lunedì 19 dicembre 2011


L’AFFAIRE RIFIUTI
UN «CASO» CHE TIENE BANCO

Grottelline, i retroscena dell’ultima inchiesta
Spinazzola a rumore per le intercettazioni contenute nel fascicolo
di COSIMO FORINA
“Grottelline” continua a stupire. E il “don Carlo” non è solo un personaggio verdiano, ma anche il modo in cui l’ing. Carmine Carella si rivolge al telefono in modo ossequioso al suo datore di lavoro Carlo Dante Columella passato nel giro di qualche lustro da probo meccanico a patron dei rifiuti in Puglia con la sua società Tradeco di Altamura. L’annotazione è dei carabinieri del Noe di Bari a margine di alcune intercettazioni datate 2008 nell’ambito dell’inchiesta sanità-rifiuti che vede implicato anche l’ex assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco, oggi senatore della Repubblica. L’attenzione degli inquirenti si estende in quel periodo sulla costruzione della discarica a “Grottelline ” nel territorio di Spinazzola destinata al Bacino Ba/4, concessa all’Ati Tradeco-Cogeam, dove Carella svolgeva attività di tecnico professionista. Sito che avrebbe dovuto sostituire la discarica gestita da Columella nella località “le Lamie” ad Altamura che anziché chiudere nel 2007. ottiene ulteriori proroghe in attesa dell’avvio della discarica di Spinazzola. Gli investigatori, su mandato della direzione distrettuale antimafia di Bari, puntano il loro orecchio elettronico sul numero di utenza del Carella e di Columella, tanto per la loro capacità ad ottenere permessi impensabili in Regione e Provincia a favore del gruppo che in base alle rivelazioni fornite dal collaboratore di giustizia Vincenzo Laterza. Il quale ha raccontato alla Dda di Bari della sua aggressione perpetrata con Biagio Genco (caso di lupara bianca) il 4 luglio 2006 ai danni del giornalista direttore di Radio Regio di Altamura Alessio Di Palo. Cronista al quale in un primo momento i due sgherri affiliati al boss Bartolo Dambrosio (ucciso nel settembre 2010) per un posto di lavoro promesso nella Tradeco avrebbero dovuto sparare, gambizzandolo, su mandato di Domenico Ciccirelli autista della Tradeco in ragione della ostinata attenzione che Di Palo poneva a tematiche ambientali ed in particolare al mondo dei rifiuti gestito da Carlo Dante Columella, ivi compreso l’impianto di Grottelline. Torniamo al “don”. Al momento delle intercettazioni che seguono, febbraio 2008, “Grottelline ” era di già sottoposta a sequestro probatorio da parte della Procura della Repubblica di Trani, pm Michele Ruggiero, per anomalie sul progetto e per la salvaguardia del sito Neolitico scoperto il loco dall’Università di Pisa. Ciò nonostante il padrone Columella e l’ing. Carella si confrontano telefonicamente sul da farsi. Carlo Columella sembra certo di superare ogni ostacolo ed annuncia di voler comprare le macchine necessaria ad attivare la discarica di Spinazzola. L’ingegnere frena e fa notare di non aver ricevuto dalla sua segretaria, Lucia Castoro, i rilievi. Gli ribatte Carlo Dante Columella alterando la voce che non è cambiato niente. La discussione si sposta poi sul telo con cui si dovrebbe coibentare la cava. A riguardo Columella fa il nome di una potenziale società fornitrice e l’ingegnere risponde così: «Basta qualcuno con i requisiti per la certificazione, ovvero dell’iscrizione per la categoria ex 19e». Della serie inutile andare per il sottile, tutto si aggiusta. Anche quando durante i lavori a Spinazzola erano stati rinvenuti nella cava prima dei rifiuti, per cui era stato necessario bloccare i lavori, che alcune grotte proprio sotto dove era stato previsto “sulla carta” senza rilievi diretti, l’impianto di biostabilizzazione. L’ing. Carella, tecnico che per il suo “don” salta da un impianto all’altro del gruppo posti in varie località della Regione, assicura tanto Columella come altri componenti che operano nelle varie società che la situazione è sotto controllo. Da cosa è dovuta questa certezza? Annotano i carabinieri del Noe: «Dalle intercettazioni svolte sin a questo momento emerge senza possibile equivoco la grande influenza esercitata dal titolare della Tradeco, Carlo Dante Columella, in settori politici amministrativi, circostanza che ha certamente favorito la crescita dell’azienda dello stesso gestita nel settore dei rifiuti». A conferma viene captata una telefonata di Nico D’Ambrosio cugino del boss ucciso, che per le sue dichiarazioni ha portato l’ex sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano a richiedere le sue dimissioni dal consiglio comunale di Altamura: «Si sentono in sottofondo voci maschili le quali fanno riferimento a Columella ed al suo potere che è tale da riuscire ad ottenere qualunque autorizzazione e/o certificato”. Se “don Carlo” sia più un manzoniano “don Rodrigo” toccherà ai magistrati definirlo, al momento risulta con il figlio Michele e cognato Francesco Petronella indagato per la gestione dei rifiuti ospedalieri con Alberto Tedesco.
L’INDIFFERENZA PER TERRITORIO E AMBIENTE
Una presenza ritenuta «scomoda» quella delle grotte nel sottosuolo murgiano
Così Carmine Carella, in una intercettazione, ricostruita dal Noe sottoponeva la scoperta delle grotte a tale Mimmo Diomeda: «sono sul cantiere di Spinazzola ed ho fatto delle verifiche, perché stiamo procedendo alla realizzazione delle fondazioni e probabilmente in prossimità del confine est potrebbero essere interessate le strutture delle fondazioni delle grotte che sono sottostanti sulla parte che degradava sulla gravina, allora per evitare problemi bisogna spostarci». Diomeda consiglia un sopralluogo oppure la necessità di fare un incontro urgente. Carella chiede: «pensi che ci voglia una conferenza (di servizi ndr) per lo spostamento planimetrico?» Risposta: «dobbiamo capire, se bisogna fare una variante, se ci sono i tempi giusti, bisogna rifletterci un po’. Fate delle proposte operative sempre informali. Ma tu ti vuoi spostare all’interno della cava?» Carella risponde di no «stiamo parlando dell’impiantistica, delle grotte sottostanti». Afferma Mimmo: «uno fa i sondaggi e dice, per cui è necessario veramente spostarci». Aggiunge Carella: «io ho avuto contatti con la dirigente della sovrintendenza dell’area archeologica e costei le ho accennato della presenza di alcune grotte, siccome hanno avuto una contezza diversa dello stato dei luoghi alla luce di queste cose che ci siamo dette, ora ci stiamo ponendo il problema e questo è uno dei parametri c’è ne uno di sicurezza, perché dobbiamo mantenere questa autorizzazione dovremo arretrarci da un lato e tirarci sopra». Conclude la telefonata Diomeda: «prepara un paio di soluzioni e propinale alla sovrintendenza
LE EMERGENZE RILEVATE DAGLI STUDIOSI NELLA ZONA DI «GROTTELLINE»
In zona un sito neolitico e una rara chiesa rupestre
Non bastava il sito Neolitico scoperto dall’Università di Pisa a mettersi come bastone tra le ruote per “don Carlo” Dante Columella che aveva portato all’azione del sequestro della Procura di Trani ed a dichiarare tra gli indagati lo stesso ingegnere Carmine Carella. Quelle grotte rinvenute durante i lavori e non prima nella fase di progettazione della discarica a “Grottelline ” sono in realtà una chiesa rupestre a croce greca con cinque absidi, una rarità. A dirlo è lo stesso perito nominato dall’Ati Tradeco-Cogeam, l’archeologo Michele Sicolo, chiamato in causa per periziare la necessità
dello spostamento dell’impianto previsto di biostabilizzazione, progetto che arriverà a firma di Carmine Carella sul tavolo della Regione Puglia, variante che convince per l’approvazione il dirigente Antonello Antonicelli dell’assessorato all’ambiente sorretto da Michele Losappio. Cosa altro sorprende in quel periodo. La maggioranza dell’amministrazione Comunale con il sindaco Carlo Scelzi, divenuto nel frattempo presidente dell’Ato Ba/4 a cui la discarica è destinata, prima contraria all’impianto poi favorevole alla discarica, in un consiglio comunale approva il progetto proposto dall’Ati Tradeco-Cogeam di variante, nonché la creazione sempre a “Grottelline ” di un impianto per il trattamento dei rifiuti umidi ed il deposito per quelli della frazione secca. Anche perché, dichiara nell’assise l’assessore verde Giuseppe Tarantini vi sarà la creazione di un viale che porterà i turisti a vedere la chiesa rupestre e il sito Neolitico a spesa dell’azienda. Non solo, a crescere rispetto al primo progetto della discarica saranno le aree verdi che un giorno verranno consegnate al comune di Spinazzola. Una visione di usufruire di una area archeologica davvero stupefacente: tra storia e mondezza.

domenica 18 dicembre 2011

INTERROGAZIONE DEL SENATORE D’AMBROSIO LETTIERI AL MINISTRO
Carcere,chiesta un’ispezione in cerca delle responsabilità per i danni causati dalla chiusura
di Cosimo Forina
Carcere di Spinazzola, il 15 dicembre è stata presenta una interrogazione rivolta al Ministro della Giustizia l’Avv. Prof. Paola Severino, dal senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri (Pdl), il quale ha avanzato richiesta di una ispezione per verificare le attuali condizioni della struttura con il fine di accertare responsabilità per gli eventuali danni prodotti nelle operazioni di chiusura. Nonché la valutazione della proposta di riapertura avanzata da Franco Ionta capo del DAP al Ministero della Giustizia, che, viene sottolineato dall’interrogante: “concorrerebbe ad attenuare la drammatica situazione del sovraffollamento degli istituiti penitenziari nella Regione Puglia”. Il quesito ripercorre tutta la storia dell’Istituto Penitenziario di Spinazzola a partire dal 1° dicembre 2004, sottolineando la sua qualificata validità per i detenuti sex offenders e di come sia stato disatteso l’auspicio del personale che anziché ricevere stabilizzazione e potenziamento si è visto chiudere il carcere con decreto disposto il 15 giugno 2011 dall’ex Guardasigilli Angiolino Alfano. In merito D’Ambrosio Lettieri il 12 gennaio 2011 aveva presentato un atto di sindacato ispettivo con il quale chiedevo al Ministro"di procedere all'integrazione del personale necessario per rendere completamente fruibile la struttura". Sullo smembramento del carcere. “A seguito del predetto decreto, scrive il senatore, si procedeva a rimuovere dal penitenziario gli arredi e le suppellettili mobili e fisse in dotazione, con procedure che l'interrogante considera sorprendenti sia per la tempestività che per le modalità dei lavori che avrebbero cagionato danni strutturali meritevoli di verifica da parte delle competenti autorità”. Una foga al buio. “In data 28 luglio 2011, viene sottolineato nell’atto del senato, veniva comunicata all'Agenzia del demanio la chiusura della struttura dell'Istituto di Spinazzola, anche al fine della riconsegna all'Agenzia detto immobile del quale non si conosce la futura destinazione.” La ricostruzione degli avvenimenti non manca di menzionare gli articoli di cronaca della “Gazzetta del Mezzogiorno”, così come l’atteggiamento assunto dal sindacato Osapp. Infatti, solo il vice segretario nazionale di questa organizzazione, Domenico Mastrulli risulta essere l’unico sindacalista ad aver spinto sulla chiusura del carcere di Spinazzola, addirittura accreditandosene la paternità. Inoltre il Mastrulli di propria iniziativa scriveva al Ministro dell'interno e al Ministro della giustizia: “proponendo di trasformare il carcere in Centro di accoglienza richiedenti asilo (CARA), nell'ambito delle attività CARA per ospitare a tempo determinato cittadini immigrati al fine di integrare le attività svolte dalle strutture sovraffollate del CARA di Bari”. Suscitando tra l’altro l’immediata dura presa di posizione dell’amministrazione Comunale. Ed invece conclude il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri: “la struttura penitenziaria di Spinazzola, già valutata con buone potenzialità sebbene non adeguatamente utilizzata, potrebbe essere ancora riutilizzata in quanto è dotata di buone condizioni strutturali e di sufficiente capacità ricettiva, nonostante i danni che secondo l'interrogante sarebbero stati prodotti durante le operazioni di rimozione delle suppellettili fisse”. Tant’è che: “il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della giustizia ha proposto al Ministro della giustizia, il 25 ottobre, la riapertura della citata struttura in considerazione dell'esigenza di adottare soluzioni urgenti a gravi condizioni di sovraffollamento di alcuni istituti penitenziari; il carcere di Spinazzola, secondo il giudizio del DAP, potrebbe essere destinato ad ospitare oltre i detenuti cosiddetti "sex offenders" anche i detenuti protetti”.

