mercoledì 2 marzo 2011


Nella foto Nichi Vendola in un comizio ad Altamura nel 2009 sul balcone ad ascoltarlo Carlo Dante Columella

Quando si dice il caso!!!!
Quel filo rosso che unisce Canosa-Spinazzola-Altamura.
La notizia della querela citazione per danni di Carlo Vulpio a Nichi Vendola nello stesso giorno delle condanne alla Cobema riconducibile al patron dei rifiuti in Puglia Carlo Dante Columella. Gli articoli della Gazzetta e il post di Vulpio sul suo Blog
Gazzetta del Mezzogiorno Edizione del Nord Barese 2 Marzo 2011
SPINAZZOLA I CONTRACCOLPI DELL’INCHIESTA PROMOSSA DAL PM DESIRÈE DIGERONIMO
Discarica a Grottelline tra verbali e querele
Il Governatore e il giornalista contro sulla ricostruzione dell’intreccio rifiuti-sanità

di Cosimo Forina
Spinazzola
Grottelline e le indagini sulla Sanità: Carlo Vulpio inviato della Corriere della Sera, cita per danni e querela Nichi Vendola. Chi si è occupato della vicenda di “Grottelline”, del mondo dei rifiuti sulla Murgia, non ha avuto vita facile, bersaglio tanto di azioni criminali che di dileggio, diffamazione o querele di sbarramento per “silenziare”. Ad Alessio Di Palo direttore di Radio Regio di Altamura, il quale dalla sua emittente denuncia giornalmente il connubio tra mafia- politica – affari, specie nel mondo dei rifiuti, prima gli hanno rotto le costole e poi gli hanno bruciato l’auto. Di Palo fu aggredito da due sgherri legati al boss altamurano Bartolo Dambrosio, ucciso qualche mese fa, dopo la partecipazione insieme con Carlo Vulpio del Corriere della Sera al convegno del 29 giugno 2006, organizzato contro la discarica da insediare a Spinazzola concessa dal Nichi Vendola all’Ati Tradeco-Gogeam per circa vent’anni. E’ questa la vicenda che ha fatto aprire il filone dell’indagine sulla Sanità pugliese. Coinvolto l’ex assessore regionale al ramo, Alberto Tedesco, oggi senatore del Pd, di cui è stato chiesto l’arresto. La Tradeco di Altamura fa capo a Carlo Dante Columella, patron dei rifiuti in Puglia, il quale, con il figlio Michele e con il cognato Francesco Petronella, risulta denunciato a piede libero nell’inchiesta Tedesco. La seconda azienda è del gruppo della famiglia di Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria e grande sostenitrice del governatore pugliese. Da giorni sono diventati noti, oltre all’ordinanza dell’inchiesta sulla Sanità emessa dal Gip Giuseppe De Benedicts, alcuni atti di indagine dell’inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari (pm Desirè Digeronimo, Francesco Bretone e Marcello Quercia). Un’inchiesta partita dalle rivelazioni di uno dei due aggressori di Di Palo, ora collaboratore di giustizia, tale Vincenzo Laterza. Il cui sodale nell’aggressione al giornalista, Biagio Genco detto Gino, scomparve da Altamura, probabile oggetto di lupara bianca.
