giovedì 9 agosto 2012




Immigrati nei campi stanno arrivando ed è già emergenza
di COSIMO FORINA
SPINAZZOLA - Tra poco più di un mese, passata la festa patronale, chiusi gli ombrelloni sulle spiagge, ripartiti gli emigranti, bruciate come da cattiva abitudine le stoppie, le braccia a cui è negata ogni dignità torneranno. Perché i campi di pomodoro ora verdi saranno giunti a maturazione con il prezioso oro rosso da raccogliere. Un anno fa la cronaca registrava che oltre 70 lavoratori stagionali si erano accampati abusivamente, senza luce ed acqua, senza servizi, in una vecchia masseria in abbandono nel territorio di Spinazzola. Per tetto alcune tende canadesi, altre improvvisate, un copertone rivolto verso la Mecca per poter pregare, se non altro per mantenere un rapporto con il proprio Dio visto che con gli uomini questo risultava difficile. Come paga corrisposta: un tanto a cassone da riempire dall’alba al tramonto, oppure 4 euro all’ora, a volte 4,50 euro quando la raccolta del pomodoro, in alcuni casi di peperoni, è fatta ancora a mano e non con le macchine.
Quella condizione disumana, ignorata, che purtroppo si ripete ogni anno nelle nostre campagne, solo perché raccontata dalla “Gazzetta” diventò scandalo. Sufficiente per richiamare qualche emittente televisiva, sindacalisti del territorio e alcuni giunti da Roma, i quali davanti ai microfoni levarono forte la loro voce. A cui si aggiunse, in buonafede, qualche consigliere comunale che “promise” almeno l’arrivo di un autobotte per assicurare l’acqua potabile. Le braccia, per lo più di giovani, del Burkina Faso, Mali, Costa D’Avorio, Ghana e Sudan, con dignità ed un sorriso non nascosero nulla ai cronisti. Nemmeno il pizzo pagato al caporale di turno. E proprio da questi ultimi a chi era con macchina fotografica e taccuino giunse l’invito a levare senza mezzi termini i propri tacchi dalla masseria.
In ognuna delle storie raccolte c’era alla base la capacità di accettare, nonostante tutto, ogni sopportazione. Perché quel lavoro pur sottopagato, quel denaro, poco, rappresentava la possibilità di assicurare la sopravvivenza delle proprie famiglie rimaste nelle terre di origine. Dove la miseria è tanto amara e vera da non poter essere nemmeno immaginata nel civile occidente opulente. Andando via gli stagionali lo scorso anno, dopo che la raccolta dei campi si era conclusa, le luci della ribalta spente, dopo aver ripulito il luogo, sulla porta della masseria lasciarono questa scritta rivolta al proprietario dell’immobile: “Grazie Padrone”. Perché, stando al sentimento percepito da quegli uomini, il “padrone buono” aveva tollerato la loro presenza senza richiedere lo sgombero forzato come successo nella vicina Basilicata.
Ma tra poco più di un mese gli stessi lavoratori o altri assoggettati al bisogno torneranno a spaccarsi la schiena nei campi. E sarà difficile, assicuriamo sin da ora, ignorare la loro presenza. L’auspicio di quella brutta condizione dello scorso anno, fu che non doveva più ripetersi e che bisognava organizzarsi per tempo affinché si potesse assicurare decoro a questi lavoratori. Fino ad oggi però, mentre i campi di pomodoro e peperoni crescono rigogliosi nessun tavolo tecnico risulta essere stato convocato.
Ed il rischio che la vergogna si ripeti appare sempre più vicino e concreto. Ecco perché diventa necessario che gli operatori agricoli che utilizzano questi lavoratori, associazioni, i sindacati, lo stesso Comune di Spinazzola e altre istituzioni a partire dal prefetto, assumano degli impegni tangibili. Aver ricordato i giorni dello scorso settembre mira a scuotere gli animi affinché prevalga il valore dell’accoglienza e quello di assicurare dignità e non solo l’egoismo bisogno di veder assicurato il raccolto. Agire prima che il rosso dei pomodori non vada a confondersi con quello delle facce del perbenismo fatto scattare ad orologeria dopo aver gridano ad altro scandalo, è atto dovuto. Affinché nessuno potrà dichiararsi non responsabile senza aver fatto nulla per evitare condizioni di abbandono.




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