sabato 10 dicembre 2011

AMBIENTE
RIFIUTI & INTRIGHI

C’era anche Grottelline nell’«affaire Altamura»
Spinazzola, la discarica sulla Murgia nel faldone della Dda
IL BLITZ
Mafia, politica e affari: la nuova ondata di arresti e indagati ha svelato retroscena e riflessi anche sulla vicina Spinazzola
di COSIMO FORINA
Mafia, politica e affari: la nuova ondata di arresti e indagati ad Altamura ha i suoi riflessi anche sulla vicina Spinazzola. Su richiesta del pm Desirè Digeronimo nei giorni scorsi è stato posto ai domiciliari Nicola Lo giudice (maresciallo dei carabinieri). Custodia in carcere, invece, per Giuseppe Antonio Colonna e Mario Dambrosio. Indagati a piede libero Vincenzo Crapuzzi, Bartolo Dambrosio (assassinato nel settembre 2010), Biago Genco (caso di lupara bianca) Vincenzo Laterza (collaboratore di giustizia), Vincenzo Scalera, Vincenzo Siani, Giuseppe Bruno,Vito Zaccaria, Mario Clemente, Massimo Carotenuto (maresciallo dei Carabinieri) e Domenico Cicirelli.
I REATI
I reati contestati: associazione mafiosa, usura, estorsione, detenzione e porto illegale di armi da guerra con relative munizioni e sostanze esplodenti. Si tratta, in pratica, di uno stralcio, importante, della complessa indagine sulla sanità pugliese condotta da anni dalla Direzione antimafia di Bari che vede indagato l’ex assessore alla sanità, oggi senatore Alberto Tedesco più quaranta, di cui è stato chiesto nuovamente l’arresto per associazione a delinquere. Anche nell’ultimo provvedimento che porta la firma del gip Vito Fanizzi come nel caso di quanto evidenziato già dal gip Giuseppe De Benedictis, indagine Tedesco, conclusa dai pm Desireè Digeronimo, Marcello Quercia e Francesco Bretone, si fa riferimento a Spinazzola. Meglio: all’aggressione subita il 5 luglio 2006 dal giornalista direttore di Radio Regio Alessio Di Palo. Il 29 giugno 2006 Di Palo con l’inviato del Corriere della Sera Carlo Vulpio e con l’avv. Vincenzo Giancaspro presidente dell’associazione “Senza Reti” erano venuti a Spinazzola per concludere con una conferenza, la raccolta di firme organizzata dal comitato contro la realizzazione della discarica da costruire in località “Grottelline”, affidata dalla giunta regione Vendola per circa 20 anni all’Associazione temporanea di imprese Tradeco- Cogeam, la prima azienda del patron dei rifiuti Carlo Dante Columella, coindagato con figlio e cognato con Alberto Tedesco, la seconda azienda della famiglia della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia (non risultano indagini a riguardo). La spedizione punitiva (pugni e calci) contro il giornalista fu perpetrata da Biagio Genco e da Vincenzo Laterza (detto «Sasanidd»). Identificati da Di Palo grazie all’intervento di Nico Dambrosio, consigliere comunale della città. I due sgherri erano legati al boss Bartolo Dambrosio, ucciso nel settembre 2010, il quale, è negli atti, in quella circostanza affronta e schiaffeggia Nico Dambrosio per aver consentito il riconoscimento dei suoi sodali. Alessio Di Palo, sentito dagli inquirenti, collegò l’aggressione subita alla azione di denuncia sull’imprenditore Columella e dei suoi rapporti con politici locali.
LE INTIMIDAZIONI
Il giornalista riferiva ai magistrati «di aver iniziato a ricevere intimidazioni quando, nel 2004, iniziò a trattare tematiche ambientali. In particolare, nei giorni precedenti all’aggressione, aveva denunciato, anche dalla sua Radio la costruzione della discarica a Spinazzola, in località “Grottelline ”, sequestrata dalla Procura di Trani, perché localizzata su ampia area di interesse storico e archeologico». Lo stesso Di Palo riferì che Biagio Genco (detto Gino) era legato a Mimmo Cicirelli autista della Tradeco e persona di fiducia di Carlo Dante Columella, aggiungendo che padre e fratello di Gengo lavoravano alle dipendenze del Columella. Ed infine il suo sospetto sull’aggressione ricadeva su Carlo Dante Columella, Domenico Ciccirelli e nell’assessore Vito Zaccaria, quali probabili mandanti. SparitoBiagio Genco, il quale viene ritenuto dai magistrati deceduto in seguito ad un probabile omicidio, caso di lupara bianca, Vincenzo Laterza diviene collaboratore di giustizia. Ed è lui a confermare i sospetti di Alessio Di Palo nel corso di diversi interrogatori. Mandante dell’aggressione Domenico Cicirelli, motivi: “ascrivibili alla trattazione di tematiche ambientali da parte del giornalista, contro l’imprenditore altamurano Carlo Dante Columella. L’indennizzo offerto per l’aggressione, rappresentato dall’offerta di un posto di lavoro nella Tradeco del Columella. Alessio Di Paolo, ha riferito Laterza, doveva essere gambizzato, questo l’ordine impartito dal Ciccirelli, che non si concretizzo per l’intervento di Nico Dambrosio, parente e amico del Di Palo. Anche il fratello di Biagio Genco, Vincenzo, nel corso del suo interrogatorio ha confermato la ragione dell’aggressione ad Alessio Di Palo: smaltimento dei rifiuti. Indicando la chiamata di reità del Zaccaria. Perché spunta fuori il nome dell’avv. Vito Zaccaria? A riferirlo è il fratello di Alessio Di Palo, Francesco, taglieggiato e aggredito più volte sino a portarlo alla chiusura della sua azienda “Venere srl”.
LE INDAGINI
Francesco Di Palo è oggi un testimone di giustizia, tenuto in località segreta con la sua famiglia. Ed è lui che riferisce agli inquirenti di essere stato invitato dallo Zaccheria ad intervenire nei confronti del fratello Alessio, reo di ostacolare la sua ascesa nel mondo politico di Altamura, mediante le sue inchieste giornalistiche effettuate contro alcune imprese costruttrici che lo avrebbero aiutato nella scalata, con i voti, delle amministrative del 2006. Su Carlo Dante Columella non vi sono provvedimenti circa le dichiarazioni degli indagati e testimoni di giustizia. Alla luce dei nuovi sconcertanti avvenimenti i parlamentari Pierfelice Zazzera (Idv) e Dario Ginefra (Pd) hanno chiesto lo scioglimento del consiglio Comunale di Altamura. Ma il terremoto, che potrebbe abbattersi sulla terra di Murgia, pare sia solo ad una prima lieve scossa

martedì 29 novembre 2011

TRASPORTI PUBBLICI - COLLEGAMENTI SEMPRE PIÙ RARI - UNO SNODO IMPORTANTE
La stazione è il punto di arrivo della ferrovia che parte da Barletta ma anche crocevia con la Gioia del Colle-Rocchetta Sant’Antonio
CORSE CANCELLATE
Ormai i collegamenti ferroviari sono sempre meno frequenti: soltanto sei le corse di collegamento con la costa
«Ferrotel» simbolo dell’isolamento
Spinazzola, desolante l’immagine della struttura delle ferrovie chiusa e devastata
di COSIMO FORINA
Porta d’ingresso e finestre del primo piano sono state chiuse, murate, per evitare ulteriori assalti all’ex struttura del “Ferrotel ”, questa la soluzione adottata dalla proprietà dopo l’articolo pubblicato dalla “Gazzetta” che documentava la devastazione effettuata al suo interno. Anni di saccheggio e di
disinteresse finiti ultimamente nella cronaca solo perché curiosando nella stazione ferroviaria di Spinazzola, nei giorni in cui si adombrava la sua imminente totale chiusura, abbiamo avuto modo di
documentare, fotografando, la rovina. Certo, ora con questo provvedimento di “tombatura ” parziale si spera di aver evitato l’ulteriore razzia, tuttavia appare paradossale che si corra ai ripari, su di un bene pubblico, solo perché la sua condizione sconcertante di abbandono finisce nelle colonne di un giornale. Perché non si è pensato prima a proteggere questo edificio, magari subito dopo aver deciso di non utilizzarlo più al fine della sua conservazione, oppure di darlo in gestione per assicurare lo stesso obiettivo o magari venderlo? La “pezza” come si suol dire, messa dopo, non può che far scaturire riflessioni. Lo storico “Fer rotel” di Spinazzola era la dimostrazione più autentica dell’importanza e della funzione che aveva la sua stazione ferroviaria. Non solo punto di partenza e di arrivo della tratta Barletta-Spinazzola, ma anche di quella della Gioia del Colle-Rocchetta Sant’Antonio, che spingendosi sino a Foggia collega con i suoi binari, da qualche tempo non più utilizzati, il Tavoliere della Puglia con l’accesso all’area Ionica per merci e passeggeri. Chi aveva ideato, progettato e realizzato quelle vie ferrate, siamo alla fine degli anni del 1800, prima e dopo l’Unità d’Italia, aveva considerato, proprio Spinazzola come cuore pulsante e funzionale di quella realtà con i suoi sviluppi e risvolti economici per il territorio. E qui che i ferrovieri con varie funzioni sostavano per la notte per far ripartire le littorine che avevano il grande merito di unire le città facendole uscire dall’isolamento. Questo il guizzo, l’idea, per far giungere nelle aree interne “il progresso”. Oggi la politica di Trenitalia e quella della Regione Puglia, in nome della economicità,
sembra condannare l’entroterra all’esclusione. Facendo regredire i servizi e le opportunità di un’area vastissima. Paradossalmente proprio ora che si vuole, utilizzando il treno, far giungere anche il flusso del turismo dalla costa al territorio pedemurgiano e al Parco dell’Alta Murgia. Cercando di dare così nuova vitalità alle città, alle loro peculiarità storiche, ambientali, paesaggistiche e della tradizione. Il cinico indicatore dei numeri concepito in: “spesa - ricavo ” con cui si muove la società “moderna” sembra prevalere su tutto. Anche sul buon senso. Perso lo spirito con cui un opera la si concepiva e la si rendeva fruibile con lo scopo di portare ricchezza in zone represse del Paese. Ed ecco perché la risposta sbrigativa allo scandalo, appare persino scarsa. Cosa resta dietro e fuori le mura della costruzione simbolo. All’interno dell’immobile fatiscente, lo smembramento ed il continuo decadimento per le infiltrazioni d’acqua e quant’altro, fatto salvo investimenti, con soldi che non ci sono, per la sua riattivazione. All’esterno un insieme di binari morti, non perché la via ferrata si interrompe, ma perché bloccata nella sua funzione. Solo sei le corse da dicembre sulla tratta Barletta-Spinazzola. Nessuna più da settembre sulla Gioia del Colle-Rocchetta Sant’Antonio. Ed il muro che sbarrano porte e finestre oggi del “Ferrotel ” viste le premesse, non è escluso possa estendersi a tutta la stazione.