Sono stati resi noti anche alcuni verbali di interrogatorio su cui si basa l’accusa. Orbene, chi come Carlo Vulpio si è occupato della vicenda “Grottelline” e dello sfascio della Sanità, nonché degli “affari” milionari nell’ambiente destinati ai “noti intimi”, ha scoperto di essere finito suo malgrado in quei verbali, con lo scopo di screditarlo. La rivelazione, per Vulpio, nel documento pubblicato sul sito dalla “Gazzetta” dell’interrogatorio fiume reso da Vendola al pm Desireè Digironimo coadiuvata dal capitano Cataneo, nell’agosto 2009. A Vendola che ha firmato il contratto di gestione della discarica di Spinazzola nel 2006 all’Ati Tradeco-Cogeam, viene chiesto quale rapporto ha avuto con Columella. Vendola prima si lamenta di un suo precedente interrogatorio con altro pm poi attiva, come aveva già fatto in passato, la macchina del fango contro il giornalista: “…un interrogatorio, creandomi la convinzione che potessi essere arrestato. Alla luce di questa discrasia di conoscenza e nell'ambito di quell'interrogatorio mi fu chiesto quali fossero i miei rapporti con i Columella di Altamura, ed io ho risposto così, la verità, che per alcuni mesi ho svolto funzione di assessore all'ordine pubblico nel Comune di Terlizzi e che la ditta che aveva in precedenza vinto l'appalto per la gestione della nettezza urbana era la Tradeco di Altamura, e che l'unico mio rapporto con il Signor Columella è stato quando l'ho convocato d'urgenza una mattina e ha fatto con me il giro delle strade principali del paese, e gli ho fatto notare che le buche degli alberi era pieno di cicche di sigarette, questo è stato l'inizio e la fine dei miei rapporti con il Dottor Columella. Il fatto che il giorno dopo forse il figlio, il fatto che il giorno dopo il padre, numero uno, fosse tratto in arresto mi ha ulteriormente spaventato, relativamente alla parola Tradeco”. Poi senza nessuna apparente logica, tranne che Carlo Vulpio all’indomani dell’aggressione ad Alessio di Palo (7 giugno 2006) fa esplodere il caso “Grottelline “ a livello nazionale con il suo articolo sul Corriere della Sera, Vendola alla Digeronimo dichiara: “Aggiungo che ero anche spaventato perché il noto diffamatore professionale Carlo Vulpio, all'epoca cronista sul Corriere della Sera, aveva dedicato molteplici articoli alla mia persona, mettendoli in relazione a vicende legate all’organizzazione illecita del ciclo dei rifiuti, e al centro di questa cosa c'era, uno degli oggetti di questo argomento era la Tradeco. Quindi la parola Tradeco e la parola Columella alle mie orecchie suona come un campanello di allarme, perché diciamo che per lo meno mi spavento”. Perché Vendola dinanzi alla pm si spaventa della Tradeco dei Columella, che risultano essere molto amici all’ex assessore da lui preposto alla sanità Tedesco, per ammissione di quest’ultimo, e mira a gettare discredito su Vulpio, come aveva già fatto per quell’articolo su “Grottelline”? Vulpio ha preannunciato la citazione civile e la querela: “Ancora una volta, il ciarlatano Vendola, con le sue inqualificabili accuse nei miei confronti, per le quali l’ho già in passato querelato, mira a sfuggire alle sue evidenti responsabilità. Ma ciò che è avvenuto nella gestione dei rifiuti e nella sanità pugliese è talmente sotto gli occhi di tutti che Vendola non può pensare di cavarsela mettendo in moto la sua schifosa macchina del fango con accuse che sono false come lui. Io sono incensurato e, purtroppo per lui, non sono un giornalista che nasconde i fatti, come quelli che lui è abituato incontrare su una serie di giornali amici e in quasi tutti i programmi tv”.

