sabato 28 dicembre 2013

AMBIENTE
Un fronte sempre più vasto
UN CORO DI “NO”
Nella vicina Basilicata si moltiplicano i comitati contrari al nuovo megaimpianto per la produzione di energia dal “termodinamico”
SENZA PRECEDENTI
Sono molteplici gli interventi che si tenta di realizzare su un territorio per certi versi indifeso, dove, forse sono stati inferti seri danni
ASSALTO AL TERRITORIO DA PARTE DELLA “GREEN ECONOMY”
Spinazzola, prosegue l’assedio da parte di impianti energetici “alternativi”
di Cosimo Forina
Spinazzola - E’ vero attacco al territorio come non mai è mai avvenuto in precedenza. In fermento diverse città della Basilicata che confinano con Spinazzola: Palazzo San Gervasio, Genzano di Lucania, Venosa, Melfi, Lavello i cui problemi ambientali e di rischio per la salute non la escludono affatto. In prima linea comitati cittadini sorti ovunque spontaneamente. Ognuno di questi inizialmente nato per farsi carico di tematiche specifiche: impianto solare termodinamico, estrazione petrolifera, discariche, inceneritore, eolico, si sono ritrovati tutti insieme dando vita al Gruppo di Coordinamento Vulture-Melfese Alto-Bradano nominando quale responsabile Nicola Abbiuso. Ne fanno parte: Comitato “Diritto alla Salute” (Lavello, Melfi), Comitato Intercomunale Lucania (Palazzo, Genzano), Comitato spontaneo Cittadino (Spinazzola), Comitato “la Nostra Terra non si tocca” (Leonessa, Melfi), Associazione Futura (Venosa), Centro di Documentazione Associazione Michele Mancino (Palazzo San Gervasio). La consapevolezza che accomuna è che ormai non vi è un solo nemico a cui opporsi per interessi distinti, ma “il rivale”, i predatori del futuro sono i quanti sospinti da grandi compensi economici intendono violentare il territorio. Saccheggiandolo, scippandolo per sempre della sua bellezza, della sua storia, della sua salubrità. La rivolta sta succedendo proprio qui su quelle terre dove una industrializzazione selvaggia parassitaria è attratta ora dagli incentivi garantiti dallo sviluppo delle energie alternative, oppure dalle più basse royalty al mondo da corrispondere da parte delle multinazionali per l’estrazione del petrolio. Un crescendo di proposte o di insediamento industriale senza ricaduta occupazionale, se non marginale, rispetto a quella esistente. Con cui si intende sfruttare le risorse della natura a discapito della millenaria ruralità dei luoghi. L’elenco degli investimenti che si vorrebbero realizzare è da bollettino di guerra. Uno sfascio ambientale mai programmato prima che potrebbe stravolgere tutto nella zona dell’Alto Bradano, da Melfi sino ad Acerenza, non escludendo i territori a loro limite come Spinazzola. La città di Palazzo San Gervasio con il suo comitato guidato da Maurizio Tritto si sta battendo contro la realizzazione di un mega impianto sperimentale di solare termodinamico avanzato dalla Teknosolar2 srl di Matera che andrebbe a “tombare” in modo irreversibile 262 ettari di terreno irriguo ubicato se pur nel territorio di Banzi a suo confine ed a quello di Spinazzola dove è sorta un’altra rappresentanza guidata da Franco D’Amato . Lavello è in continua lotta verso l’inceneritore Fenice sorto nel territorio di San Nicola di Melfi che sputa ormai in modo conclamato veleni da oltre dieci anni nella falda e nell’aria. La stessa Melfi nella sua contrada Leonessa si è vista avanzare una richiesta di discarica per rifiuti speciali e contro questo insediamento tutti i comitati lo scorso sabato hanno aderito ad un corteo di protesta in quella città. Ed a leggere la tabella delle sostanze che si vorrebbero trattate, una campionatura senza eccezioni di rifiuti industriali, c’è veramente da non restare allegri. E su tutto il territorio è tornato lo spettro della estrazione petrolifera che vorrebbero i texani della Aleanna Resources LLC di Houston (USA) con il loro progetto Palazzo San Gervasio. Contro i danni già procurati in Basilicata dall’estrazione del petrolio in questi giorni in diverse scuole, come a Venosa grazie all’Associazione Futura con Aldo Iurino e Marialaura Garritoli è stato proiettato alla presenza della regista Valeria Castellano “Nero d’Italia” che ha anche fatto tappa nelle scuole di Genzano. Ed ancora la selva di pali eolici. A centinaia quelli avanzati. Alcuni già sorti sprezzanti contro il paesaggio che andranno ad allacciarsi nelle stazioni Terna da mille MW da far sorgere a Genzano ed a Melfi dopo che quella di Spinazzola è stata cassata, anche queste frutto come sempre di strane procedure. Tutto in nome di una “green economy” o per l’autonomia energetica tanto ingannevole quanto cialtrona. Mentre qui già ci si ammala e si muore senza distinzioni di età in modo spropositato di tumori o per malattie non oncologiche, comunque legate a grandi porcate di già commesse nell’ambiente almeno a partire dal 2008 quando strani movimenti di camion sono stati notati e segnalati a varie autorità. Il sospetto: rifiuti occultati in campi e discariche, fanghi sparsi su aree coltivate vuoi clandestinamente o spacciati come concimi naturali, veleni che hanno ammorbano l’aria ma di cui nessuno osa cercarne la fonte e i responsabili. Di giorno in giorno stanno fioccando come controffensiva esposti ed osservazioni inviati tanto agli organi di concessione delle autorizzazioni a partire dalla Regione Basilicata e Puglia come alle varie Procure della Repubblica. In questa terra, in queste città dove in assenza di investimenti la gente da sempre manco fosse una maledizione è stata costretta ad emigrare per mancanza di prospettive, ora stanno giungendo centinaia, migliaia di milioni di euro con il solo obbiettivo di colonizzare il territorio senza molto badare a chi lo abita e lo vive. Non è dato sapere se c’è una sola regia in tutto questo o se l’insieme è solo frutto di più di una coincidenza. Sta di fatto che le popolazioni sono in ribellione. Mentre non manca qualche politichiccio che di già si sta fregando le mani sugli eventuali ristori ambientali da gestire. Briciole da raccogliere dalla grande abbuffata degli industriali del sole, del vento, dell’oro nero lasciate cadere dal loro opulento tavolo di ricavi. Il territorio dove sono partiti i lavori per far giungere l’acqua, progetto Marascione, che porterà irrigazione di circa 5.000 ettari nei comuni di Acerenza Banzi, Genzano, Palazzo San Gervasio e Irsina, se non si avrà forza di fermare l’assedio ben presto sarà assoggettato a discapito della sua gente. Condannato all’appiattimento di ogni orizzonte e della vita che risulterà contaminata per sempre, con l’area, l’acqua, il suolo da quanto gli è più estraneo, una industrializzazione iniqua pronta a smorzare per sempre ogni sogno di sviluppo sostenibile, di prospettiva, di richiamo di fruitori capaci di apprezzare e amare i luoghi come solo chi ha avuto la forza di restare ha saputo sin qui difenderli.




PER SCARICARE: http://www.distribuzionidalbasso.com/...

