giovedì 30 agosto 2012


ENERGIA E AMBIENTE
IL CASO CONTRADA «PODICE»
INTERESSI CONTRASTANTI
Lo scontro, questa volta, è tra la proprietà dei terreni e le società che propongono progetti a tutto spiano
SEGNALAZIONE IN PROCURA
Il proprietario dei suoli ha segnalato tentativi di violazione della proprietà privata per la realizzazione della stazione elettrica
EOLICO, UN NUOVO BRACCIO DI FERRO
Spinazzola, tra i punti critici la valutazione di impatto ambientale su un «cavidotto»
di Cosimo Forina
SPINAZZOLA. Niente più sviste e silenzi. Spira una brutta aria, quella delle osservazioni e intervento della Procura, per gli industriali del vento che intendono piazzare le loro pale eoliche. Utilizzando il territorio di Spinazzola e in particolare l’eventuale loro allacciamento alla Stazione Elettrica Terna più volte revocata in auto-tutela dalla Regione Puglia che si vuole costruire in contrada “Podice ”. Braccio di ferro tra la proprietà dei terreni, l’ing. Donato Cancellara e le società che avanzano progetti a tutto tondo. Le ultime osservazioni in ordine di tempo riguardano la procedura V.I.A. per un impianto eolico denominato “Castellani” di 75 MW della società WKN Basilicata Development PE2 S.r.l. che pur ricadente nella Regione Basilicata intende portare il suo cavidotto per la connessione a Spinazzola. La documentazione oltre ad essere stata inviata all’Ufficio Programmazione, Politiche Energetiche V.I.A. e V.A.S. della Regione Puglia, al Dipartimento Ambiente, Territorio e Politiche della Sostenibilità Ufficio Compatibilità Ambientale della Basilicata è giunta al Comune di Spinazzola, indirizzata al sindaco Nicola Di Tullio, all’arch. Vincenza Rotondella e al geometra Vittorio Patruno. L’ingegnere ricorda ancora una volta, di essere interessato e aver già segnalato alla Procura della Repubblica di Trani, inchiesta affidata pm Michele Ruggiero, di tentativi di violazione della proprietà privata per la realizzazione della presunta stazione elettrica 150/380 kV e come questa sia in violazione di legge, anche per la presenza del torrente Basentello. Ma come già fatto in altre osservazioni riguardanti altri progetti, l’ingegnere, evidenzia ancora il trascurato pericolo di incendi accidentali delle torre eoliche, oggetto di alcuni articoli anche della “Gazzetta”, recepiti dall’on. Elisabetta Zamparutti, radicale, che ha presentato a tal proposito un’interrogazione parlamentare. Ma questa volta Cancellara si spinge oltre nella sua analisi richiamando maggiore attenzione di chi siederà al tavolo della valutazione. Al punto due delle sue osservazioni si sottolinea: «Lo studio di impatto ambientale presentato dalla società WKN Basilicata Development PE2 S.r.l. riporta a pag.31 “Quadro di riferimento programmatico” a firma dell’ing. Giovanni Di Santo e dell’ing. Giuseppe Manzi entrambi dell’Ordine degli Ingegneri di Potenza, la seguente affermazione del tutto fuorviante: “il territorio di Spinazzola viene coinvolto marginalmente dalla realizzazione del parco eolico. In esso è prevista la realizzazione della Stazione Elettrica. di connessione, in entra-esce tramite nuovi raccordi sulla direttrice AAT “M atera- S. Sofia”». «Ciò che gli ingegneri Di Santo e Manzi definiscono “marginale” - scrive Cancellara - riguarda invece una enorme opera elettrica di capacità 1000MW a fronte dei 75MW di potenza dell’impianto eolico presentato dalla società WKN. Trattasi di un’opera elettrica che occuperebbe, tramite procedura espropriativa, le seguenti superfici: area stazione Terna: 76.496 mq, area per strada di accesso e scarico acque: 9.352 mq, area servitù connessione alla linea AAT “Matera - S. Sofia ”: 8.007 mq, area occupazione temporanea: 43.154 mq. La stazione elettrica in questione, di oltre 76 mila mq di superficie, prevedendo la realizzazione di 4 enormi trasformatori ATR da 250MW ciascuno, svariati fabbricati, piazzale in cemento armato, una selva di apparecchiature elettriche, sbarre e tralicci in acciaio, è un’opera elettrica tutt’altro che marginale come invece truffaldinamente affermano i giovani ingegneri progettisti». Ed ancora: «Alcuno studio di impatto ambientale viene presentato nonostante venga considerata la stazione Terna, in qualità di opera connessa, parte integrante del progetto presentato. Alcuno studio circa i problemi di cumulazione della stazione Terna con la miriade di sottostazioni elettriche di utenza, di migliaia di mq ciascuna, disseminate in adiacenza alla medesima in un area definita “area produttori” (così chiamata nelle tavole redatte dalla stessa Terna presenti nel progetto della società Wkn Basilicata Development PE2 S.r.l.)». Nelle 17 pagine di osservazioni quello che più viene marcato è la necessità di valutare l’insieme degli interventi che andrebbero di fatto a stravolgere l’intero territorio e il suo ecosistema.