mercoledì 23 novembre 2011

Spinazzo Nius quarta puntata












lunedì 14 novembre 2011

E’ PROPRIO VERO: IL TEMPO È GALANTUOMO!
"Emergenza ambientale e di legalità da "Green Economy Industriale"!"
Roma 12 novembre 2011
Conferenza stampa del Comitato nazionale contro Fotovoltaico ed eolico nella aree verdi. Con: Carlo Ripa di Meana, Presidente del Comitato nazionale del Paesaggio; Elisabetta Zamparutti, deputata Radicale in Commissione Ambiente; Oreste Rutigliano, Consigliere nazionale Italia Nostra; Oreste Caroppo, Gianluigi Ciamarra e Nadia Bartoli per il Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi; Enzo Cripezzi, LIPU NAZIONALE; Nicola Frenza, Osservatorio Legalità; Mario Iannantuono, Presidente Sezione Italia Nostra Campobasso; Antonio Colucci e Vitantonio Iacoviello



L’intervento di Carlo Vulpio il 18 maggio 2011 nella trasmissione “Ci tocca anche Sgarbi”


Il risultato dopo l’intervento:
Carlo Vulpio e Vittorio Sgarbi sono stati silenziati, la trasmissione chiusa alla prima puntata, mentre i “professionisti” della libertà della informazione hanno rivolto il loro sguardo altrove. Come non ricordare il sarcasmo di Santoro, Vauro, Travaglio ad “Anno Zero” dopo la chiusura della trasmissione anche quando Nicola Vendola detto Nichi con la sua giunta regionale preannunciava querele contro Vulpio e Sgarbi? E che dire della mancata pubblicazione della lettera di Vulpio sul “Fatto Quotidiano” diretto da Padellaro? E della macchina del fango attivata prima e dopo la trasmissione, anche verso tutti i giornalisti della redazione da parte dello stesso giornale, quotidianamente, con articoli a firma di Tecce?
Vulpio e Sgarbi hanno tentato di raccontare prima di altri quello che sta succedendo al paesaggio italiano, le conclamate infiltrazioni mafiose nelle rinnovabili, la necessità di difendere il territorio.
Solo chi vuol continuare ad essere cieco e sordo può affermare di non aver capito il perché i due sono stati fermati.

lunedì 31 ottobre 2011

Siamo giunti alla terza puntata di “Spinazzo Nius” il nostro modo di raccontare gli avvenimenti della città anche per immagini che vi invitiamo a seguire su http://www.spinazzolaonline.it/
Attendiamo i vostri commenti e suggerimenti
.











lunedì 24 ottobre 2011

IL CASO
UNA STORIA INCREDIBILE
RISORSE A PERDERE
L’Istituto penitenziario che ospitava detenuti sex offender è costato circa otto miliardi di vecchie lire
Spinazzola, paradosso del carcere con beffa
La struttura fu chiusa perché mancavano 12 guardie

di COSIMO FORINA
L’Istituto penitenziario di Spinazzola costato circa otto miliardi di vecchie lire, specializzato in detenuti «sex offender» è stato chiuso per l’impossibilità di trovare 12 uomini con cui incrementare il personale portandolo da 22 a 34, con i quali la struttura avrebbe potuto ospitare ben oltre 100 reclusi. Ad affermarlo il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, nella risposta data all’interrogazione sul carcere di Spinazzola presentata dai Radicali eletti nel Partito democratico, prima firmataria l’on.Rita Bernardini. Il sottosegretario Caliendo ha spiegato che la proposta della cessazione per “antieconomicità” era giunta al ministro Angelino Alfano firmatario del decreto di chiusura lo scorso 16 giugno, dal provveditore regionale Giuseppe Martone al quale era stato dato compito di recuperare il personale necessario al rilancio dell’Istituto. Ed invece questi ha promosso la chiusura del carcere avallata dal capo dipartimento Franco Ionta. Al momento della cessazione i detenuti reclusi erano 35. Il conto economico presentato dal dipartimento e dal provveditore ha prevalso rispetto alla conduzione di un carcere definito modello e in cui erano in corso progetti di formazione finalizzati al reinserimento sociale e contro la recidiva dei detenuti per reati sessuali. Tra l’altro interamente pagata dalla Asl della sesta Provincia. Esperienza unica in Italia, così importante che era stata portata attraverso una audizione della direttrice del carcere Mariella Affattato all’attenzione della Commissione Parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e le cause dei disavanzi sanitari regionali, presieduta dall’on. Leoluca Orlando. La “Gazzetta” ha seguito dall’agonia alla chiusura questa struttura. Due le notizie che in questi giorni fanno riflettere e che sembrano confermare che le ragioni della fine del carcere di Spinazzola siano state alquanto insensate e ad oggi non ancora chiare. La prima: è di prossima apertura il carcere a Gela (Sicilia) capienza 94 detenuti. Come detto per portare ad oltre cento i detenuti nel carcere di Spinazzola sarebbero bastati altri 12 uomini. Orbene per aprire il carcere di Gela lo stesso capo dipartimento Franco Ionta ha previsto un totale di 62 uomini di cui: 5 ispettori, 7 sovrintendenti, 50 agenti/assistenti due le donne. In buona sostanza quando si vuole, anche con atto di imperio, le strutture si aprono anziché chiuderle come si è scelto di fare a Spinazzola, un carcere ora divenuto una cattedrale nel deserto. Seconda nuova notizia: mercoledì 26 ottobre 2011, alle ore 14.15 Franco Ionta verrà ascoltato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari e le cause dei disavanzi sanitari regionali. Sarebbe interessante se l’on. Orlando e gli altri componenti della Commissione chiedessero a Ionta che fine a fatto fare alla sperimentazione contro la recidiva in corso nel carcere di Spinazzola, da loro in audizione applaudita e di cui hanno richiesto relazioni continue mostrando grande interesse. Ancora qualche quesito. Il consigliere regionale Ruggero Mennea (Pd) si era impegnato, supportato dal garante dei detenuti della Regione Puglia Pietro Rossi a presentare una mozione in consiglio regionale per impegnare il Governatore Nichi Vendola a parlare dell’Istituto Penitenziario di Spinazzola, a questo punto per farlo riaprire, con il nuovo ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma. Che fine ha fatto quella mozione, perché ad oggi non è stata presentata? L’apertura del carcere di Gela contraddice fortemente le motivazione della chiusura di quello di Spinazzola. Ma Gela è Sicilia, Spinazzola è Puglia, dove evidentemente quando qualcosa funziona, nell’indifferenza generale, nessuno grida allo scandalo quando la si elimina.

la scheda
L’istituto di Spinazzola

L’istituto penitenziario di Spinazzola, è stato attivato il 1° dicembre 2004 per volontà del provveditore Rosario Cardillo.
Nel maggio 2005 con decreto del Ministero il carcere assunse la denominazione di Istituto penitenziario per adulti sezione staccata di Trani.
Per gli effetti del provvedimento di indulto voluto dal ministro Clemente Mastella, nel 2006 l’istituto penitenziario fu svuotato e il personale distaccato fu fatto rientrare in Basilicata. Il provveditore dell’amministrazione penitenziaria Angelo Zaccagnino ridefinì l’istituto, dirottandovi tutti i detenuti sex offender.

Lamonaca (Ugl): «Vicenda a dir poco imbarazzante»
«Si chiude il carcere di Spinazzola in Puglia mentre si apre quello di Gela in Sicilia. Roba da “Striscia la notizia”».
Così Vincenzo Lamonaca, segretario regionale aggiunto dell’Ugl polizia penitenziaria, che aggiunge: «Più volte questa segreteria si è occupata della triste vicenda del dismesso Istituto Penitenziario di Spinazzola, una volta deputato all’accoglienza di reclusi “sex offender” e chiuso perché erano necessari altri 12 agenti per consentirne il potenziamento, giungendo ad ospitare così ben oltre 100 detenuti. Abbiamo letto anche noi la risposta del sottosegretario alla Giustizia sen. Caliendo all’interrogazione parlamentare presentata dall’on. Bernardini e siamo rimasti basiti quando abbiamo appreso ufficialmente dal rappresentante del governo che l’antieconomicità di Spinazzola è frutto della carenza di 12 unità di personale, che nessuno a livello regionale o nazionale è riuscito a recuperare». Ancora: «Noi dell’Ugl-Polizia penitenziaria avevamo tempestivamente suggerito di ricorrere ad una mobilità su base nazionale, possibile grazie al piano di assunzioni straordinarie consentite dal cosiddetto “piano carceri”, e funzionale ad evitare la chiusura del carcere Spinazzola, con un aumento del numero di detenuti ospitati, fino a raggiungere una capienza superiore a strutture, tuttora operanti, con poco più di 20 detenuti. L’effetto è stato uno spreco di risorse pubbliche per milioni di euro, specie se si valutano i costi resi necessari per aprire la struttura, specie dopo le segnalazioni fatte dagli inviati di “Striscia la notizia”, Fabio & Mingo». «Dopo l’interrogazione parlamentare - prosegue Lamonaca - sembrava calato il sipario, ma non è così. Infatti, ci è pervenuta l’informativa sulla prossima apertura del carcere di Gela in Sicilia, per la quale è stato richiesto personale, anche attingendo a quell’interpello nazionale invocato dall’Ugl-Polizia Penitenziaria per Spinazzola. Una situazione a dir poco imbarazzante: si chiude un istituto in Puglia e se ne apre uno praticamente gemello in Sicilia». Il segretario regionale aggiunto dell’Ugl Polizia penitenziaria aggiunge: «La domanda che sorge spontanea è: la politica dov ’è? Che fa? Non si indigna di fronte allo spreco di risorse e ad una sorta di incomprensibile federalismo carcerario, ben segnalato da Cosimo Forina, acuto osservatore della cronaca locale, a proposito della mancata chiusura della Scuola dell’Amministrazione Penitenziaria sita a Verbania? Siamo ancora in attesa dell’intervento della Regione, sollecitato dal consigliere regionale Ruggiero Mennea, e di quello del Garante dei detenuti, interventi allo stato assenti. Speriamo a questo punto che qualche componente pugliese della Commissione Parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e le cause dei disavanzi sanitari regionali, presso cui sarà ascoltato il capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, nonché commissario delegato per l’emergenza carceri, dott. Franco Ionta, esiga una spiegazione logica rispetto alla politica carceraria “apri e chiudi” del Ministero della Giustizia».