Nero d'Italia è un documentario completamente auto prodotto da Valeria Castellano. E' un viaggio nelle valli del petrolio, in Basilicata. Là dove si produce l'80% dell'olio nero italiano. E' il racconto delle storie di chi vive all'ombra delle trivelle, di chi respira l'aria delle raffinerie.
Sì, perchè i centri oli, in quella regione, sono sorti tra le case dei contadini, là dove prima si coltivava.
Questo documentario racconta tutti gli aspetti meno noti della storia del petrolio italiano.



www.valeriacastellano.com
email: valeria.castellano@hotmail.it

venerdì 20 dicembre 2013

SPINAZZOLA LA LEGA PER LA TUTELA DEGLI UCCELLI AVANZA RICHIESTE DI BLOCCO DELLA DISCARICA CHE LA REGIONE VUOLE REALIZZARE A «GROTTELLINE»
«Quante ombre su quella richiesta»
Dalla relazione della Lipu spuntano le immagini di allagamenti nelle cave risalenti ad oltre vent’anni fa
di Cosimo Forina
Sull’immondezzaio che si vuole costruire a “Grottelline” nel territorio di Spinazzola dato in realizzazione e gestione da Nichi Vendola all’Ati Tradeco-Gogeam per circa vent’anni, la Lipu associazione per la tutela degli uccelli rapaci e dei loro ambienti, con Enzo Cripezzi coordinatore della Puglia unitamente al Centro Studi e Documentazione “Torre di Nebbia” presidente Piero Castoro e all’associazione “Altura” presidente nazionale Stefano Allavena, ha presentato nuove osservazioni.Ventiquattro cartelle in cui si smontano tutte le aspettative dell’Ati (Columella per la Tradeco, al 51 per cento nella Gogeam il gruppo Marcegaglia SpA e 49 per cento Cisa SpA) e aggiungono altre ombre sull’operato di questi anni. Sotto la lente di ingrandimento finisce l’iter seguito dagli uffici della Regione, senza mancare di accendere riflettori anche sul Comune di Spinazzola in particolare sull’ufficio tecnico.Dubbi vengono sollevati sulla validità di tutti gli atti fin qui prodotti che hanno portato alla nuova procedura VIA che mira a canalizzare l’acqua solo nella parte in cui si è creato un lago all’interno delle cava. Poiché, si sostiene, la VIA risulta essere scaduta. A corredo delle osservazioni Enzo Cripezzi ha inserito diverse fotografie scattate a Grottelline. Ed in particolare alcune risalenti al 1992 relative al catalogo dello scultore Giampiero Carlesso, da cui si evince che l’allagamento delle cave già era presente altre un ventennio fa, mentre ora tutti sembrano sorpresi, tanto alla Regione come al Comune di Spinazzola. La prima autorizzazione della Regione alla realizzazione della discarica, viene ricostruito, venne pubblicata sul Burp del 24 marzo del 2005, la data si evince dall’atto dirigenziale del 17 gennaio 2007. Nel 2005 era vigente la LR11/2001 che prevedeva che il parere del VIApositiva aveva efficacia per un tempo non superiore ai tre anni e se i lavori non partivano le procedure dovevano essere rifatte. Ed invece, inspiegabilmente si afferma nelle osservazioni, non solo non si è riproposto nei tempi dovuti l’iter necessario ad una nuova approvazione ma si è proceduto a dire di si a diverse varianti del progetto. Con il primo assenso era anche previsto un impianto di trattamento delle prime piogge che a Grottelline non è stato mai realizzato. Nel merito viene trattata nelle osservazioni, ancora, tutta la situazione idraulica e idrogeologica dell’area destinata ad immondezzaio: i corsi d’acqua presenti ed ignorati, la mancata Valutazione di Incidenza obbligatoria per interventi che possono avere influenza anche esterna al sito Rete Natura 2000 e sulle specie presenti nel SIC/ZPS “Alta Murgia”. Le incertezze sulla legittimità poi si spostano sull’autorizzazione Paesaggistica rilasciata. Sull’ampliamento delle superfici, sulla mancata valutazione delle masserie adiacenti al sito e tanto altro ancora. Non mancano di certo le chicche dopo le fotografie delle cave allagate da sempre, come quelle relativi ai cartelli stradali presenti nella zona adiacente le cave che limitano il transito ad automezzi con portata di peso superiore a 12 tonnellate. Questo a dimostrare che tutti non potevano non sapere della condizione idrogeologica dell’aria interessata all’immondezzaio. E poi, dalla Lipu si sono domandati: «a quale emergenza rifiuti ci si riferisce, a distanza di nove anni, per giustificare l’opera?» Il 13 giugno 2013 la Lipu aveva avanzato altre richieste di chiarimenti relative alle tante anomalie procedurali e carenze valutative di tutto il procedimento per la realizzazione dell’impianto di Spinazzola. Ma dalla Regione si è scelto di mantenere la consegna del silenzio. Fatto salvo riproporre l’immondezzaio di Grottelline nuovamente nel nuovo Piano Rifiuti Regionale
proposto dell’assessore Lorenzo Nicastro, approvato, ma con paletti imposti per la questione di Spinazzola da parte delle opposizioni con Ignazio Zullo e per la maggioranza da Fabio Amati e Ruggiero Mennea. L’unica risposta ricevuta ai suoi primi quesiti dalla Lipu quella dell’autorità di Bacino della Basilicata. «Si sono evidenziate numerosi omissioni, carenze valutative, problemi procedurali». Poi giù, nelle osservazioni, una serie di nuovi quesiti diretti tra gli altri a Nichi Vendola nel suo ruolo di presidente e Commissario delegato per l’emergenza ambientale, agli assessori Angela Barbanente e Lorenzo Nicastro, al dirigente del servizio ecologia Antonello Antonicelli, a quello dell’ufficio VIA-VAS Caterina Di Bitonto. Al Commissario Delegato viene chiesto se in assenza della definizione della VIA a distanza di 10 anni è ancora valido il contratto con l’Ati assegnataria, visto che il capitolato d’oneri approvato dallo stesso Vendola prevedeva che solo «dopo l’aggiudicazione si addivverà alla sottoscrizione del relativo contratto la cui efficacia sarà comunque subordinata all’esito positivo della procedura VIA. E come è possibile ad oggi utilizzare il finanziamento previsto per l’intervento attraverso il POR Puglia 2000-2006 stante l’impossibilità di rendicontare la spesa relativa all’intervento non ancora realizzato e non realizzabile in tempi brevi». E per ultimo, viste le tante varianti sull’immondezzaio di Spinazzola: «se sia possibile modificare le caratteristiche dell’impianto risultato vincitore in base al Bando del 13 dicembre 2003». Ai dirigenti del Servizio Ecologia e dell’Ufficio VIA-VAS viene chiesto: «se non sia il caso di procedere all’eventuale annullamento in autotutela nel caso si confermino aspetti procedurali illegittimi». Ed ancora in ogni caso: la necessità della risottoposizione a VIA e valutazione di Incidenza dell’intero progetto e non solo della sistemazione idraulica richiesta dall’Ati Tradeco-Cogeam. Come anche la produzione di studi adeguati a valutare gli impatti e la valutazione di tutte le problematiche non valutate nelle determine VIA favorevoli nei precedenti procedimenti. La Lipu altresì chiede di esprimere agli stessi dirigenti: «parere negativo in merito alla sistemazione idraulica dell’ultima procedura alla luce delle sue osservazioni». Ai dirigenti del servizio Assetto e Territorio e dell’Ufficio Attuazione Paesaggistica si chiede: «di sottoporre ad autorizzazione l’intero progetto dell’Ati-Tradeco-Cogeam e non solo la sistemazione idraulica». Non è escluso che ci sia un magistrato a Trani o Bari che voglia veder chiaro sulla storia infinita di Grottelline.