ENERGIA E AMBIENTE CON UNA NOTA INVIATA NEI GIORNI SCORSI AL GOVERNO NAZIONALE

«Troppe imprecisioni» in campo anche il Comitato nazionale
l SPINAZZOLA. Il richiamo alla vigilanza su come vengono presentati i progetti non sono prerogativa del solo ing. Donato Cancellara che difende la sua proprietà. Proprio nei giorni scorsi «Il Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi» 8.000 cittadini aderenti, in una nota inviata anche al Governo, chiede che sulle “imprecisioni ” nei progetti eolici, fotovoltaici e sottostazioni elettriche: casuali o finalizzate a trarre in inganno gli esaminatori, intervenga la magistratura. Con: «punizioni severe sulle “imprecisioni ” e le irregolarità nella descrizione dei luoghi, le omissioni ed i falsi che si dovessero riscontrare nei progetti presentati per la richiesta di autorizzazione alla realizzazione di impianti industriali fotovoltaici ed eolici e relative opere connesse, comprese le sottostazioni elettriche». A cui si aggiunge la richiesta di: «smantellare gli impianti realizzati con i presupposti del tipo descritto e risarcire adeguatamente ogni e qualsivoglia tipo di danno arrecato». «Attingendo alla nostra esperienza – scrivono dal Comitato Nazionale - ci sentiamo di affermare e denunciare il fatto che alcuni dei progetti presentati dalle ditte per la realizzazione di impianti, in particolare quelli che noi abbiamo avuto modo di esaminare, non descrivono fedelmente la situazione dei luoghi. In pratica, invece di rappresentare fedelmente il territorio nei suoi aspetti migliori e più significativi, come vogliono le leggi esistenti, fotografano ciuffi d’erba secca e minimizzano le valenze dei luoghi, spesso non rilevando strutture, abitazioni e presenze umane. Senza rispettare le leggi e le buone norme della progettazione, semplicemente, ”sbadatamente ”, si utilizzano, da parte dei progettisti, cartografie non aggiornate... ed il gioco è fatto. Complice (involontaria o menonon sta a noi stabilirlo) la insufficienza e/o mancanza di adeguati sopralluoghi e controlli preventivi, capita che i progetti, anche a causa di questi “meri errori”, di inadeguati e puntuali riscontri su quanto dai proponenti dichiarato, vengano approvati, spesso senza che i cittadini lo sappiano, ed i lavori realizzati. Con buonapace dell’obbligo del massimo della pubblicizzazione e dell’obbligo del rispetto delle leggi in materia di protezione dell’ambiente in senso lato, uomo in primis: «Il richiamo ai controllori: “la valutazione di impatto ambientale ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita. Una volta scoperti i danni arrecati ai paesaggi, ai territori, ai cittadini, alla loro salute ed ai loro beni, è troppo tardi, si può solo cominciare un calvario di cause costose, di umiliazioni, di rabbia impotente. Noi riteniamo che in uno stato civile non sia tollerabile che per “furbizia” di alcuni e mancanza di adeguati controlli da parte di altri, dei cittadini possano ritrovarsi impianti eolici e/o fotovoltaici industriali, con tutte le opere connesse, comprese le sottostazioni elettriche, addossati alle loro case, ed a causa di questi subire danni ingenti, non solo patrimoniali ma anche esistenziali, che all’estero ormai riconoscono e risarciscono». Queste le proposte del Comitato: «gli obblighi di produzione di energia da fonti rinnovabili debbano essere assolti tramite micro impianti diffusi, per autoconsumo, installati là dove si consuma energia, con proventi a favore effettivamente della popolazione, che inducano vero sviluppo con la nascita di aziende locali. Ma, poiché siamo invasi da impianti industriali già realizzati e sommersi da richieste di nuove realizzazioni, chiediamo che il Governo stimoli le Procure interessate ad indagare approfonditamente a campione e/o specificamente in caso di segnalazioni su impianti realizzati o in istruttoria, affinché laddove vi siano irregolarità o si riscontrino danni ambientali in corso o tentati, si prendano gli opportuni provvedimenti. Per noi questi sono la inesorabile bocciatura in caso di istruttoria in corso e lo smantellamento con ripristino dei luoghi ed il risarcimento dei danni per impianti realizzati». Infine: «per gli impianti industriali eolici e fotovoltaici venga assolutamente abrogata l’automaticità approvazione-dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità, per il semplice motivo che la utilità è per pochi ed il danno per tutti i cittadini, in particolare per quelli prossimi a tali impianti. Come norma di carattere generale da emanare con urgenza, in attesa che si faccia quanto con forza chiediamo, riteniamo si debba introdurre da subito la prescrizione di distanze impianti-strutture, tali da rendere nulli i disagi, i pericoli, i danni alla salute degli esseri viventi e le svalutazioni dei beni dei cittadini».