giovedì 20 ottobre 2011

AMBIENTE E PAESAGGIO
L’AFFARE EOLICO SULLA MURGIA
TERRITORIO, FERITA RISANATA
Chiara Mattia e Luigi Bombino hanno verificato e verbalizzato per l’Ente Parco il ripristino del luoghi oggetto degli scavi
E QUELLA DA RISANARE
Restano le «ferite» alla pseudosteppa causate dagli scavi effettuati per realizzare le strade interne al parco eolico
L’operazione «Ventus» torna a Trani
Gli imputati assolti per gli scavi (c’è stato il ripristino dei luoghi) ma non per le strade
di Cosimo Forina
Società “Murgiaeolica” e operazione “Ventus” gli atti dalla sede distaccata del Tribunale di Canosa tornano a Trani. Nell’udienza che si è svolta martedì, dopo un ampia discussione in camera di consiglio, il giudice, ha respinto la richiesta di assoluzione degli imputati. L’operazione “Ventus” fu condotta nel 2007 su mandato del pm Giuseppe Maralfa dal Comando Stazione Forestale Parco dell’Alta Murgia di Gravina. Sul banco degli imputati Josef Gostner, legale rappresentante della società proprietaria e committente; Michele Manca Di Villahermosa, legale rappresentante dell’Associazione Temporanea d’Imprese, esecutrice dei lavori (Manca Spa e Siemens Spa); Francesco Ramundo, legale rappresentante della Ramando Engineering srl di Spinazzola (impresa subappaltatrice delle opere), Michele Greco, direttore dei lavori e Vito Barile, anch’e gli direttore dei lavori per opere complementari. L’accusa: aver costruito in aree protette del Parco una sottostazione nel territorio di Spinazzola in cui far convogliare la corrente prodotta dai pali eolici istallati a Minervino, cavidotti, strade e buche dove istallare le torri smembra paesaggio, realizzate nell’area del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Quest’ultimo danno, quello delle buche, ha visto gli imputati procedere al ripristino in accordo con l’Ente Parco difeso dall’avv. Francesco Rotunno che nel processo si è costituito con il Ministero dell’Ambiente parte civile. Per il capo “B” – scavi e strade interne al Parco - il giudice ha respinto la richiesta di assoluzione nel merito e ha pronunciato sentenza di non doversi procedere perché il reato si è estinto con l’intervento di ripristino. Il termine per il periodo della motivazione della sentenza è stato fissato in 60 giorni. Per il capo “A” sottostazione-At/Mt il giudice ha respinto le richieste di assoluzione nel merito ritenendo necessaria l’istruttoria dibattimentale. Il giudice, avendo deciso per strade e scavi in strade interne al Parco in senso non assolutorio, ha dichiarato di astenersi dal proseguo della trattazione del processo, disponendo pertanto la trasmissione degli atti al presidente del Tribunale di Trani per la decisione di astensione e l’eventuale assegnazione ad altro magistrato. Quanto al merito della vicenda sotto il profilo amministrativo l’Ente Parco potrebbe sollecitare a questo punto anche la ripresa del procedimento relativo alle revoca parziale dell’autorizzazione unica con cui gli impianti eolici vennero avviati. L’importanza di “Ventus ” va ben oltre i capi d’accusa a cui devono rispondere gli incriminati perché dalle informative del Comando Forestale di Gravina scaturirono altri fascicoli inerenti tutti i pali eolici istallati sulla Murgia o da istallarsi a ridosso di questa, tanto nel Tribunale di Trani pm Giuseppe Maralfa che in quello di Bari pm Renato Nitti. Al vaglio degli inquirenti il deturpamento delle bellezze naturali ambientali, il dettaglio sulla correttezza degli atti autorizzativi per la realizzazione di impianti eolici e presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nelle gestione di energie rinnovabili sulla Murgia. L’operazione “Ventus ” per la sua valenza è finita nel manuale di tecnica di Polizia Giudiziaria Ambientale scritto dal giudice Maurizio Santoloci, così come nel rapporto ecomafie redatto da Legambiente nel 2009 e in diverse interrogazioni parlamentari. Ma torniamo all’azione di ripristino dei luoghi, una prima vittoria dell’Ente Parco dell’Alta Murgia. Il sequestro preventivo degli abusi riscontrati dal pm Maralfa portarono il Gip Francesco Zecchillo al sequestro penale di tre scavi di fondazione su roccia calcarea (pseudosteppa) delle dimensioni di metri 18x18 e profonde tre metri, ciascuno per la realizzazione di piattaforme destinate all’ancoraggio di pali eolici e 2.500metri di strade per il passaggio di mezzi pesanti, realizzate mediante scavo di terreno e roccia(pseudosteppa), abusivi e in corso d’opera senza nessuna autorizzazione del Parco, paesaggistica e del permesso a costruire nel Comune di Minervino località “Iambrenghi-Monte Scorzone, Tonacelle”. L’ 11 febbraio 2011 Chiara Mattia e Luigi Bombino hanno verificato e verbalizzato per l’Ente Parco il ripristino del luoghi che la società Murgiaeolica aveva affidato per la bonifica all’agronomo Savino Saraceno di Spinazzola.
E sull’affare eolico l’ombra di mafia e della «P3»
Dalla Murgia alla Sicilia e alla Sardegna, un solo filo rosso

A collegare l’operazione “Ventus ” murgiana all’operazione “Eolo” siciliana di Mazara del Vallo vi sono state due interrogazioni parlamentari presentate dell’Italia dei Valori. Gli interroganti ponevano all’attenzione del Governo che tra gli imprenditori arrestati a Mazzara del Vallo vi era anche l’ex funzionario Cgil, noto tra Spinazzola e Minervino Murge nel gergo della “Green Economy ” uno “sviluppatore ” di impianti di energie alternative, tale Luigi Franzinelli. Con questi venivano arrestati in Sicilia il consigliere comunale di Mazara del Vallo, Vito Martino (Forza Italia), Giovan Battista Agate, con precedenti, fratello del boss Mariano Agate; Melchiorre Saladino imprenditore di Salemi, ritenuto vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro; Giuseppe Sucameli architetto del Comune di Mazara del Vallo, già detenuto per associazione mafiosa. L'accusa per Franzinelli, in qualità di socio della «Sud Wind srl», era di aver presentato nel trapanese progetti per la realizzazione di parchi eolici versando somme di denaro e regalando auto a
politici e impiegati comunali. Il gup di Palermo Daniela Troja ha condannato Franzinelli a 2 anni con rito abbreviato. Il suo nome compare anche nell’inchiesta dell’eolico in Sardegna che ha visto coinvolto dirigenti nazionali del Pdl. Indagine che ha anche svelato gli affari della P3 con interessi del faccendiere Flavio Carboni. Nel “Question Time” in cui l’Idv con riferimento all’inchiesta “Ventus ”condotta dal Comando Forestale di Gravina e all’inchiesta “Eolo” di Mazzara del Vallo interrogava sull’eolico siciliano e pugliese rispondeva il ministro per i rapporti con il parlamento Elio Vito: «Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha chiesto recentemente alle procure di Roma, Cagliari, Bari e Palermo elementi in merito alle infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti per l’eolico». «Le prime tre procure – riferiva il ministro Vito – hanno evidenziato l’attualità degli accertamenti in corso e la necessità di mantenere il segreto investigativo». Alla già sconcertante situazione pugliese si sono poi aggiunte nel tempo le rivelazioni dell’on. Beppe Pisanu presidente della Commissione antimafia con le quali si è confermato la presenza di un inquietante giro d’affari nelle rinnovabili pugliesi e l’inchiesta televisiva della trasmissione Report di Milena Gabanelli e quella del giornalista Carlo Vulpio nella trasmissione condotta con Vittorio Sgarbi, sospesa dalla Rai alla prima puntata. Dell’esito dell’operazione “Ventus ” non resta che attendere le nuove decisioni del Tribunale di Trani.