mercoledì 11 dicembre 2013

SPINAZZOLA AVEVA APPENA 31 ANNI IL GIOVANE FOTOGRAFO MORTO PER UN TUMORE
I clic di Francesco Spinelli densi di umanità tra realtà e voglia di vivere

AVEVA SUPERATO LE SELEZIONI LEICA AWARD 2013
di Cosimo Forina
Spinazzola è una città che ormai convive con il dolore, ma non si rassegna. Attonita e silenziosa, piange i suoi figli migliori strappati ai sogni e al futuro, interrogandosi se è solo casualità la loro morte o se a determinarla è qualcosa che ha ammorbato il suo ambiente: nell’aria, sul suolo o nelle sue viscere. Ancora una volta la città si è nuovamente fermata per dare l’ultimo volto ad un altro giovanissimo angelo salito al cielo, in quell’angolo di paradiso destinato ai giusti. Si chiama Francesco Spinelli il giovane scomparso a soli 31 anni; la “Gazzetta” si era occupata della sua arte, delle sue fotografie, di quegli scatti che sapevano cogliere l’attimo e le espressioni dell’anima, o raccontare nella diversità della sua luce il territorio agreste, la vita dei campi e del mare. Prima di ogni terapia, era proprio il mare a dargli forza. Francesco è stato un artista vero, puro, che non ha conosciuto compromessi: sapeva comunicare come pochi nella poesia composta da immagini le emozioni più intime. Nutriva la grande speranza di vincere la sua battaglia per la vita e continuare a disegnare con il colori il mondo. Purtroppo, non è andata così. Viene da gridare basta per questi lutti che straziano ed hanno reso inerme un’intera comunità. Viene da urlare quel bisogno di verità che significa controllo a medio e lungo raggio del territorio dove i dati sui tumori sono ben chiusi nei cassetti, ma dove-anche-tutti hanno ormai certezza e non più sensazione del loro vertiginoso aumento. Occorrerebbero maggiori controlli sull’ambiente per cercare quel nemico invisibile che uccide e che ancor peggio potrebbe essere frutto di mani assassine che hanno strappato un’altra giovane vita, recisa nella bellezza della sua fioritura. Il rispetto che si deve ad ogni perdita e a questo dolore di una intera comunità che si è stretta vicino alla famiglia di Francesco, invece, soffoca in questo momento ogni ribellione interna per lasciare spazio alle lacrime inarrestabili che solcano i volti. Di Francesco resteranno indelebili il suo sorriso e i suoi scatti, la forza di affrontare ogni avversità. In lui c'è tutto l’esempio di quella fierezza di chi sa restare se stesso, anche affrontando da uomo libero il proprio percorso di esistenza. I suoi lavori più recenti e più volte premiati, mostravano tutta la loro purezza e profondità; avevano superato la selezione per il “Leica Photographers Award 2013”, ed era stato lui stesso, con orgoglio e nella sua umiltà ad annunciarlo nella sua pagina facebook commentando così: “grazie, Leica...amici, date un’occhiata a questa pagina ...e se gradite, cliccate sul mi piace”. Fotogrammi accompagnati da questa descrizione: “Innocenza, la negazione della Libertà è pura violazione della vita, un atto di vera Fede può essere talvolta il risultato di una pura Follia, ma il Desiderio salva dalla Disperazione ed è in questa sospensione dell’animo che bisogna correre incontro all’Inatteso, spesso anche voltando le spalle. Il dominio e il controllo di tutte queste negatività portano alla consapevolezza, alla riconquista della fiducia in se stessi, alla ricostruzione dell’identità, alla riscoperta della speranza e finalmente alla Libertà”. Francesco Spinelli sapeva leggere come non altri quel mondo che lo circondava e che amava rendere eterno nella cromia dei suoi bianco e nero, o nei colori della tavolozza della natura. Giù nella “via dell’arte”, nei pressi del campo sportivo dove sono stati realizzati diversi Murales da vari artisti della città questa estate, il primo è stato dedicato dagli amici di infanzia, di sempre, a Francesco, era il loro modo di dirgli di continuare a lottare. Nella sua pagina di facebook, resteranno per sempre le centinaia di messaggi che tutti hanno voluto lasciare per salutare l’ultima volta chi ora dal cielo, non mancherà di sorridere ancora, tra uno scatto al sole e alle stelle. Accompagnando, spronando alla reazione, affrontando le peggiori avversità della vita, Spinazzola vuole verità. Si è fermata. Ed ora, con gli occhi al cielo, dovrà cercare anche Francesco. Una nuova stella che brilla e veglia la sua città.

