giovedì 10 febbraio 2011

SPINAZZOLA
STRANA E PARADOSSALE VICENDA

Sei giorni d’attesa per una sepoltura
La vicenda finirà davanti al giudice il 16 febbraio
di Cosimo Forina
“Chi muore giace e chi vive si da pace”, questo antico detto popolare non ha trovato sin ora mai accezione, tranne che a Spinazzola e per tutte e due le parti in causa. La prima: la defunta, è stata tenuta per sei giorni, sotto chiave, nella sua bara, nella camera mortuaria del cimitero. La seconda: un figlio affranto dal dolore, si è visto negare la possibilità di tumulare, se pur temporaneamente, il proprio congiunto a fianco all’altro suo genitore in una cappella del locale cimitero, perché privata. Per questa diatriba, è stata fissata una udienza dinanzi al Tribunale di Trani sede distaccata di Canosa di Puglia il 16 febbraio 2011. Nelle missive intercorse tra lo studio legale e gli uffici del Comune, i toni del “burocratese” si scontrano contro una logica che respinge l’imposizione che sembra volere affermare: “se a Spinazzola non compri il loculo nel condominio del Comune, il tuo congiunto resta all’obitorio”. Ecco la storia. Due giorni dopo il decesso a esequie avvenute il legale della famiglia invia un fax al Sindaco, al responsabile dell’ufficio tecnico di Spinazzola e al comandante dei Vigili Urbani, intimando la tumulazione in un loculo messo a disposizione “per pia carità cristiana e per ragioni affettive” da altra famiglia. Dall’ufficio tecnico, rispondono che la tumulazione non può aver luogo perché: “ l’uso del loculo in tale manufatto non risulta essere nella disponibilità dell’Ente rientrando in un manufatto privato. L’Ente può autorizzare le tumulazioni solo previa concessione di loculo comunale, ovvero autorizzazione inumazione solo previa concessione di fossa, in campo di inumazione, in caso di dimostrata indigenza del soggetto richiedente”. In buona sostanza devi comprarti il loculo, pagare 2.300euro, altrimenti finisci sottoterra. E mentre la salma resta nell’obitorio, sempre chiusa a chiave, si aprono le interpretazioni del benedetto art.93 del Dpr 295/90, che in vero concede proroga ai proprietari di loculi di concedere ad altri l’uso se vi sono stati tra le parti particolari legami. Ed è questo il caso. Tra l’altro confermato e sottoscritto agli uffici comunali, non una, ma con due lettere della proprietaria del “manufatto” (come lo chiamano dal Comune), in cui si descrivono persino le ragioni di questo legame. Vero è che il marito della defunta è in quella cappella sin dal 1984. Ma non basta. Il desiderio di ricongiungere i due genitori sfuma anche perché pur volendo, il Comune non dispone al momento di nuovi loculi attigui ne tanto meno di area cimiteriale dove costruire una cappella privata, ma anche perché come si è letto, viene negata la possibilità della tumulazione nel sarcofago posto a disposizione da altri. Le notti che accompagnano il lutto diventano per questo figlio, non solo insonni, ma drammaticamente piene di angoscia: “mia madre è in quella stanza (l’obitorio ndr) chiusa a chiave e non posso nemmeno piangerla come vorrei, deporre un fiore”. Gli amici decidono di far fronte all’acquisto di un loculo temporaneamente, almeno sino a quando quei due genitori non avranno la possibilità di essere ricongiunti. Ulteriore colpo di “grazia” arriva però dal Comune che fissa in 48 la scelta o di comprare il loculo o far finire la defunta nella fossa. Lo sbando, l’angoscia, portano a firmare il contratto per 2.300euro. Poi la tumulazione. Tutto concluso? “Niente affatto, avverte il legale, impugneremo quella vendita per la condizione nella quale l’acquirente è stato “costretto” a sottoscriverlo”. Ma perché a Spinazzola anche morire è cosi difficile?

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