RIFIUTI E PROCESSI
IL SITO NEI PRESSI DEL LOCONE
VERDETTO RIBALTATO

Decisione capovolta: le assoluzioni di
primo grado sono diventate condanne
in appello
IL RICORSO
Otto gli imputati condannati nei cui
confronti il pm di Trani, Michele Ruggiero
aveva promosso appello
«Discarica Cobema, ci furono illeciti»
La corte d’appello di Bari accoglie il ricorso presentato dalla procura di Trani

di ANTONELLO NORSCIA
Verdetto capovolto: ci furono illeciti nella gestione della discarica Cobema di Canosa di Puglia. La Corte d’Appello di Bari dà ragione in buona parte all’impianto accusatorio del sostituto procuratore di Trani Michele Ruggiero, che aveva impugnato la sentenza assolutoria del gup Maria Teresa Giancaspro. Il 3 marzo 2008 il gup scagionò da ogni accusa le 13 persone per cui, a vario titolo, il pm aveva chiesto il rinvio a giudizio; cui seguì l’istanza di giudizio abbreviato da parte di tutti gli imputati. Crollarono così le pesanti accuse mosse da Ruggiero, la cui inchiesta il 15 marzo 2006 culminò in arresti e nel sequestro dell’impianto di contrada Tufarelle. Tutti gli imputati furono tutti scagionati, a seconda dei casi, «per non aver commesso il fatto» o «perché il fatto non sussiste»; solo per un’imputata e per un solo capo d’accusa ci fu assoluzione con la vecchia formula dell’insufficienza di prove. Per gli altri 13 imputati fu assoluzione piena. Archiviate altre posizioni,
tra cui quella dell’ex prefetto di Bari Tommaso Blonda. In giudizio si costituirono parte civile l’Asl Bat, il Comune di Canosa e la sezione pugliese del Wwf. In primo grado furono contestati illeciti nella conduzione della discarica prossima al fiume Locone. Secondo l’accusa, dal ’97 in poi, sarebbero stati commessi reati di varia natura. Nella discarica sarebbero stati destinati più rifiuti e differenti rispetto a quelli consentiti, con conseguente profitto economico. Il primo grado si concluse con l’assoluzione del patron altamurano Carlo Dante Columella, socio di maggioranza della Cobema e della sua società controllante Tra.de.co srl, gli amministratori Michele Columella, Lucia Paola Castoro, Vincenzo Moramarco e Vincenzo Fiore, gli ingegneri Carmine Carella, direttore tecnico della Cobema, ed il collaboratore Sebastiano Mezzapesa. Furono assolti anche l’amministratore Francesco Petronella, Giuseppe Calia e Raffaele Crivelli, entrambi dipendenti della Cobema, quest’ultimo ex esponente di Rifondazione comunista, al momento dell’eco dell’inchiesta candidato alla Camera, Luca Limongelli, dirigente dell’assessorato all’Ambiente della Regione, nonché responsabile dell’ufficio del presidente della Regione- Commissario Delegato per l’emergenza ambientale, Francesco Luisi e Vincenzo Guerra, dirigenti del Servizio Rifiuti della Provincia di Bari. Il pm impugnò la sentenza davanti alla Corte d’Appello di Bari per 8 dei 13 imputati. Furono risparmiati dal giudizio Luisi, Guerra, Limongelli, Moramarco e Mezzapesa. Ieri il dispositivo che ha condannato tutti gli 8 imputati nei cui confronti Ruggiero aveva promosso appello. Sono stati ritenuti colpevoli ma non nella forma del reato associativo. Le condanne vanno da 1 anno e 20 giorni ad un 1 anno e 6 mesi di reclusione con sanzioni accessorie per alcuni imputati ma tutti beneficiano della pena sospesa. Si ricorrerà alla procedura di correzione della sentenza di secondo grado per Moramarco e Mezzapesa. A quanto sembra per un refuso, il dispositivo letto ieri ha contemplato anche la loro condanna ma il pm non aveva impugnato la sentenza nei loro confronti.