giovedì 7 novembre 2013


AMBIENTE E SALUTE
“Fuochi” anche sull’altopiano
Un allarme sui traffici di rifiuti fu anche lanciato dal presidente della Coldiretti di Spinazzola Michele Lovaglio
Anche il sindaco di Spinazzola. Scelzi, parlò a Radio News24 di traffico notturno di camion in zone impervie
TRAFFICO DI RIFIUTI TOSSICI NUOVE OMBRE SULLA MURGIA
Ma non ci sono solo le dichiarazioni del pentito Schiavone
di Cosimo Forina
Spinazzola
Per sedici anni si è scelta la secretazione dell'audizione del pentito Carmine Schiavone il quale ha parlato del traffico dei rifiuti capaci di uccidere nell’arco di vent’anni intere popolazioni. Rifiuti interrati, occultati in diverse Regioni, tra le altre la Campania, Puglia, Molise, Lazio, Calabria. A distanza di qualche giorno dal 31 ottobre, da quando la presidente della Camera Laura Boldrini con questa motivazione ha reso noto il documento della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esse connesse della XIII legislatura, del 7 ottobre 1997:“lo dovevamo in primo luogo ai cittadini delle zone della Campania devastate da una catastrofe ambientale cosciente e premeditata: cittadini che oggi hanno tutto il diritto di conoscere quali crimini siano stati commessi ai loro danni per poter esigere la riparazione possibile”, si è scatenato il putiferio. Da una parte si è voluto immediatamente screditare le affermazione del boss pentito, dall’altra si è aperta la caccia ai veleni. Di certo, credibile o non credibile Schiavone, per sedici anni, sedici, lo “Stato” ha scelto di tenere le bocche cucite. Ed a voler pensare ad una necessità della magistratura, questi sedici anni, davvero sembrano tanti anche nella lungaggine che ha incancrenito il sistema della giustizia. Ma poi quelle di Schiavone davvero erano e sono rivelazioni shoch tanto da sostenere un così lungo segreto di Stato? Che la Puglia è la Murgia, governata dall’ex componente della commissione antimafia, Nichi Ventola, già due volte commissario straordinario all’emergenza ambiente, siano state bersaglio dei trafficanti di morte attraverso i rifiuti è cosa nota, ancor prima delle dichiarazioni di Schiavone. E probabilmente lo sono, visto quanto dichiarato dall’ex sottosegretario agli interni del Governo Berlusconi, Alfredo Mantovano: “quello che dice Schiavone risale a tanti anni fa. Sarebbe meglio dedicarsi ai fatti più recenti, invece di rincorrere frasi vecchie e senza riscontri”. E quindi, perché secretare? A raccontare del traffico di rifiuti interrati ci si era messo altro pentito eccellente, Salvatore Anacondia. Ed anche le sue affermazioni, lo ricordano i magistrati di Trani, non trovarono riscontro. Ma la sensazione, almeno nella popolazione che qualcosa aveva ammorbato l’ambiente, era avvertito, specie in ragione della impennata di tumori nella zona. Per trovare riscontro che sulla Murgia mondezza di ogni tipo aveva avvelenato il territorio, bisogna arrivare all’azione del pubblico ministero Renato Nitti, in quel di Santeramo che formula il 2001 un rinvio a giudizio: «Abbandonavano rifiuti, sui fondi rustici, aree recintate, lungo le strade del circondario, realizzando discariche abusive» per diversi imputati che nel 2005 verranno condannati a pagare più di novanta milioni di euro al ministero dell´Ambiente. E 20mila euro ciascuno alle associazioni ambientaliste Wwf e V.A.S. che, costituite parte civile, hanno rappresentato nel processo la Provincia di Bari, i Comuni di Bari, di Mola, di Valenzano e di Modugno. E questa la prima volte che si giunge a sentenza per reati ambientali in violazione della legge Ronchi. Ma di rifiuti versati sul territorio della Murgia se ne parla anche a Gravina, fanghi provenienti da aziende di trattamenti. Mentre per la storia nostrana, di dove i Casalesi, la camorra, potrebbe aver trovato sponda, ovvero la Murgia per i suoi traffici, ne parla anche Enrico Fontana, responsabile dell'Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente e presidente del consorzio Libera Terra Mediterraneo nella trasmissione “Blu Notte Misteri Italiani”- “Navi a Perdere” condotta da Lucarelli. Non è solo questa la conclamazione, perché il 3 aprile 2007 il presidente della Coldiretti di Spinazzola Michele Lovaglio durante l’incontro svoltosi nella sala Innocenzo XII, avverte, con coraggio e senza mezzi termini, che la sua organizzazione nazionale ha lanciato l’allarme del pericolo di interramento di rifiuti proprio nei terreni di Spinazzola e della Murgia. E a cercare i primi riscontri si presenta chiedendo documentazione, anche un magistrato, Donato Ceglia della procura di Santa Maria Capua Vetere. Ma c’è di più, perché è lo stesso sindaco di Spinazzola, Carlo Scelzi, a parlare di traffico di camion notturni in zone impervie durante la trasmissione radiofonica di Radio News24 all’indomani dell’aggressione subita dal giornalista Alessio Di Palo, il quale aveva partecipato ad un incontro in città pochi giorni prima contro l’insediamento della discarica a “Grottelline”. E poi è agli atti di un processo sulla gestione dei rifiuti in città, la dichiarazione resa al Comando Carabinieri di Andria, di chi si era rifiutato di far sparire un camion che avrebbe simulato una rottura davanti alla discarica Bleu di Canosa di Puglia. Ed ancora, sempre per restare in tema di Spinazzola, ecco arrivare eco-balle nelle cave di bauxite, come i fanghi provenienti dal depuratore di Bari. Sarà pure Schiavone un pentito i cui racconti sono alla ricerca di riscontri. Ma i silenzi puzzano quanto i veleni che ancora oggi, senza che vi sia stata nessuna bonifica e ricerca della verità, gettano più ombre che luci anche sulle istituzioni.

domenica 27 ottobre 2013

Spinazzola: Domenica scorsa a Poggiorsini anche un Sit-in di cinque parlamentari del Movimento Cinque Stelle
GROTTELLINE, LA DISCARICA APPRODA IN COMMISSIONE EUROPEA
L’interrogazione dell’on. Silvestris contro la decisione della Regione
di Cosimo Forina
La discarica che si vorrebbe costruire a Grottelline passa ora all’attenzione dell’Unione Europea. L’on. Sergio Silvestris (Gruppo PPE) ha presentato una interrogazione con cui si richiama attenzione alla valenza del sito, alla necessità della sua tutela, richiedendo alla Commissione Europea la valutazione di una apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia ed in particolare verso la Regione Puglia per violazione della Direttiva 2009/147/CE. Nonché scrive il parlamentare pugliese: «se in considerazione dell’importanza del sito neolitico di Grottelline si intenda avviare il riconoscimento di sito di interesse comunitario (SIC) e se in considerazione della presenza di numerose specie di uccelli selvatici intende avviare il riconoscimento di zona a protezione speciale (ZPS)». «La Regione Puglia - riscontra Silvestris - ha approvato di recente il piano dei rifiuti, il quale prevede la realizzazione di una discarica nel Comune di Spinazzola (BT). Il 14 ottobre del 2013, il Consiglio Comunale di Spinazzola ha approvato una delibera che evidenzia le ripercussioni che avrebbe sul territorio la realizzazione di tale discarica e l’impatto sia sull’agricoltura che sull’attività zootecnica. L’area è zona ad interesse archeologico,storico e culturale, così come sostiene la stessa Regione Puglia nel piano paesaggistico territoriale regionale, la quale ha individuato nella località Grottelline un geosito, con una evidente contraddizione di intenti. La cava individuata oltretutto intercetta una fitta rete di alvei fluviali, i quali creano grandi accumuli idrici all’interno della stessa, dal momento che non sono concluse le opere d’impermeabilizzazione. Ciò provocherebbe un inquinamento delle falde sottostanti, con conseguenti danni ambientali». E’ questo l’ennesimo richiamo verso un sito che la Regione Puglia, guidata da Nichi Vendola, con continuo atto di imperio, superando ogni perplessità già espresse nel passato, basandosi sulla teoria delle carte apposto, spesso quando non sparite, composte e ricomposte all’occorrenza, continua ad indicare come luogo dove fare l’immondezzaio. E dove poter chiudere, cementificando il territorio, il ciclo dei rifiuti attraverso il loro trattamento». Contro la discarica a Grottelline, che in se racchiude il fallimento del ciclo dei rifiuti in Puglia, perplessità vengono ora espresse all’unisono. Domenica scorsa anche cinque parlamentari del Movimento Cinque Stelle hanno tenuto un Sit-in nella città di Poggiorsini. E non certo perché anche loro risultano colpiti dalla sindrome racchiusa nell’acronimo “Not In My Back Yard”, “Non nel mio cortile”. Grottelline merita di essere protetta, valorizzata, conosciuta per la sua valenza: ambientale, paesaggistica, storica, archeologica. E questo oggi unisce ogni espressione politica che in modo trasversale va dal Pd a Pdl anche in ambito regionale. L’on. Sergio Silvestris attivando la Commissione Europea ha richiamato al rispetto e alla tutela del territorio e questo è un bene per le piccole città di Poggiosini, al confine con le cave che si vorrebbero riempire di monnezza e di Spinazzola che partendo dalla sua località più remota potrà farsi conoscere attraverso la sua storia.