mercoledì 19 ottobre 2011

AMBIENTE E AFFARI
DA CANOSA A SPINAZZOLA
IL TRIBUNALE DEL RIESAME

Anche il segretario particolare dell’ex assessore Tedesco avrebbe preso parte alla presunta associazione a delinquere
Inchiesta sanità l’intreccio con i rifiuti
Ruoli e scenari del sistema che porta fino a Grottelline
di COSIMO FORINA
Anche il segretario particolare dell’ex assessore alla Sanità pugliese, Mario Malcangi, secondo il collegio del tribunale del Riesame, presieduto dal giudice Francesca Lamalfa, avrebbe preso parte alla presunta associazione per delinquere ai cui vertici ci sarebbe stato Alberto Tedesco, oggi seduto a Palazzo Madama come senatore della Repubblica. Con Tedesco erano stati indagati in quaranta e l’Asl/Bt guidata da Rocco Canosa è risultata tra gli scenari del sistema in cui si puntava secondo i pm Desirè Digeronimo, Marcello Quercia, Francesco Bretone alla gestione degli appalti, al controllo di voti per fini elettorali, ad essere parte di un organizzazione che orientava le nomine di manager e dei primari. Alberto Tedesco, di cui è stato richiesto nuovamente l’arresto, scrivevano i giudici in agosto: “organizzava e guidava l’intera struttura”. A tessergli le fila il suo segretario, braccio destro, il factotum Mario Malcangi il quale sempre dagli inquirenti ed ora dal Riesame: “si adoperava per perseguire i suoi interessi soprattutto nell’Asl dove poteva contare sul dirigente “fedelissimo”Felice De Pietro e sugli imprenditori Diego Romano Rana, Giovanni Leonardo Garofoli e Roca Vitantonio”. Di questi la “Gazzetta” ha pubblicato nei mesi scorsi alcune intercettazioni relative ad appalti ed anche al progetto di accaparrarsi la gestione della nascente nuova Provincia Barletta-Andria- Trani. “Gladiatorio ” Diego Rana definiva parlando con Giovanni Garofoli, il comportamento di Mario Malcangi, avvertendo che aveva risolto il problema di interesse comune, grazie all’intervento al quale spettava il merito di aver chiuso la trattativa (..abbiamo fatto tutto…è andata molto bene… perché la c’era, c’era quel foglietto…così la spuntiamo…ma è stato gladiatorio, gladiatorio nel vero senso della parola, della serie punto e basta). A supporto del sistema nell’Asl/Bt figurano tra gli indagati anche Adolfo Schiraldi e Aldo Sigrisi compagni di partito di Tedesco. E poi ci sono i nomi ben noti del mondo dei rifiuti, come quello di Carlo Dante Columella patron della società Tradeco di Altamura, di suo figlio Michele che con lo zio Francesco Petronella sono accusati di essere stati favoriti nella gestione dei rifiuti ospedalieri per un appalto milionario vinto dalla società Vi.Ri. Quali fossero i rapporti e gli interessi tra Tedesco ed i Columella lo si legge nella conclusione dell’indagine sul filone sanità: “imprenditori di riferimento verso i quali venivano pilotate le gare di appalto e le forniture di servizi”. Ma Carlo Dante Columella, significa anche la discarica di Canosa “Cobema” e quella di Spinazzola da costruire a “Grottelline ”. Come allora non ricordare la telefonata intercorsa tra il Petronella e l’allora assessore Tedesco dopo l’assoluzione della sentenza di primo grado, appellata da pm Michele Ruggiero di Trani, ribaltata poi dalla Corte di Appello di Bari quando ad essere condannati con pene variabili tra un anno e sei mesi e un anno e venti giorni sono stati in otto: Carlo Dante Columella, il figlio Michele, Lucia Castoro, Vincenzo Fiore, Carmine Carella, Raffaele Crivelli, Francesco Petronella e Giuseppe Calia. Qui accanto la conversazione intercettata dagli investigatori. Ed altra telefonata proprio sulla situazione di “Grottelline ”, discarica data in gestione dalla Regione all’Ati Tradeco-Cogeam, dove sempre il Petronella stizzito dal ritardo del rilascio di pareri del Genio Civile telefonava alla segretaria di Tedesco: «Ricorda all’assessore che qui non hanno fatto un cavolo». Triste primato quello dell’Asl della Provincia di Barletta, Andria, Trani nell’inchiesta partita nel 2006 sempre più pronta per essere discussa dinanzi ad una corte dai pm della direzione distrettuale antimafia di Bari, impegnati in queste ore a chiudere altri filoni dell’affare sanità e non solo. Sanità in Puglia che per i cittadini comuni significa privazione e disagi, per gli indagati, Tedesco più quaranta, presunzione di innocenza sino all’ultimo grado di giudizio.
La telefonata
L’imprenditore Petronella e l’assessore Tedesco dopo la sentenza Cobema
Questa la conversazione tra l’imprenditore Petronella e l’allora assessore regionale alla Sanità Tedesco, dopo l’assoluzione della sentenza di primo grado sulla vicenda della discarica Cobema di Canosa:
Tedesco: che è successo?
Petronella : Alberto, ti volevo dare una notizia buona, tutti assolti.
T.: ah benissimo, perfetto.
P.: Tutti assolti, quando ci sentiamo?
T.: eh, io per il momento non ho
buone notizie da darti.
P.: ah p.. tr...!
T.: ci sentiamo più tardi, ci sentiamo poi.
P.: ciao Alberto. T.: ciao Franco, dai un bacio a Carlo (ndr. Carlo Columella) ciao.
P.: Ok ciao.
La sentenza poi è stata appellata da pm Michele Ruggiero di Trani, ribaltata dalla Corte di Appello di Bari e vennero inflitte ad otto imputati pene variabili tra un anno e sei mesi e un anno e venti giorni sono stati in otto.

sabato 15 ottobre 2011

Cosimo Forina

Cosimo Forina
CHIUSURA DELLA LINEA FERROVIARIA
GIOIA DEL COLLE-ROCCHETTA SANT'ANTONIO E BARLETTA-SPINAZZOLA
IL CORO DEI "NO"

Cosimo Forina
Non è stato un abboccamento, un pourparler, l’assemblea cittadina organizzata presso la sala “Aurora Salomone” voluta dall’amministrazione Comunale guidata dal sindaco Nicola Di Tullio sulla vertenza tratte ferroviaria Gioia del Colle-Rocchetta Sant’Antonio e Barletta-Spinazzola entrate nel mirino dei tagli della Regione Puglia. Di cui è stata presentata, su sollecitazione del vicesindaco Michele Patruno una interrogazione della senatrice Adriana Poli Bortone (Io Sud) e una proposta di ordine del giorno della II commissione presieduta dal consigliere Carlo Scelzi (Pd) alla Provincia Barletta-Andria-Trani. Analisi storica, ruolo attuale del mezzo, proposte e prospettive hanno evidenziato la necessità del mantenimento delle infrastrutture, non per difesa di campanile, ma ritenendo le strade ferrate essenziali e volano dell’economia di un intero territorio che dalla sesta Provincia si estende sino all’Alta Murgia e alla vicina Basilicata. L’assessore Giuseppe Blasi prima di aprire agli interventi dei cittadini ha ricostruito tutti i passaggi intrapresi dall’amministrazione Comunale dopo che la “Gazzetta” ha reso noto l’imminente chiusura delle due linee e la riduzione delle corse dei treni a favore del trasporto su gomma. In particolare sulla direttrice Barletta-Spinazzola. I tavoli di trattative degli ultimi giorni con i vertici provinciali, regionali e con i sindacati hanno portato all’incontro istituzionale organizzato dal Comune di Spinazzola a cui è seguita la dichiarazione dell’assessore regionale ai trasporti Guglielmo Minervini: “Nonostante la consapevolezza della drammaticità dei tagli del governo sul trasporto pubblico locale, accogliamo l’istanza, espressa questa mattina dagli enti locali, di effettuare una valutazione concertata con il territorio dei dati di traffico ferroviario sulla tratta Barletta- Spinazzola, prima di assumere ulteriori decisioni”. Un impegno che si attende diventi concreto e sospenda la smobilitazione posta in atto. Puntuale in una assemblea finalizzata a recepire suggerimenti è stata la ricostruzione storica sulla nascita della ferrovia Barletta-Spinazzola di Nino Vinella del comitato nazionale pro.Canne della Battaglia. Il quale ha ricordato mostrando ampia documentazione di come siano state le città di Barletta, Canosa, Minervino e Spinazzola dopo l’Unità d’Italia a farsi carico del costo della realizzazione di questa impianto e di come non sia tollerabile oggi che questo territorio possa essere mortificato riducendo la funzione storica avuta dalla ferrovia. Infatti nel progetto della Regione è previsto il trasporto su gomma da Spinazzola sino a Canosa di Puglia e da quella stazione il proseguo su treno. Tra i dati acquisiti e da tutti sottolineato quello del ruolo del trasporto ferroviario legato allo sviluppo turistico della zona. Le amministrazioni Comunali e non solo, ed in particolare Spinazzola, stanno operando in questo senso. “Il treno, è stato detto, si inserisce in ogni piano economico di sviluppo quale migliore veicolo per raggiungere comodamente tutte le località e scoprirle nelle loro peculiarità”. Per niente sottovalutata l’esigenza economica espressa dalla Regione Puglia sui mancati trasferimenti da parte del Governo, a tal fine è stato suggerito di coinvolgere per i costi di mantenimento la Regione Basilicata che con alcune sue città è parte interessata, non passiva, delle infrastrutture ferroviarie. Non è mancata la denuncia dei pendolari, i quali hanno evidenziato l’enorme disagio che comporta lo spostamento quotidiano dal treno al pullman. Non ultimo come suggerimento, prima che il sindaco Nicola Di Tullio venisse iscritto per merito nel comitato pro canne della Battaglia ed omaggiato del distintivo dell’associazione, anche quello di coinvolgere utilizzando proprio il treno, tutte le scolaresche della sesta Provincia. Affinché, sensibilizzati da i Comuni e dalla Provincia prediligano nei loro viaggi di istruzione prima di altre località, la scoperta del tratto di paese a cui appartengono.

IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
DELLA SENATRICE ADRIANA POLI BORTONE (IO SUD)

Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-06084
Atto n. 4-06084
Pubblicato il 13 ottobre 2011
Seduta n. 624
POLI BORTONE - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. -
Premesso che:
con atto unilaterale l'assessore alle infrastrutture e mobilità della Regione Puglia ha deciso la soppressione delle tratte ferroviarie Gioia del Colle- Rocchetta San Antonio e del parziale utilizzo della Barletta-Spinazzola a partire dal 1° ottobre sino a dicembre, mese in cui anche questa linea ferrata verrà chiusa nel tratto Spinazzola-Canosa di Puglia; disponendo per ragioni di antieconomicità che sulla Gioia-Rocchetta che attraversa la maggior parte dei paesi della Murgia: Gioia del Colle, Santeramo, Altamura, Gravina, Poggiorsini, Spinazzola, Palazzo S.G./Montemilione, Venosa/Maschito, San Nicola di Melfi, Rocchetta Sant'Antonio, le corse siano effettuate con pullman sostitutivi. Mentre al momento sulla Barletta-Spinazzola che unisce le città di Barletta, Canne della Battaglia, Canosa di Puglia, Minervino Murge, Spinazzola, sono state cancellate e sostituite da pullman nove corse di cui 5 da Barletta e 4 da Spinazzola; dal dicembre 2011, l'assessore citato ha stabilito che le stazioni di Spinazzola e Minervino Murge,in via sperimentale, verranno chiuse e il trasferimento dei viaggiatori avverrà in pullman sino alla stazione di Canosa di Puglia, da dove, dopo aver effettuato il trasbordo dei loro bagagli, i viaggiatori potranno procedere in treno per altre destinazioni;
in particolare, i sindaci di Spinazzola e di Minervino hanno immediatamente evidenziato le ragioni del loro dissenso chiedendo un immediato incontro con l'assessore e con i dirigenti di Trenitalia che avrebbero dovuto quanto meno informare le città in una conferenza di servizi; i sindaci affermano che è superfluo sottolineare i danni che i cittadini della numerose città murgiane interessate sono costretti a sopportare in termini di sicurezza e tempi di percorrenza di strade impervie e pericolose con pullman e mezzi privati per raggiungere ospedali, tribunali e/o uffici pubblici per le proprie necessità. A questo si deve aggiungere l'importanza strategica della tratta Spinazzola- Barletta, non solo come unica strada ferrata che attraversa la nuova Provincia,
ma anche per la sua rilevante importanza di decollo del turismo in ragione del valore storico, paesaggistico e ambientale del territorio che giunge dalla costa sino al cuore della Murgia; la tratta ferroviaria Barletta-Spinazzola, infatti, è tra le più antiche d'Italia; realizzata nel 1894. svolge un ruolo importante nel turismo culturale e nel turismo scolastico. Unica ferrovia a fermarsi non in una città, ma anche direttamente in un'area archeologica di rilevanza mondiale, quale è il sito di Canne della Battaglia; l'importante mantenimento della tratta Barletta-Spinazzola eviterebbe l'isolamento delle piccole città murgiane, così come nella direttrice Gioia del Colle-Rocchetta-Sant'Antonio ambedue frequentate in sicurezza da numerosi studenti e lavoratori pendolari, specie in inverno quando
soventi sono nevicate e gelate che ostruiscono le arterie stradali; nel corso degli anni, si è tentato di migliorare e accrescere la potenziale utenza della tratta
Barletta-Spinazzola richiedendo che venisse realizzata una fermata aggiuntiva nei pressi dell'ospedale Di Miccoli di Barletta, onde consentire ai viaggiatori provenienti da Spinazzola - Minervino Murge e Canosa di usufruire di un ospedale che risponde alle esigenze del territorio. Ancor più oggi che in seguito ai tagli dei nosocomi in Puglia, in ragione del piano di rientro sanitario, gli ospedali di Spinazzola e Minervino Murge sono stati chiusi, si chiede di sapere:
se il Ministro sia a conoscenza delle dismissioni delle tratte ferroviarie menzionate; se non intenda intervenire a sostegno delle comunità percorse dalle tratte ferroviarie Barletta- Spinazzola e Gioia del Colle- Rocchetta Sant'Antonio, anche in ragione degli ultimi investimenti effettuati su queste linee ferroviarie per renderle più sicure nella loro fruizione, dando così valore al denaro pubblico fino ad oggi investito.
L'AZIONE DELLA PROVINCIA E LE PROPOSTE ALTERNATIVE ALLA CHIUSURA
E’ emergenza per le tratte ferroviarie del territorio minacciate di chiusura, ma è anche ferma la volontà di difenderle. Dopo che il consiglio Provinciale Barletta Andria Trani all’unanimità ha votato per il mantenimento e potenziamento della tratta Barletta-Spinazzola facendo propria la proposta avanzata dal presidente Francesco Ventola che mira alla sua elettrificazione per supportare al meglio i collegamenti con la zona metropolitana di Bari, ora ci si appresta ad analizzare ed approvare il testo scaturito dai lavori della II commissione presieduta dal consigliere Carlo Scelzi, Con il quale si intende dare pieno mandato al Presidente e la Giunta di richiedere alla Regione Puglia l'immediata sospensione nell’applicare il “progetto sperimentale” che prevede la sostituzione di nove corse ferroviarie della tratta Barletta – Spinazzola e della soppressione della Gioia del Colle-Rocchetta S.A. con trasporto dei passeggeri su gomma. Si intende così impegnare la Regione Puglia ad applicare concretamente la cosiddetta “rivoluzione gentile” proclamata dal Presidente della Giunta Regionale Nichi Vendola intesa a migliorare le condizioni socio-economiche dei piccoli Comuni montani e sub-murgiani. Lo strumento della concertazione è anche alla base dell’invito rivolto alla Regione Puglia chiamata a convocare i rappresentanti Istituzionali delle città interessate, la Provincia BAT, la Provincia di Bari, le organizzazioni Sindacali Regionali e di Trenitalia per la ricerca di una soluzione che non penalizzi le città murgiane. Anche i consiglieri Provinciali pongono all’attenzione il serio rischio sulla sicurezza dei cittadini che saranno costretti ad utilizzare pullman o proprie autovetture dovendo percorrere una strada impervia in condizione climatiche invernali ostative e pericolose determinate dalla neve, dalla nebbia e dalla pioggia. “Il mezzo sostitutivo su gomma, viene altresì sottolineato dalla II Commissione, non può essere affatto paragonato al treno sia per il disagio della dilatazione dei tempi di percorrenza che per la riduzione di sicurezza dei viaggiatori. Inoltre, va considerato che questa tratta ferroviaria interessa il sito storico della Cittadella di Canne della Battaglia, con implicazioni e ricadute anche di carattere turistico, economico e culturale”. Carlo Scelzi ha partecipato all’assemblea cittadina indetta a Spinazzola dall’amministrazione Comunale come all’incontro istituzionale organizzato nel Palazzo di Città che ha visto la presenza dell’assessore provinciale ai Trasporti Giuseppe Di Marzio. Vi è da aggiungere anche la richiesta avanzata dal consigliere regionale Ruggiero Mennea (Pd) il quale ha invitato l’assessore ai trasporti Guglielmo Minervini a valutare l’opportunità di acquisire da Rfi (Rete ferroviaria italiana, gruppo Ferrovie dello Stato) attingendo al patrimonio regionale per passare alla gestione diretta della tratta Barletta-Spinazzola: “al fine di farne una un servizio di metropolitana di superficie che possa servire i comuni dell’entroterra senza che questi avvertano i disagi della chiusura della stazioni considerate minori da Rfi, come quella di Spinazzola”.

LE INTERVISTE DOPO L'INCONTRO ISTITUZIONALE ORGANIZZATO DALL'AMMINISTRAZIONE COMUNALE IN DIFESA DELLE TRATTE FERROVIARIE


sabato 24 settembre 2011





SPINAZZOLA AZIONE DELLA FLAI-CGIL PER DENUNCIARE IL LAVORO NERO IN CAMPAGNA
Blitz dei sindacati, tensione tra i lavoratori irregolari

COSIMO FORINA
Tentativo di dialogo, attimi di incomprensione, tensione per la presenza delle telecamere. La Flai-Cgil con una nutrita delegazione ha incontrato i lavoratori immigrati che si sono accampati in una masseria abbandonata in agro di Spinazzola. Un centinaio di uomini costretti ad una condizione estrema, di stenti, che in questi giorni sono arrivati per la raccolta del pomodoro. Uno spaccato di umanità dolente che la “Gazzetta” ha fatto emergere per le estreme condizioni di disagio in cui vivono: «Senza acqua potabile, in tende o baracche rifugio, in oltre cento e forse più che si sono divisi gli spazi disponibili raggruppandosi, quasi a darsi forza, per nazionalità di provenienza. Unico luogo in comune: il punto della preghiera segnato da un copertone posto in direzione della Mecca e da alcuni fogli di cellofan su cui inginocchiarsi dopo essersi tolti le scarpe. C’è dignità in tutti, dicono di dover restare ancora per pochi giorni, forse una settima, due, e poi ripartire li dove le loro braccia sottopagate sono ricercate per la raccolta di altre colture. Nella delegazione che accompagna il segretario della locale Cgil Domenico Gugliemi e Franco Raimo, anche Giuseppe Delionardis del regionale e Gino Rotella segretario nazionale della Flei-Cgil. Difficile trovare subito la sintonia del dialogo, forse la presenza dei giornalisti fa troppo frastuono e questa gente non ha più fiducia in nulla se non nelle proprie braccia. In quella forza che li rende immuni da una condizione inaccettabile. Quando capiscono che di fronte a loro c’è il sindacato qualcuno finalmente inizia a parlare e racconta. Uno di loro (cui attribuiamo il nome casuale di Riccardo), descrive: «Sono arrivato da Vicenza e sono qui da un mese. Vi ringraziamo del vostro interessamento, ma noi tra un po’ di qui andremo via. Tutto quello che potete fare per noi è ben accettato. Qui c’è gente che lavora e altri no, non c’è lavoro per tutti e c’è chi non può mangiare» . Alla domanda di Gino Rotella se ci fossero caporali Riccardo prosegue: «A chi ci accompagna sui campi diamo cinque euro e noi ne prendiamo tre e mezzo a cassone». Rotella chiede ancora: «E quanti ne riesci a fare: due, massimo tre, quindi lavori solo per il caporale? Lo sai che per legge il trasporto è a carico dell’impresa che ti fa lavorare nei campi e di quanto è realmente la tua giornata lavorativa?» Riccardo sorride, Delionardis si offre di far giungere nell’accampamento un camper di Amnesty International con medici che possono dar loro cura e assistenza, ma poi il dialogo è interrotto da altri che dicono di non gradire la presenza dei giornalisti e minacciano di rompere le autovetture se non vanno via. In quelle “minacce”, si coglie spavalderia e solo paura. Paura di essere cacciati da quel girone dell’inferno che è il campo improvvisato di Spinazzola. Nella delegazione anche l’assessore del Comune Giuseppe Blasi e Orazio Vitti che come gli altri si chiedono cosa in concreto si può fare per questa gente, perché la coscienza dall’interno martella la mente e non lascia scampo. Gino Rotella denuncia ai giornalisti: «Spinazzola è una delle situazioni che stiamo monitorando a livello nazionale. La maggiore imputabilità di questa situazione è delle aziende agricole responsabili di far vivere queste persone in questa precarietà. L’Italia paese tra i più civili del mondo si presenta in questo modo, con l’assenza totale dello Stato. A Nardò siamo riusciti a creare maggiore condizione di dignità, ma è tutto difficile perché questi uomini vivono di patimenti e di ricatti». Qualche chilometro per una sosta al Centro di identificazione ed espulsione, chiuso ed inutilizzato. Forse questi lavoratori potrebbero trovare alloggio temporaneo qui, ma la gestione è del Ministero dell’Interno ed è difficile avere in pochi giorni un permesso. Altra idea, utilizzare il carcere svuotato di Spinazzola, ma in quali condizione è stato lasciato dopo lo smembramento? Idee, ricerca di risposte, ipotesi. Intanto le minacce verso i giornalisti aumentano: forse un irregolare se non il caporale rimprovera altri extracomunitari di aver parlato. Cogliamo un’ultima frase: «In molti dicono di volerci aiutare, ma alle parole non sono giunti i fatti». Cala notte nella masseria, i fuochi che danno luce, sono accesi per preparare un fugace pasto. Domani se non piove forse ci sarà lavoro. Tre euro e cinquanta per ogni cassone, cinque per giungere nel campo con il caporale, senza il quale non ci sarebbe speranza neanche per mangiare