giovedì 9 agosto 2012




Immigrati nei campi stanno arrivando ed è già emergenza
di COSIMO FORINA
SPINAZZOLA - Tra poco più di un mese, passata la festa patronale, chiusi gli ombrelloni sulle spiagge, ripartiti gli emigranti, bruciate come da cattiva abitudine le stoppie, le braccia a cui è negata ogni dignità torneranno. Perché i campi di pomodoro ora verdi saranno giunti a maturazione con il prezioso oro rosso da raccogliere. Un anno fa la cronaca registrava che oltre 70 lavoratori stagionali si erano accampati abusivamente, senza luce ed acqua, senza servizi, in una vecchia masseria in abbandono nel territorio di Spinazzola. Per tetto alcune tende canadesi, altre improvvisate, un copertone rivolto verso la Mecca per poter pregare, se non altro per mantenere un rapporto con il proprio Dio visto che con gli uomini questo risultava difficile. Come paga corrisposta: un tanto a cassone da riempire dall’alba al tramonto, oppure 4 euro all’ora, a volte 4,50 euro quando la raccolta del pomodoro, in alcuni casi di peperoni, è fatta ancora a mano e non con le macchine.
Quella condizione disumana, ignorata, che purtroppo si ripete ogni anno nelle nostre campagne, solo perché raccontata dalla “Gazzetta” diventò scandalo. Sufficiente per richiamare qualche emittente televisiva, sindacalisti del territorio e alcuni giunti da Roma, i quali davanti ai microfoni levarono forte la loro voce. A cui si aggiunse, in buonafede, qualche consigliere comunale che “promise” almeno l’arrivo di un autobotte per assicurare l’acqua potabile. Le braccia, per lo più di giovani, del Burkina Faso, Mali, Costa D’Avorio, Ghana e Sudan, con dignità ed un sorriso non nascosero nulla ai cronisti. Nemmeno il pizzo pagato al caporale di turno. E proprio da questi ultimi a chi era con macchina fotografica e taccuino giunse l’invito a levare senza mezzi termini i propri tacchi dalla masseria.
In ognuna delle storie raccolte c’era alla base la capacità di accettare, nonostante tutto, ogni sopportazione. Perché quel lavoro pur sottopagato, quel denaro, poco, rappresentava la possibilità di assicurare la sopravvivenza delle proprie famiglie rimaste nelle terre di origine. Dove la miseria è tanto amara e vera da non poter essere nemmeno immaginata nel civile occidente opulente. Andando via gli stagionali lo scorso anno, dopo che la raccolta dei campi si era conclusa, le luci della ribalta spente, dopo aver ripulito il luogo, sulla porta della masseria lasciarono questa scritta rivolta al proprietario dell’immobile: “Grazie Padrone”. Perché, stando al sentimento percepito da quegli uomini, il “padrone buono” aveva tollerato la loro presenza senza richiedere lo sgombero forzato come successo nella vicina Basilicata.
Ma tra poco più di un mese gli stessi lavoratori o altri assoggettati al bisogno torneranno a spaccarsi la schiena nei campi. E sarà difficile, assicuriamo sin da ora, ignorare la loro presenza. L’auspicio di quella brutta condizione dello scorso anno, fu che non doveva più ripetersi e che bisognava organizzarsi per tempo affinché si potesse assicurare decoro a questi lavoratori. Fino ad oggi però, mentre i campi di pomodoro e peperoni crescono rigogliosi nessun tavolo tecnico risulta essere stato convocato.
Ed il rischio che la vergogna si ripeti appare sempre più vicino e concreto. Ecco perché diventa necessario che gli operatori agricoli che utilizzano questi lavoratori, associazioni, i sindacati, lo stesso Comune di Spinazzola e altre istituzioni a partire dal prefetto, assumano degli impegni tangibili. Aver ricordato i giorni dello scorso settembre mira a scuotere gli animi affinché prevalga il valore dell’accoglienza e quello di assicurare dignità e non solo l’egoismo bisogno di veder assicurato il raccolto. Agire prima che il rosso dei pomodori non vada a confondersi con quello delle facce del perbenismo fatto scattare ad orologeria dopo aver gridano ad altro scandalo, è atto dovuto. Affinché nessuno potrà dichiararsi non responsabile senza aver fatto nulla per evitare condizioni di abbandono.