venerdì 18 ottobre 2013

L’AFFARE RIFIUTI
SCHIARITA PER IL SITO ARCHEOLOGICO
SINDACI IN PRIMA LINEA
A manifestare il dissenso il sindaco di Spinazzola, Nicola Di Tullio, e quello di Poggiorsini, Ignazio Di Mauro
SCRIGNO DI RISORSE
Nella circostanza sono state evidenziate le peculiarità storico-archeologiche, paesaggistiche e naturalistiche del sito
PER «GROTTELLINE» SEI MESI DI TREGUA
Spinazzola, salta il Piano di accorpamento degli Ato che restano sei (uno per Provincia)
di Cosimo Forina
È nel coraggio di mostrarsi di questa Donna, la “D” in maiuscolo è voluta, malata di cancro in chemioterapia senza più capelli, col sguardo fermo e sofferente, le lacrime a solcargli il viso, rimasta in piedi in silenzio, guardando negli occhi il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e l’assessore all’ambiente Lorenzo Nicastro che si è chiusa la fase dell’emergenza dei rifiuti durata quindici anni. Lei è una tra i tanti che portano il segno della sciagurata scelta delle discariche che hanno avvelenato interi territori della regione. Il suo è quello di: Mola di Bari, Conversano e Rutigliano, su cui sta indagando la magistratura. Dove è sempre in funzione un immondezzaio e potrebbe aggiungersi altro. Il Consiglio regionale ha approvato con 37 voti favorevoli e 17 contrari, con la protesta fuori dall’aula di chi rivendicava il diritto alla vita, il nuovo Piano di Rifiuti che abbandona la scelta dell’incenerimento dell’ex governatore Raffaele Fitto per passare alla raccolta differenziata. Una raccolta fin qui fallimentare, supportata dal ciclo della biostabilizzazione del rifiuto con ancora uso dei buchi sul territorio, discariche, definite con il gioco delle parole, ma non nella sostanza, di “soccorso”. Dove lasciare a perenne dimora quanto nella società opulenta non si è ancora capace di riutilizzare. Al voto in aula, sulla proposta del nuovo Piano dei Rifiuti di Lorenzo Nicastro, si è giunti dopo oltre nove ore di “lavoro ”. Trascorsi tra aggiustamenti, analisi, emendamenti. In quelle pagine, la storia non scritta di una Regione che in materia di rifiuti ha visto scorazzare e mettere le mani, spesso, imprenditori senza scrupoli e delinquenti. Fenomeni spesso sfiorati dalle cosiddette “eco-mafie”. Nel nuovo Piano dei Rifiuti oltre alla discarica «Martucci», a Conversano, anche quella di «Grottelline», a Spinazzola, che l’assessore Lorenzo Nicastro si è affrettato nell’imbarazzo per quegl’occhi sofferenti che lo scrutavano, a specificare essere due realtà diverse. La prima in funzione, l’altra ancora da definire. Per poter continuare Nicastro ha chiesto alla signora in piedi tra il pubblico di sedersi, di accomodarsi come gli altri. Già, se pur espressione di un lungo ed elaborato percorso la presentazione del nuovo Piano dei Rifiuti non poteva continuare con quello sguardo che cercavano risposta al futuro. Sicuramente non dei prossimi 17-20 anni come il Piano prevede, solo nella certezza del domani. Per Nicastro, momento già vissuto, quando nella massima assise regionale, tra il pubblico, vi erano i bambini anche loro in chemioterapia, malati di Taranto, mentre i “grandi” discutevano della sorte che sarebbe toccata all’Ilva. La grande acciaieria che ha ammorbato e avvelenato per anni. Ed i “grandi” eletti del governo regionale hanno deciso, almeno momentaneamente, che gli Ambiti Territoriali Ottimali (Ato) della Regione Puglia resteranno sei. Uno per provincia. Anche perché, così è previsto dalla legge 24/2012 e proprio le carte in tavola non potevano essere cambiate come avrebbe voluto il capogruppo Michele Losappio (Sel) che di Ato in tutta la Regione ne avrebbe voluto uno solo. Mediazione che potrebbe durare solo sei mesi, perché alla proposta di Losappio poi ritirata, è sopraggiunto un ordine del giorno di Nichi Vendola, il governatore che tranquillizzato i suoi, ha prospettando un tavolo di discussione a riguardo. Nell’aula, ad attendere, a negoziare con tutte le forze politiche, affinchè prevalesse la logica e il rispetto delle volontà del territorio il sindaco di Spinazzola Nicola Di Tullio, il quale di certo in qualche momento non l’ha mandato a dire pur ripreso ed invitato al silenzio dal presidente del Consiglio Onofrio Introna. Il sindaco di Poggiorsini Ignazio Di Mauro ed il presidente della Provincia Barletta-Andria-Trani Francesco Ventola. Provincia che la maggioranza di centrosinistra avrebbe voluto accorpare in un unico Ato con quello di Bari, proposta respinta per un emendamento del PDL, perché su quel versante non ci sono discariche ed impianti funzionanti sul territorio. Ed in emergenza si stanno usando quelle del nord Barese. Dopo dieci anni, finalmente, «Grottelline» di Spinazzola non è più un punto insignificante sulle carte. Indicata nel passato dalle amministrazioni della città, nelle loro pagine oscure, come luogo dove fare la discarica. Nata prima come a servizio di un paese, poi per il Bacino Ba/4 di 200mila persone e che ora la si vorrebbe a servizio dei desiderata della Regione. Le peculiarità di quel tratto del territorio: archeologico, ambientale, naturalistico, paesaggistico, unitamente alle sue criticità idrogeologiche, idrologiche e geomorfologiche hanno portato a far affermare all’assessore Nicastro: «la discarica di Grottelline è un impianto per il quale sono cominciati i lavori, ma non ha mai ricevuto alcuna autorizzazione. Non faremo nulla di più di quello che la gerarchia degli atti ci chiede » . E da qui si riparte
LE REAZIONI
In consiglio regionale nessuno conosceva la località da «sacrificare»
AUMENTANO LE VOCI IN DIFESA DEL SITO
Nel Consiglio regionale che ha approvato il nuovo Piano sui Rifiuti, nessuno, fatta eccezione del consigliere Michele Losappio, quando da assessore all’ambiente nel 2007 venne a tagliare simbolicamente il nastro dei lavori della discarica, prima che questa venisse sequestrata, conosceva materialmente la località “Grottelline ”. Nemmeno il governatore Nichi Vendola, il quale ancora una volta a memoria, ha recitato in aula, quanto già ripetuto alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti (2 febbraio 2011): «Grottelline. La parola avrebbe dovuto evocare qualche problematica geomorfologica: se si chiama Grottelline forse ci sono le grotte, ma siccome la valutazione di impatto ambientale non era prevista a monte, ma a valle, ho dovuto dopo affrontare a valle tutti i problemi della localizzazione». Tuttavia in difesa della località inserita nel nuovo Piano Rifiuti ancora come discarica, ferme si sono levate posizioni trasversali. Ed è bene che la città di Spinazzola le conosca, perché nel passato si è assistito a “No” alla discarica divenuti “Si” come nella precedente amministrazione Comunale di centrosinistra. A difendere Grottelline, nel consiglio regionale Ignazio Zullo, capogruppo del Pdl, che ha ricordato la valenza del sito e alcune delle vicissitudini che hanno caratterizzato la sua storia. Situazione che ha chiosato affidandola alla frase di Andreotti: «A pensar male si fa peccato però spesso ci si azzecca» a cui è seguita l’affermazione: «scegliendo di fare a Grottelline la discarica si è tarpato le ali dello sviluppo a quel territorio». Altrettanto fermo l’intervento del consigliere Giacinto Forte (Centro Democratico) il quale ha ricordato proprio a Vendola che non poteva non sapere della valenza del sito di “Grottelline” per averne lui finanziato la campagna di scavi condotti dall’Università di Pisa nel 2005 che hanno portato alla scoperta del sito Neolitico. E come anche sottolineato da Zullo, Forte ha marcato, utilizzando tutta la documentazione prodotta anche nelle osservazioni fatte giungere in Regione da Legambiente, presidente Francesco Tarantini presente in aula, le criticità del sito e la sua valenza: A partire dall’area Neolitica, chiesa rupestre, presenza del falco lanario, valenza paesaggistica, monumentale e problematiche idrogeologiche, idrauliche e geomorfologiche. Bollando su quando avvenuto fin ora come il comportamento che ben si racchiude nella metafora delle tre scimmiette: “non vedo, non sento, non parlo”. Alle fermezza manifesta dai diversi consiglieri di opposizione si è aggiunta quella dei consiglieri del Pd Fabio Amati e Ruggero Mennea. Nel suo intervento Amati ha parlato del caso Grottelline: «non come una fotografia reale, ma di un fotomontaggio». Tant’è che con Mennea ha presentato un emendamento all’ordine del giorno, votato all’unanimità.
VENTOLA «GIUSTIZIA È FATTA»
Questa la dichiarazione Presidente della Provincia Francesco Ventola dopo l’approvazione del Piano Regionale sui Rifiuti dove con un emendamento presentato dal gruppo consiliare del Pdl, poi approvato dall’unanimità del Consiglio regionale, è stato sventata la possibilità di accorpamento gli Ato Bat e Bari, su cui lo stesso Consiglio provinciale della Bat, riunitosi nelle scorse settimane in seduta monotematica e straordinaria, si era espresso in maniera fermamente contraria, alla pari dell’assemblea dell’Ato Bat, composta dai dieci Sindaci della Provincia. Una battaglia vinta, dunque, per il Presidente che già pochi giorni dopo l’approvazione in Giunta regionale del Piano Rifiuti (con conseguente accorpamento degli Ato), aveva lanciato un coro di protesta. Nel ribadire la sua contrarietà e l’inutilità di “Grottelline” ha ulteriormente sottolineato: “Giustizia è fatta. L’approvazione dell’emendamento che mantiene inalterati i sei Ambiti Territoriali Ottimali della Regione Puglia era un atto dovuto. Non si poteva continuare a penalizzare un territorio come il nostro, in passato già molto spesso bistrattato. Accorpare l’Ato Bat a quello di Bari, come ho più volte ribadito in questi mesi, significava consentire ad un territorio diverso dal nostro di supplire alle proprie carenze in ambito ambientale, conferendo da noi i propri rifiuti».