mercoledì 21 settembre 2011


IMMIGRATI NEI CAMPI
I LAVORATORI «ABBANDONATI»
LA TENDOPOLI
I braccianti nordafricani hanno trovato rifugio in una delle tante masserie abbandonate in zona Santa Lucia
CHIUSO DA LUGLIO
Da Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) è diventato Centro di identificazione ed espulsione (Cie) sino al 31 dicembre 2011
Spinazzola, in 70 in un casolare
E a meno di 10 chilometri, a Palazzo San Gervasio, inutilizzato un centro di accoglienza
di Cosimo Forina
Braccia pagate dall’alba al tramonto a 4 euro all’ora, a volte 4,50 euro o 5euro quando la raccolta del pomodoro,in alcuni casi di peperoni, è fatta ancora a mano e non con le macchine. Arrivano dal Burkina Faso, Mali, Costa D’Avorio, Ghana o dal Sudan. In settanta, dicono, ma forse sono più di cento, hanno trovato “rifugio” piazzando le loro tende in una delle tante masserie abbandonate in località detta “Santa Lucia” di Spinazzola.
IL RIFUGIO
Qualcuno si è costruito un rifugio: piccole baracche innalzate con mezzi di fortuna. Altri dormono all’interno della masseria a terra in locali in cui manca il tetto. E’ qui che attendono la chiamata d’ingaggio, alla giornata, spesso in nero, per raccogliere l’«oro rosso» raggiunto a maturazione in questo periodo. Per riempire le grosse casse di plastica da caricare sui camion. Sono soldi, 30-40euro, frutto di vera fatica, indispensabili per la sopravvivenza, da mandare alle proprie famiglie che si trovano in condizione di stenti che sono, come raccontano, ancora più pesanti dei loro stessi sacrifici. Sino allo scorso anno questi lavoratori stagionali, uomini a cui è negata dignità - l’acqua potabile se la procurano ad una fontana ubicata ad una decina di chilometri, quella per lavarsi il corpo, pentole e stoviglie la recuperano da un ruscello- trovavano ospitalità nel centro di accoglienza di Palazzo San Gervasio. Una struttura nata a favore di questi lavoratori, grazie alla sensibilità e senso di umanità degli amministratori della città lucana che dista una manciata di chilometri da Spinazzola. Un centro munito di acqua corrente, docce, dove potersi disporre in campo in sicurezza, vicino ad un centro abitato dove fare acquisti, illuminato, quando al finire del giorno, di notte, al buio, si è costretti a piedi a ritornare alle proprie tende. Di colpo però questo luogo è stato sottratto al bisogno di questa gente, per lo più regolari, per essere trasformato, in nome dell’emergenza profughi, prima in Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) e poi dichiarato formalmente Centro di identificazione ed espulsione (Cie). Per decreto, sino al 31 dicembre 2011.
L’EX CENTRO COMUNALE
Dal 15 luglio però l’ex centro comunale nato proprio per evitare accampamenti di fortuna, intorno a cui hanno innalzato alte mura di cinta, speso un mare di soldi, trasformato da campo di accoglienza a luogo di reclusione, come ha denunciato l’associazione “Articolo 21” in una interpellanza al ministro Roberto Maroni è stato serrato ed è totalmente vuoto, inutilizzato. Gestito prima dalla Croce Rossa il Cie di Palazzo San Gervasio ha ospitato circa 600 tunisini per alcuni mesi, dai 18 ai 35 anni, ed è poi diventato come ha affermato sempre “Articolo 21”: «off limits per stampa e televisioni e persino per l’Alto commissariato Onu. In seguito, a stretto giro di posta, anche la Croce Rossa è stata fatta uscire dalla struttura per essere amministrata interamente dalle forze dell'ordine e da una società privata, la Connecting People,un consorzio d'imprese con sede a Trapani che gestisce per conto del Ministero dell'interno praticamente tutti i Cie presenti sul territorio nazionale». Ora il paradosso è che questo complesso di elementi con i suoi servizi e spazi, nel pieno della raccolta nei campi, che richiama centinai di lavoratori stagionali, è chiuso. Mentre le persone sono lasciate vivere in abbandono senza nessuna assistenza.
CONDIZIONI INCREDIBILI
Il richiamo della condizione in cui versano questi cittadini giunti dal mondo, da Paesi in guerra ed in carestia, lasciati oltre il limite del tollerabile, è finalizzato a trovare la sensibilità dei sindaci, tanto di Palazzo San Gervasio che di Spinazzola, affinché con il potere a loro affidato possano intervenire per chiedere, almeno sino alla fine della raccolta dei prodotti agricoli, la riapertura temporanea del centro di accoglienza. Una ventina di giorni al massimo. Un appello che trova la necessità di estendersi alle Caritas locali, alle parrocchie, che possono farsi carico di questa istanza che è, ci si creda, una vera emergenza. Queste persone capaci comunque di accoglierti con un sorriso, timorose di essere mandati via, sono pronte a rinunciare a tutto ed accettano, quale fosse una sorte irreversibile, la loro condizione di precarietà inesorabile. Difficile però far finta di nulla. Diceva don Tonino Bello: «I poveri, quelli veri, hanno sempre ragione anche quando hanno torto». E sarebbe un torto girare lo sguardo altrove, per evitare di dare delle risposte, come in questo caso, su una degna accoglienza. Quella che spetta a tutte le persone.
LA STORIA COSÌ ARRIVANO DA OGNI PARTE DELL’AFRICA E POI RIPARTONO, ADATTANDOSI A OGNI CONDIZIONE
La guerra tra Regioni e il popolo delle braccia
Respinti sul confine di due Regioni. C’è anche questo nell’assurda condizione dei lavoratori stagionali, senza i quali i campi di pomodoro marcirebbero senza essere raccolti. Questo tipo di coltura si estende prevalentemente in Basilicata ma non mancano campi di oro rosso sul versante pugliese ed in particolare a Spinazzola. Un giro di affari non da poco. Una volta raccolti i pomodori vengono consegnati alle aziende di conservazione prevalentemente della Campania. E da qui, lavorati, finiscono sulle tavole degli italiani ed all’estero etichettati con i nomi delle più svariate e pregiate aziende dell’agroalimentare: «la pommarola dal sapore mediterraneo». A spezzarsi la schiena per la raccolta sono però gli immigrati, sporadicamente qualche italiano. E’ per questa ragione che puntualmente da anni, richiamati dai quattro soldi messi a disposizione dai coltivatori, quando non soggetti al caporalato, gli stazionali arrivano sul territorio occupando con le loro tende casolari abbandonati più o meno vicini ai centri abitati. Capaci pur in condizioni estreme di organizzarsi anche con una sorta di fureria mobile che si occupa di rispondere alle esigenze della sopravvivenza del gruppo pur se suddiviso per nazione di provenienza. Finché il centro di accoglienza di Palazzo San Gervasio ha funzionato, il problema, se tale si può definire, dell’occupazione di immobili rurali fatiscenti, si era attenuato. Anche perché, la stessa Prefettura, aveva obbligato i proprietari dei ruderi a murarli. Lo scorso anno lo spazio di Palazzo San Gervasio poi trasformato a Centro di Identificazione ed Espulsione è stato fatto trovare sbarrato. Ciò nonostante, il fiume delle braccia di colore, lo aveva occupato sino allo sgombero fatto eseguire dalle forze dell’ordine, che si sono preoccupate di far lasciare a questa gente solo il territorio della Basilicata. Ovvero poco meno di cinquecento metri nel territorio di Spinazzola. E’ per questa ragione che ora si trovano a far tappa nelle masserie spinazzolesi. C’è un dato curioso: chi pianta i pomodori non si interessa di creare le condizioni per accogliere chi deve poi raccoglierli. Per loro sono braccia da usare la mattina per riempire camion da far partire. I comuni dove vi sono i campi a coltura di pomodoro scaricano le proprie responsabilità girando lo sguardo altrove. Non prevedendo in tempo utile la realizzazione di campi attrezzati per accogliere questi lavoratori. Ed in questa situazione che si alimenta, tra il confine di due regioni, la Puglia e la Basilicata, la guerra ai poveri. Il popolo di braccia tra una ventina di giorni svanirà per ripresentarsi con le stesse criticità il prossimo anno.

mercoledì 14 settembre 2011

PRIGIONI E AULE POLLAIO
Editoriale di RINO DALOISO
Gli incroci della cronaca spesso sono incredibilmente significativi. Oggi, documentiamo le conseguenze dello smantellamento del carcere di Spinazzola, già struttura modello (gli ispettori ministeriali dissero) e dal volto umano per detenuti sex offender. Il trasloco in corso, ahinoi, cittadini-contribuenti, attoniti spettatori paganti di questo scempio, puzza di razzìa. Quella struttura è stata inutilizzata fino al 2004. Dopo 7 anni, viene chiusa, saccheggiandola. «È antieconomica», ha sentenziato a giugno il ministero di giustizia. E ha sfrattato detenuti e guardie carcerarie. Quello stesso ministero di giustizia ora dovrà risarcire un detenuto nel carcere di Lecce: il tribunale di sorveglianza ha riconosciuto «lesive della dignità umana» le condizioni in cui un cittadino tunisino è stato imprigionato. Un mese di ingiusta sofferenza suppletiva dietro le sbarre, hanno stabilito i giudici, «vale» 220 euro. Una inezia, da un lato. L’apertura di una falla dalle proporzioni inimmaginabili, dall’altro, vista la pioggia di ricorsi che s’annuncia. E pensare che alcuni detenuti dell’ex carcere di Spinazzola sono stati trasferiti proprio a Lecce. Quello che lo Stato «risparmierà» (ma sarà davvero così?) lo scucirà risarcendo i danni a detenuti ristretti in celle sempre più simili a disumani pollai? «Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione», ha scritto due secoli fa il francese Victor Hugo. Ora si chiudono le porte di prigioni «dal volto umano» e si riempiono simultaneamente celle ed aule scolastiche come pollai. Non era forse meglio la Francia dei miserabili dell’Ottocento?
BENI PUBBLICI
UNA STRUTTURA ABBANDONATA
LO SPRECO
L’istituto avrebbe potuto svolgere ben altro ruolo: con l’impiego di altre dodici unità
avrebbe potuto ospitare oltre cento detenuti
UN FUTURO INCERTO
In attesa di conoscere il futuro dell’immobile, resta una certezza: per recuperarlo ci vorranno decine, forse centinaia, di migliaia di euro
CARCERE, TRASLOCO? NO,UN SACCHEGGIO
Spinazzola, ecco come la rimozione delle linee elettriche lascia il segno sulle pareti
di COSIMO FORINA
Ecco in esclusiva le fotografie dello smembramento, più che lo smontaggio, del carcere di Spinazzola. Questo è quel che resta di un Istituto Penitenziario di eccellenza nazionale in cui si combatteva la recidiva dei detenuti sex offender, costato alla collettività miliardi di vecchie lire. Un quadro desolante al pari di altri registrati sul territorio. L’eloquenza delle fotografie non lascia dubbi di interpretazione: un saccheggio. Se mai si dovesse decidere, viste le interpellanze e le interrogazioni parlamentari in corso rivolte al Ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma di riattivare questa struttura ci vorranno decine se non centinaia di migliaia di euro. Chi pagherà? In questi mesi dopo il decreto di chiusura firmato dall’ex Guardasigilli Angiolino Alfano il 16 giugno, in molti hanno richiamato alla riflessione sul da farsi. Ed invece la macchina dell’azzeramento ordinata l’8 agosto a firma del Provveditore Regionale Giuseppe Martone sembra aver preso tutt’altra piega. In quell’ordine di servizio all’assistente capo Pietro Mastrototaro veniva dato mandato con l’ausilio di altri di provvedere solo, e va sottolineato il solo, alle operazioni di smontaggio delle attrezzature, all’elettricista Raffaele Titali solo allo smontaggio delle apparecchiature elettriche previ accordi con la direzione del Istituti Penitenziari di Trani, al ragioniere Emanuele De Giuseppe l’incarico di coordinamento delle operazioni di trasloco. Trasloco non significa razzia. Lasciare ferite nelle pareti per portar via una cassetta di sicurezza di poche centinaia di euro appartiene all’inverosimile. Uno sfregio di cui non si può non chiedere di dar conto ai cittadini in un momento in cui si impongono sacrifici per tutti. Un carcere, quello di Spinazzola, che con l’impiego di dodici unità in più rispetto all’organico che lo reggeva poteva ospitare oltre cento detenuti ora è un insieme di stanze vuote, lacerate nelle loro funzioni. No non è questo che ci aspettava con la dismissione, lo hanno gridato i sindacati come l’Ugl Polizia Penitenziaria, lo gridano tutti quei detenuti ammassati come sardine nelle carceri fatiscenti italiane dove sovente trovano la morte per suicidio. Le fotografie sono state inoltrate per ogni opportuna valutazione ai parlamentari Radicali che sull’Istituto di Spinazzola hanno presentato una interrogazione a cominciare dall’on. Rita Bernardini che nei giorni scorsi aveva inoltrato al Ministro Nitto Palma e al suo capo di gabinetto Settembrino Nebbioso richiesta di accesso alla documentazione che aveva portato a dichiarare il carcere di Spinazzola antieconomico. Si voleva capire l’illogicità, ed invece, sembra che si sia proceduto col l’intento di portar via tutto quanto era possibile, quasi a non voler far tornare indietro sulla scelta della dismissione. Perché? Cosa realmente nasconde la chiusura del carcere di Spinazzola? Qualcuno spieghi il senso di tutto questo al neo garante dei detenuti della Regione Puglia, Pietro Rossi che, dopo aver fatto visita al carcere di Spinazzola insieme con il consigliere regionale Ruggiero Mennea, si era detto certo sull’opportunità della riapertura dell’Istituto, anche con l’ausilio ed il supporto del presidente della Regione Nichi Vendola. Ora il Ministro ha una ragione in più per riflettere, tornare indietro rispetto al suo predecessore, come da quest’oggi in molti sono chiamati ad esprimersi su quanto avvenuto. A partire dal sindaco Nicola Di Tullio che non potrà non far sentire la sua voce. Così come ricorderanno quel che era questo Istituto Penitenziario i parlamentari che si sono avvicendati nello loro visite e nel manifestare il loro sostegno a detenuti ed operatori: dall’on. Pierfelice Zazzera (Idv), all’on. Benedetto Fucci e al sen. D’Ambrosio Lettieri, a loro il compito di spiegare e farsi spiegare anche dal dirigente del dipartimento del Ministero Franco Ionta, l’uomo che ha segnato la sorte del carcere di Spinazzola, se quanto successo rientra nel pieno rispetto dovuto alle strutture dello Stato.

