2010


SPINAZZOLA, LA SFIDA DI ORLANDO
IL PICCOLO, AFFETTO DA UN MALATTIA RARA, TESTIMONIAL DI UNA DELLE VITTORIE DI TELETHON

di Cosimo Forina
Oggi, venerdì 17, nella trasmissione “La vita in diretta” Rai 1, a partire dalle 16, ospiti di Telethon il piccolo Orando Barrasso di Spinazzola accompagnato dalla sua famiglia. Orlando affetto da «Amaurosi congenita di Leber», una grave malattia della retina che colpisce nei primi anni di vita e porta progressivamente alla perdita della vista, è stato già testimonial lo scorso anno di Telethon, abbracciato all’inizio della maratona televisiva anche dal Presidente della Camera on. Gianfranco Fini. Lui è tra i dodici pazienti al mondo, il più piccolo, a cui è stato applicato il dosaggio più grande, cinque gli italiani, su cui si sperimenta la terapia genica per migliorare la vista.
I PRIMI INTERVENTI
«Il primo intervento – raccontano papà Giuseppe, medico psichiatra, e mamma Adriana –compiuto grazie alla ricerca Telethon è stato effettuato all’occhio destro nel giugno 2009. In prospettiva si prevede che per il prossimo anno anche l’occhio sinistro subirà lo stesso tipo d’intervento completando in tal modo questa fase dello studio sperimentale della messa a punto della terapia genica. La partecipazione alla trasmissione ha lo scopo di sensibilizzare il pubblico a sostenere la ricerca, infondere speranza, comunicare che, con l’aiuto di tutti, le malattie genetiche si affrontano e si sconfiggono». Lo studio clinico internazionale sulla Amaurosi di Leber coinvolge il Children’s Hospital di Philadelphia dove Orlando è stato sottoposto al primo intervento e l’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli e, sempre nel capoluogo partenopeo, il dipartimento di Oftalmologia della Seconda Università degli Studi (Sun). A Napoli, Orlando, ha trovato i suoi primi angeli della luce nei ricercatori del Tigem: Alberto Auricchio, Enrico Maria Surace e Sandro Banfi, i quali da due anni stanno valutando la sicurezza e l’efficacia della terapia genica.
STRATEGIA MOLECOLARE
Nella stessa città è stata messa in piedi una vera e propria “strategia molecolare ” per correggere il difetto dei geni che causano malattie oculari come RPE65, uno dei responsabili dell’amaurosi di Leber. Il team clinico del dipartimento di Oftalmologia è guidato da Francesca Simonelli, fanno parte Francesco Testa e Settimio Rossi che si occupato di individuare i pazienti su cui iniziare a sperimentare. Lo scorso anno, era il 2 giungo 2009, a raccontare via e-mail alla “Gazzetta” quasi in diretta dal Children’s Hospital di Philadelphia, tra i primi cinque ospedali migliori degli Stati Uniti, la cronaca dell’intervento papà Giuseppe: «Orlando è stato operato. L’intervento è stato coordinato dalla dr.ssa Kathy Marshall che ha seguito passo passo tutta l'evoluzione dei controlli, affiancata dalla ricercatrice dr.ssa Jean Bennett, moglie del dr. Maguire il quale ha letteralmente eseguito l’intervento che è consistito in un'iniezione nell'occhio destro di un virus attenuato che fungeva da vettore (una sorta di taxi) del codice genetico corretto che dovrebbe sostituire quello alterato. Copie sane del gene malato sono state iniettate nella retina, dove entrano nei fotorecettori, cellule che trasformano gli stimoli visivi in impulsi nervosi, ripristinando la funzionalità dell’occhio». Al rientro dagli Stati Uniti, Orlando, come gli altri pazienti operati, è stato sottoposto a stretti e costanti controlli.
I RISULTATI POSITIVI
Ed è qui la prima notizia positiva, si apprende dalla rivista «The Lancet» dove la sperimentazione è stata pubblicata: «Come risulta dagli esami effettuati con regolarità a seguito dell’intervento, nessuno dei pazienti ha riportato finora effetti tossici significativi, a conferma di come la procedura sia sicura. Al contempo, i test di funzionalità visiva indicano chiaramente che in tutti c’è stato un recupero parziale della vista, soprattutto nei pazienti più giovani». «Questo - spiega Francesca Simonelli - è il risultato più importante: più la terapia genica è intrapresa precocemente, più alte sono le probabilità che la retina dei pazienti non sia del tutto compromessa e reagisca positivamente
alla cura». Grazie alla sperimentazione di Orlando sono nate nuove speranze, sempre da «The Lancet»: un’indicazione importante per il futuro, come sottolinea Alberto Auricchio:«abbiamo intenzione di provare a testare l’efficacia della terapia genica non solo per le altre forme di amaurosi, ma anche per altre malattie genetiche oculari come per esempio la malattia di Stargardt, per la quale il Tigem ha già ottenuto la designazione di farmaco orfano dalla Food and Drug Administration americana e dalla European Medicines Agency. L’occhio è certamente un organo ideale per questo tipo di terapia, perché è piccolo, circoscritto e “immunoprivilegiato ”, il che rende possibile la somministrazione di bassi dosi di farmaco e riduce notevolmente il rischio di rigetto da parte del sistema immunitario». Ora non resta che gioire del sorriso di Orlando.

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