giovedì 10 ottobre 2013

IL CASO ALL’INCONTRO CON L’ASSESSORE NICASTRO ED I CAPIGRUPPO ANCHE IL SINDACO DI SPINAZZOLA
Discarica a Grottelline confronto aspro in Regione
di Cosimo Forina
Ha rischiato il cartellino rosso, il sindaco Nicola Di Tullio, quello dell’espulsione, per veemenza e schiettezza durante l’incontro dei capigruppo ieri in Regione, con l’assessore Lorenzo Nicastro. Finalizzato ad ulteriori approfondimenti sul nuovo Piano regionale dei rifiuti che prevede la discarica a «Grottelline». Di Tullio ha scelto di non parlarne. Preferisce mettere a punto atti necessari a difesa del sito. Per gli altri presenti, l’incontro nella sostanza, che avrà un proseguo questa mattina in forma ristretta, senza sindaci e presidente della Provincia Bat, Francesco Ventola, è quella che l’immondezzaio a Spinazzola lo si vuole per forza. E’questo perché si è affermato: «Spinazzola non ha mai eccepito nulla in passato per far si che la discarica non si realizzasse » . Fatto inequivocabile. Dopo la firma del contratto nel 2006 di Nichi Vendola all’Ati Tradeco-Cogeam, l’amministrazione guidata dal Pd con tono di Verde di Carlo Scelzi in effetti, non si è mai preoccupata di opporsi con nessun atto all’immondezzaio. Nella cronologia dei documenti di questa storia, dove ad esempio mancano le delibere mai pubblicate del consiglio comunale contro la discarica, l’unico investimento fatto dal Pd per dire «no» (4 maggio 2006) è stato di 10,30 euro. Un telegramma inviato al governatore Vendola durante la campagna elettorale che portò alla vittoria di Scelzi. Questo il testo: «Intera cittadinanza e partiti Unione tutti sono estremamente preoccupati et stato agitazione per decisione presidente G.R. sottoscrizione contratto per realizzazione discarica zona Grottelline interessata da importantissima presenza villaggio neolitico in attesa apposizione vincolo archeologico ai sensi del decreto legge 42 del 22.1.2004. chiedesi immediata revoca provvedimento at fine evitare incessante protesta. L’Unione Spinazzola». Dopo, nulla di significante. Specie quando a giungere a Spinazzola, accompagnato dal dirigente Antonello Antonicelli, l’assessore regionale dell’e poca all’ambiente Michele Losappio. Il quale, riunita la giunta e i segretari politici di maggioranza nella stanza del sindaco Scelzi, ebbe a dire: “La discarica privata (sempre a Grottelline richiesta da Columella per rifiuti speciali ndr) è stata bloccata, la pubblica Spinazzola deve tenersela. Adesso, capite, comandiamo noi». Dopo questa bella uscita, pranzo presso l’agriturismo San Vincenzo di Spinazzola. Andato di traverso a Losappio, il quale, incalzato a tavola dal «no» a nessun immondezzaio, preferì andar via dopo aver
fugacemente mangiato l’antipasto. Ma riavvolgiamo il nastro della vicenda. Perché non si è fatta opposizione in passato? Difficile da definire. Di certo da queste parti dove i diritti diventano speranza, si è persino creduto alla favola che non opporsi potesse almeno portare alla non chiusura dell’ospedale. Un po’ come si è lasciato intendere ultimamente con il completamento della Sp «3» tratto Minervino-Spinazzola e il fantomatico 30% sull’ecotassa come ristoro ambientale. Ed una telefonata il tal senso, di soprassedere alla chiusura del locale nosocomio, in effetti arrivò da Vendola all’allora direttore della Asl Maurizio Portaluri. Ospedale dopo qualche anno comunque chiuso. Nella riunione dei capigruppo, nonostante Legambiente ha elencato tutte le criticità del sito, gravi, fin qui non analizzate, è emerso che questo immondezzaio lo si vuol comunque. Ed a nulla vale, insistere sulle criticità. Quanti anni sono passati. Legambiente ha dimostrato quello che in vero Scelzi aveva di già ascoltato. Ovvero quando Gianfranco Pazienza, ambientalista, venuto più volte a Spinazzola per conto di Nichi Vendola, invitava l’amministrazione a far giungere in sede di valutazione di impatto ambientale le sue, osservazioni sentita l’autorità di Bacino della Basilicata sulle emergenze del sito. «Politicamente - continuava a ripetere il buon Pazienza - non si può far nulla, agite con le osservazioni avete molte criticità da evidenziare» . Chissà se conserva gli appunti e i numeri di telefono cui rivolgersi il tecnico comunale presente agli incontri. In quei giorni il progetto, dopo la firma del contratto, eravamo nel 2007 approdava in sede Via per la prima volta. Senza spesa alcuna per la Regione e senza che l’Ati Tradeco-Cogeam, avesse iniziato lavori all’interno delle cave. Da Spinazzola, e qui hanno ragione in parte in Regione, niente. Nessuna osservazione. Anzi, avanti tutta con la discarica che prima non si voleva e di cui poi invece si approvavano ampliamenti, altri impianti legati al ciclo della mondezza. «Grottelline» ,però, non è un buco da riempire, lo sanno tutti o quasi. Non solo per le pubblicazioni scientifiche a carattere mondiale degli studi dell’Università di Pisa sul sito Neolitico scoperto nel 2004. Ma anche per il suo interesse naturalistico. Faunistico per la nidificazione del falco lanario, ma di cui ad oggi non si è provveduto a indire la valutazione di incidenza per estendere la zona Zps. Cosa resta da fare per convincere lo schieramento degli ancora favorevoli alla discarica avvinghiati sulla loro posizione in Regione? Si potrebbe stralciare dal nuovo Piano Rifiuti la discarica di Grottelline per effettuare più serene e approfondite valutazioni.