Da Carlo Vulpio Blog http://carlovulpio.wordpress.com/

Ecco come Vendola aziona la macchina del fango in tutta la sua lordura: lo fa persino durante un interrogatorio di polizia sullo scandalo sanità-rifiuti che ammorba la sua “Puglia migliore”
1 marzo 2011
Confesso che non me l’aspettavo. Non potevo immaginare che la macchina del fango – azionata con spregiudicatezza staliniana proprio da chi, mentre la mette in moto, se ne lamenta e ne fa un copione per programmi tv “democratici” – potesse colpire persino durante un interrogatorio davanti a un magistrato, mentre si cerca di far luce su fatti delicati e incresciosi come quelli che da tempo caratterizzano il business della sanità e dei rifiuti in Puglia.
E invece è accaduto proprio l’impensabile.
In questo documento Interrogatorio reso da Vendola al pm Digeronimo_6_luglio_2009, chiunque può rendersi conto, finalmente, di cosa parliamo, quando parliamo di macchina del fango, di chi la aziona e perché.
Mentre sfugge come un’anguilla alle domande del pm, ecco che a un certo punto, senza alcun apparente motivo, Nicola Vendola mette in moto la nota macchina, di cui dimostra d’essere esperto conduttore.
Rispondendo alle domande del pm sulle porcherie della “Puglia migliore” in tema di rifiuti e sanità, Nicola Vendola dice: “…ero anche spaventato perché il noto diffamatore professionale Carlo Vulpio, all’epoca cronista sul Corriere della Sera, aveva dedicato molteplici articoli alla mia persona, mettendoli in relazione a vicende legate all’organizzazione illecita del ciclo dei rifiuti, e al centro di questa cosa c’era… uno degli oggetti di questo argomento era la Tradeco. Quindi…”.
Ora, io non so cosa cos’abbia spinto questo signore, meglio: questo ciarlatano, a diffamarmi più volte, in maniera tanto evidente e tanto arrogante. Di certo so che non devono essergli andati a genio alcuni miei articoli di giornalista libero.
Per esempio, questi articoli: Tedesco e Vendola, Cbh, la superclinica Discariche sito neolitico, Tradeco e Rifondazione.
Sono servizi giornalistici che mai hanno ricevuto dagli interessati una rettifica o una smentita. E men che mai sono stati fatti oggetto di querela. Al contrario, si tratta di articoli, diciamo così, “premonitori” di ciò che – ancora timidamente – si sta dipanando oggi sotto i nostri occhi.
Ci sono le discariche, ci sono le cliniche, ci sono i soldi – per esempio i 100 miliardi di lire annui fatturati dalle Ccr (Case di Cura riunite) in convenzione con la Regione Puglia e i circa 100 milioni di euro fatturati allo stesso titolo, ma in nome del “cambiamento” si capisce, dalla subentrante Cbh (Città di Bari hospital) -, e poi c’è il “passaggio” mai sufficientemente chiarito dalla Ccr alla Cbh, e ci sono tutti i protagonisti di allora e di oggi nelle loro diverse vesti, tra i quali Onofrio Introna (allora membro del collegio sindacale di Cbh spa e oggi presidente del Consiglio regionale), Alberto Maritati (allora pm nel processo alle Ccr e oggi senatore Pd), fino a Francesco Boccia (allora commissario nominato dal ministero dell’Industria per evitare il fallimento delle Ccr e oggi deputato Pd) e, appunto, Nicola Vendola. Il quale, ieri come oggi, di queste vicende ha sempre saputo tutto. Così come sapeva tutto di Alberto Tedesco, del suo ruolo nel “sistema criminale” della sanità pugliese che ruotava attorno a Francesco Cavallari (alla fine, l’unico condannato), dei suoi conflitti di interesse e del suo rapporto privilegiato con l’azienda di raccolta e smaltimento di rifiuti oggi al centro di diversi filoni d’inchiesta (leggeteli con attenzione, gli articoli che vi ho proposto).
Eppure, Vendola non trova di meglio da fare che definirmi “noto diffamatore professionale”. Si vergogni. Quest’uomo è davvero un ciarlatano, cattivo e pericoloso. Da parte mia, non ho potuto fare altro che dare incarico ai miei avvocati di querelarlo e citarlo ai danni. Ma poiché il ciarlatano non è nuovo a massicci spargimenti di fango, e poiché i magistrati riescono a proporlo per l’archiviazione anche quando contestualmente ne affermano la condotta gravemente diffamatoria [come ha fatto l’ex procuratore di Bari, Emilio Marzano, quando ho querelato Vendola per avermi egli indicato, in tv e sui giornali, come il responsabile morale (!) di una finta bomba trovata sul litorale di Brindisi e a lui indirizzata con un biglietto di protesta], poiché – dicevo – non è difficile prevedere contorsionismi giudiziari che anche questa volta tutelino il “nuovo”, il “buono”, il “mite” Vendola, ecco, spero davvero che ci sia un giudice a Berlino, cioè a Bari. Che è il foro competente per queste vicende, ma è anche, voglio ricordarlo, assieme a Roma, uno dei luoghi dal quale partirono le telefonate di Vendola alla direzione del Corriere della Sera, che è tutt’ora il mio giornale, affinché non mi occupassi più di lui.
Vendola, oggi lo capisco meglio, leggendo questo interrogatorio e l’ordinanza del gip di Bari (Ordinanza gip Bari sanità 1-120, Ordinanza gip Bari sanità 121-244, Ordinanza gip Bari sanità 245-315, Ordinanza gip Bari sanità 316-fine), ha capito subito che il mio lavoro pulito metteva in gioco fortissimi interessi e così ha inteso farmi fuori professionalmente, senza curarsi della possibilità concreta che potessi essere fatto fuori anche fisicamente. Lo ripeto: si vergogni. Ma con lui debbono vergognarsi anche tutti coloro che in tutto questo tempo, pur sapendo bene ogni cosa, lo hanno tuttavia sostenuto e ospitato in tv e ne hanno scritto sui giornali omaggiandolo, vezzeggiandolo, osannandolo, o semplicemente lasciandogli dire qualunque cosa senza fargli una sola domanda vera. E che oggi, con un bel doppio salto mortale tipico dei “furbi più furbi” lo criticano un po’. Ma senza esagerare. Moderatamente e democraticamente. E ricordando che c’è sempre Berlusconi da “abbattere”, caso mai ce lo fossimo dimenticato… Mezzeseghe.

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