lunedì 12 settembre 2011

LA PUGLIA DELL’ACCOGLIENZA E LA CAMPANIA DELLA MONDEZZA UNITE DALLA CIVILTÀ DELLE FONTI RINNOVABILI

Che “barba” dover dare ancora ragione a Carlo Vulpio e al professore Vittorio Sgarbi. I due immediatamente silenziati dalla Rai alla prima puntata del loro programma perché avevano osato portare in prima serata lo scempio del territorio e degli affari perpretato delle lobby dell’eolico e del fotovoltaico. Quelle notizie non fanno alzare l’auditel, indice di ascolto delle trasmissioni televisive, ma fanno incavolare e di brutto tanti. Tra cui e principalmente il governatore della Regione Puglia Nichi Vendola. Perché nella sua amata regione specchi e le pale eoliche hanno sterminato più che altrove il paesaggio finendo spesso e volentieri anche all’attenzione della cronaca giudiziaria. Ma lui la chiama sviluppo, “green economy”. Chissà, se ne avessero avuto occasione come dal piccolo schermo agli italiani Vulpio e Sgarbi avrebbero commentato l’articolo apparso il 2 settembre su www.agrorinasce.org che qui riporto. Dove i terreni confiscati ai “casalesi” maestri nell’interramento dei rifiuti, sono stati prima usati in parte per depositare altri in superficie in nome dell’emergenza e poi con buona pace di tutti stanno per essere tombati da migliaia di specchi piazzati in nome dell’antimafia. Ed infine non perdetevi la visone sulla cordiale Puglia di Nichi Vendola che a spranghe accoglie i giornalisti che vogliano capire di più su quanto avviene nelle terre del Salento come in tutta la Regione per gli insediamenti dell’eolico e del fotovoltaico. Buona lettura e buona visione.

PARTE IL PIÙ GRANDE INVESTIMENTO PRODUTTIVO E SOCIALE SU UN TERRENO CONFISCATO ALLA CAMORRA IN S. MARIA LA FOSSA’
L’azienda agricola ‘ex Ferrandelle’ confiscata a Francesco Schiavone ‘Sandokan’ di circa 13 ettari ritorna a nuova vita nel segno dell’ambiente e della produzione di energia da fonte rinnovabile con un piano di investimenti di circa 16 milioni di euro tra fondi pubblici e privati promosso da Agrorinasce. In quest’area si concentreranno tre investimenti:
1) Progetto di riconversione della “ex Fattoria dei prodotti tipici” in Centro di documentazione ed educazione ambientale ed isola ecologica” con un finanziamento del Ministero dell’Interno – PON Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno Ob. Convergenza 2007-2013 per l’importo di euro 1.479.000,00;
2) Progetto di realizzazione di un Parco Fotovoltaico per l’importo di euro 14,5 milioni circa attraverso una procedura di evidenza pubblica di finanza di progetto, di cui 10,5 milioni di lavori.
3) Progetto di impianto di circa 9.000 alberi di eucalipto finanziato dalla Regione Campania PSR Campania 2007-2013 misura 2.21 per l’importo di circa 50.000,00.
Il via libera all’intero piano di sviluppo è arrivato nel mese di agosto con il finanziamento concesso dal Ministero dell’Interno PON Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno. “Il piano proposto sarà il più importante investimento pubblico e privato in Italia che si realizza su di un bene confiscato alle mafie ed in particolare all’ex capoclan Francesco Schiavone, Sandokan – dichiara l’Amministratore delegato dott. Giovanni Allucci. E’ stato un progetto complesso che ha richiesto 2 anni di lavoro e di incontri con l’Agenzia Nazionale dei beni sequestrati alle mafie, il Ministero dell’Interno ed altre istituzioni locali e regionali, a partire dalla decisione che fu presa dall’allora Commissario Straordinario per l’emergenza dei rifiuti nell’anno 2008 di localizzare un sito di stoccaggio dei rifiuti sui 40 ettari contigui all’area gestita da Agrorinasce.” La storia dell’azione di recupero ad uso sociale dell’ex azienda agricola ‘Ferrandelle’ di complessivi 56 ettari, confiscata alla fine degli anni ’80, è emblematica. Dopo oltre 10 anni di vari tentativi falliti di recupero ad uso sociale dell’azienda agricola, il Comune di S. Maria La Fossa, nell’anno 2005, aderisce al consorzio Agrorinasce e parte l’azione di riscatto del territorio e recupero ad uso sociale dei beni confiscati. L’azienda confiscata a Francesco Schiavone, Sandokan, fu oggetto di una precisa azione di recupero da parte dello Stato con il Demanio Militare (43 ettari) per la realizzazione di un Poligono per attività addestrative e con Agrorinasce (13 ettari) per la realizzazione di una ‘Fattoria dei prodotti tipici’. Agrorinasce presentò ed ottenne dal Ministero dell’Interno un finanziamento di circa 560.000,00 euro per la realizzazione della Fattoria. Nell’anno 2008, mentre erano quasi ultimati i lavori della Fattoria, l’allora Commissario per l’emergenza dei rifiuti nella Regione Campania, il Prefetto De Gennaro, utilizzò la parte assegnata al Demanio Militare per localizzare il sito di stoccaggio provvisorio di rifiuti solidi urbani di oltre 500.000 tonnellate. I lavori furono immediatamente sospesi e Agrorinasce si impegnò con lo stesso Ministero dell’Interno a trovare una soluzione alternativa che fosse più coerente con lo stato dei luoghi considerato che era inimmaginabile realizzare una fattoria didattica. Un impegno che Agrorinasce ha certamente mantenuto, proponendo di riconvertire quella che era un’area agricola in un nuovo progetto molto ambizioso che avesse l’obiettivo di realizzare su un’unica area confiscata un’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, di produzione di energia da fonte rinnovabile, di rimboschimento con colture destinata a ‘biomasse’ e di sensibilizzazione sui temi dell’ambiente e del risparmio energetico. Gli amministratori di Agrorinasce sottolineano con orgoglio che il progetto in via di realizzazione presenta tre novità importanti a livello nazionale:
1)la prima novità, già citata, è rappresentata dalla circostanza che si tratta del più importante investimento che ad oggi si va realizzando su un bene confiscato alle mafie in Italia;
2)la seconda novità è che per la prima volta si vuole realizzare un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile di oltre 3 Megawatt su di un’area confiscata alle mafie coinvolgendo il mondo delle imprese private, attraverso un bando pubblico del tipo ‘project financing’;
3)la terza ultima novità è relativa all’intento di avviare una collaborazione gestionale e finanziaria tra il mondo dell’impresa privata, del settore sociale e quello pubblico per realizzare un progetto dall’alto valore simbolico di recupero ad uso sociale e pubblico di un bene confiscato alla camorra.
‘Con questo progetto – prosegue Giovanni Allucci – intendiamo creare un circuito virtuoso di collaborazione tra Agrorinasce, imprese private e imprese del settore sociale. Nel giro di pochissimi giorni partiranno i primi bandi di gara, tra cui quello importantissimo per la realizzazione del Parco Fotovoltaico dove auspichiamo una grande partecipazione di imprese. In caso di successo dell’iniziativa non solo avremmo i fondi necessari per finanziare il Centro di documentazione ed educazione ambientale per le finalità pubbliche programmate, ma individueremmo altre aree o immobili suscettibili di ulteriori investimenti nella produzione di energia da fonte rinnovabile’.
Grande soddisfazione viene espressa dal Presidente di Agrorinasce dott.ssa Immacolata Fedele la quale aggiunge che “Il Ministero dell’Interno riserverà grande attenzione per questo progetto’. Il Sindaco di S. Maria La Fossa, dott. Antonio Papa, non nasconde la propria soddisfazione che segue quella della consegna sempre insieme ad Agrorinasce di altri trenta terreni agricoli confiscati alla camorra a tre soggetti sociali: ‘Questa Amministrazione è in prima linea in questo nuovo percorso di legalità e di sviluppo, attueremo insieme ad Agrorinasce altri progetti importanti che porteranno sviluppo ed una diversa immagine del territorio”.