venerdì 4 ottobre 2013

Dopo le recenti prese di posizione da parte di Legambiente Puglia, rilanciata la questione riguardante la realizzazione della megadiscarica
«GROTTELLINE», UN INCUBO IDRICO
Resta ancora tutta da valutare l’incidenza sulle cave del reticolo idrografico

di Cosimo Forima
La nuova procedura di Valutazione di impatto ambientale, su Grottelline nasce monca. C’è da giurarci che in molti lo sanno, ma nessuno lo dice. Quando si parla della discarica che si vuole costruire a Spinazzola vale il motto illustrato delle tre scimiette: “non vedo, non sento, non parlo”. Con la stravagante nuova procedura VIA fin qui contestata dalle sole osservazioni di Legambiente, presidente regionale Francesco Tarantini geologo Francesco Bartucci, dall’ufficio tecnico di Spinazzola sorretto dall’arch. Cinzia Rotondella tutto tace mentre quello di Poggiorsini si appresta a presentare le sue, si sta cercando di far approvare una colata di cemento per porre argine al punto della lama dove l’acqua cade nella cava ed ha dato origine ad un lago. Un grande budello di calcestruzzo per intercettare le ondate di piena. L’area di intervento è vicina al sito archeologico Neolitico scoperto nel 2004 dall’Università di Pisa ed attigua alla chiese rupestre a croce greca con cinque absidi descritta nella relazione dell’archeologo Michele Sicolo. Senza contare che tutto il contesto del luogo ha valenza storica, architettonica, ambientale e naturalistica, però ignorata nel piano paesaggistico dell’assessore Angela Barbanente. Ma quel che è peggio, la tracimazione dell’acqua nella fossa già coibentata non è l’unica emergenza idrogeologica di Grottelline. Il sito “fa acqua” da tutte le parti. Come del resto il suo progetto sin dall’inizio nonostante i tanti tentativi di aggiustamenti. Eppure chissà perché quello che altrove dai tecnici sarebbe subito evidenziato come emergenze negative, sistematicamente per Grottelline viene ignorato. Di più, tutto corrisponde ai desiderata delle imprese che hanno avuto da Nichi Vendola la concessione dell’immondezzaio per vent’anni. Forse ancora Ati Tradeco-Cogeam (Columella per la Tradeco, al 51 per cento Marcegaglia SpA e 49 per cento Cisa SpA,). Perché forse? Nella seduta del 20/6/2012,
commissione parlamentare sui rifiuti, l’amministratore delegato Ati Cogeam, Antonio Albanese, a domanda del senatore Giampiero De Toni sul rapporto con il Columella così rispondeva: «i rapporti
sono attualmente intrattenuti esclusivamente dai legali, essendovi l’intenzione di cedere la propria partecipazione in Ati al Columella o ad altri
». È cambiata in questi mesi la compagine societaria? E perché nella stessa commissione Albanese affermava senza dare precisazioni: «Se al posto del Columella vi fosse stato un altro soggetto, l’impianto sarebbe stato già realizzato». Tralasciando l’ormai nota ricostruzione sulla storia fin qui della discarica: documenti spariti e poi ritrovati nel Comune di Spinazzola, memorie del computer trafugati in Regione che contenevano i dati di Grottelline, esposti ignorati come la relazione tecnica del Comune di Poggiorsini sulla condizione idrogeologica del sito, faldoni ricostruiti raccattando atti, evidenti pressioni per ottenere certificazioni dal genio civile come si legge nelle intercettazioni telefoniche legate al caso Alberto Tedesco ex assessore alla sanità di Vendola, vicino alla Tradeco, cambiamenti di vedute da parte dei politici locali prima contrari e poi favorevole alla discarica. Quello che davvero sorprende è proprio la “filosofia” del “non vedo, non sento e non parlo”. Ad Antonello Antonicelli dirigente dell’assessorato all’ambiente di Lorenzo Nicastro, responsabile del provvedimento della discarica, dal vice sindaco di Spinazzola Michele Patruno, con lui quel giorno l’assessore Savino Galantucci, quando ci si accorse del lago nella cava di Grottelline fu consegnato nel suo ufficio un Cd contenente il rilievo fotografico di tutta l’area. Scatti che qui proponiamo. Cosa raccontavano quelle descrizioni esatte? Che mentre l’acqua che tracimava dalla lama creava il lago nella particella 144, non presente nel primo progetto approvato in Regione che portò al primo sequestro della procura di Trani con il pm Michele Ruggiero, poi per magia diventata area verde in realtà cava dove mettere i rifiuti, altra acqua, in quantità superiore alla prima e con più violenza aveva percorso di netto tutta la parte centrale delle cave. Portando con se detriti sino a segnare il suo percorso come fosse il letto di un fiume in piena. Di questa situazione grave, commentata finanche guardando gli scatti ad uno ad uno sul monitor del computer di Antonicelli, nella nuova VIA nulla si dice. Nello studio della procedura nulla si vede e nel merito nessuno ne parla. Chissà perché. La prima osservazione che anche Legambiente si appresta ad evidenziare dopo aver ottenuto le foto, è questa: se la Regione approverà l’immondezzaio e quindi molte altre parti della cava saranno coibentate con argilla e teli tanto da essere impermeabili, con afflussi improvvisi della pioggia di quale dimensione sarà il lago che andrà a crearsi a Grottelline oltre a quello già esistente? E se si sarà proceduto a mettere mondezza nelle cave questa la si vedrà galleggiare? Legambiente reso noto il reticolo storico delle acque che scorrono in alvei intono alle cave che nella storia che ha portato all’immondezzaio sono sempre stati sistematicamente ignorati. Ma di nuovo c’è che l’acqua ha scelto, forse a dispetto dei sostenitori della discarica, di darsi una nuova direzione. Di questo vale la pena parlare subito, prima che il nuovo piano dei rifiuti concepito da Nicastro, cui non sarà mancato il supporto tecnico di Antonicelli vada in aula? O sarà necessario attendere come è stato per la stesura del primo progetto, che altri o le stesso magistrato, già intervenuto sul caso, vorrà vederci nuovamente chiaro? Quello che descrive l’autorità di Bacino della Basilicata con l’ing. Carmelo Paradiso giunto in Regione il 19-10-2012 su Grottelline è già fatto inquietante. Come quanto comunicato dall’Empli che avendo giurisdizione sulla vicina diga Lago di Serra di Corvo ha posto fermi ostacoli ad accogliere l’acqua, pur oggi solo stagnante nelle cave di Grottelline, nei suoi invasi. Figuriamoci quando questa potrebbe essere frammista al percolato di discarica. Ma vedendo con attenzione la sequenza fotografica si intuisce che molto vi è ancora da riflettere per quanti, scimiette a parte, stanno per lanciarsi con enfasi nell’ennesima valutazione dell’immondezzaio concepito per necessità 1990 dal Comune di Spinazzola quando le discariche poi vietate erano a cielo aperto e non controllate. Passate come panacea occupazionale, come per il Pd locale negli ultimi anni. Oggi sempre più esempio del fallimento del Piano dei Rifiuti fin qui operato e previsto dalla Regione.

LA GIUNTA VENDOLA IGNORA LE ISTANZE CHE ARRIVANO DAL TERRITORIO
La Regione come un rullo «La discarica si deve fare»
INTANTO MONTA L’OPPOSIZIONE DEL CENTRODESTRA

“Grottelline sa da fare” questo l’atto di imperio della Regione a cui si opporranno il Pdl, capogruppo Ignazio Zullo e Giacinto Forte Moderati e Popolari. L’odg che sarà portato per l’approvazione al consiglio regionale è stato partorito all’interno della V° commissione, proposta della maggioranza consigliere Michele Ventricelli. Nonostante le osservazioni fatte da più parti contro gli impianti e il “no” fermo e deciso del Comune di Spinazzola, dei sindaci della Bat e della Provincia. Un testo che Francesco Ventola ha definito “allucinante”. Perché ha davvero dell’incredibile, offensivo per la città e il territorio, che andrebbe classificato umoristico se la vicenda non fosse davvero seria nelle sue prescrizioni. Ed infatti: «la realizzazione delle strutture edilizie sarà resa conforme alla tipologia costruttiva dei manufatti rurali caratterizzanti la zona di riferimento». Come a dire che i capannoni industriali previsti nell’area di Grottelline saranno resi simili alle masserie risalenti ai Templari o quelle più recenti del XVI secolo. Ma dai! Ancor peggio prosegue il documento: «dovranno essere velocizzate le procedure di realizzazione del tratto incompleto della strada «R6Z (oggi «Sp 3» ndr) tra Minervino e Spinazzola, al fine di ridurre gli impatti ambientali dei mezzi di trasporto che conferiranno all’impianto». Ma la Sp3 non era ferma per via dei siti archeologici scoperti a Minervino o la si teneva, lasciando in sofferenza la città di Spinazzola, come merce di scambio per far dire “si” alla discarica? Proprio l’altro giorno il consiglio provinciale aveva dato mandato al suo presidente Ventola per adire a tutela dei cittadini facendo in modo che i lavori sospesi potessero ripartire, sentita la soprintendenza. Ma arriviamo alle ultime chicche finali: “il 30% del gettito dell’eco -tassa introitato e derivante dai conferimenti degli Rsu nella discarica di Grottelline, deve essere destinato alla realizzazione di interventi di riqualificazione ambientale della zona interessata dalla presenza dell’impianto». E da ultimo: «sarà istituito un tavolo composto dal Presidente dell’OGA Bat, dai sindaci dei comuni interessati, dagli uffici Regionali per la valutazione di puntuali misure di mitigazione/compensazione ambientale oltre a quanto previsto dai procedimenti autorizzativi in corso di definizione. Le attività svolte saranno comunicate alla V Commissione Ambiente del Consiglio regionale che valuterà l’opportunità di far partecipare propri rappresentanti». Siamo al mercimonio, allo scambio, al baratto su di una città che impoverita di tutto dovrebbe soccombere tenendosi la discarica. Vero, ha ragione il presidente Francesco Ventola, tutto questo è «allucinante».

RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI RESPINTA LA SOSPENSIVA CHIESTA DALLA TRADECO
«Bye bye Tradeco». Il Tar di Bari ha respinto la richiesta di sospensiva presentata dalla società di Altamura (gruppo Columella) contro il nuovo servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti di Spinazzola affidato in estensione del contratto dell’Aro alle società: Impresa Sangalli Giancarlo & C. srl e Società Ecolife srl, che già operano a Canosa ed Andria. Promossa in sede cautelare, quindi, la procedura adottata dal Comune, sostenuta dagli avvocati Giuseppe De Candia e Giorgia Franco. A doversi ricredere, almeno per il momento (questo l’accordo assunto in consiglio comunale tra il sindaco Nicola Di Tullio e il capogruppo del Pd Nicola Lagreca), saranno le opposizioni che aspramente avevano criticato l’iter intrapreso sul nuovo servizio ritenendolo illegittimo. La città volta pagina, uscendo da una situazione per la quale, a causa di una bassa raccolta differenziata (poco più del 4%) era finita nella black list dei comuni poco ricicloni della Puglia. La Tradeco lascia dopo oltre sette anni caratterizzati da non poche polemiche. Come il mancato avvio dell’isola ecologica finita all’attenzione della procura di Trani, ma anche contestazioni che avevano portato al pagamento ridotto di alcune fatture, poi comunque saldate per intero, per un servizio prestato non corrispondente agli obblighi contrattuali. Come già programmato, prima del ricorso, l’amministrazione comunale si appresta ad incontrare nei prossimi giorni i cittadini, ai quali verrà spiegato come si svolgerà il nuovo servizio e come sia necessaria la collaborazione di tutti per ottenere il massimo risultato, ed evitare così la pesante gabella dell’eco-tassa imposta, per la ridicola differenziata, dalla Regione. Non sarà un lavoro semplice, quello di far cambiare consuetudini ai cittadini abituati a buttare nei cassonetti i loro rifiuti senza differenziarli. A tutti gli operai che prestavano servizio con la Tradeco è stato assicurata continuità del posto di lavoro, con aumento di ore retribuite, da utilizzare per garantire maggiore igiene in città.

martedì 24 settembre 2013

BENI CULTURALI
LA MURGIA CHE NON TI ASPETTI
ATTACCHI DI OGNI GENERE
Le rupi interessate dalle primitive forme d’arte sono state anche pesantemente incise dai chiodi di improvvisati rocciatori
DIFFUSA INDIFFERENZA
L’intervento atteso della Sovrintendenza fino ad oggi non c’è stato. E così i reperti ritrovati sono dispersi in vari luoghi
CAVONE, INCISIONI RUPESTRI A RISCHIO
Spinazzola, studiate dall’Università di Pisa ma poi dimenticate dal Comune
di Cosimo Forina
Cosa c’è di più prezioso se non le testimonianze del passato? Eppure del patrimonio storico e archeologico della città e del suo territorio sembra che si possa fare impunemente scempio. Sulla Murgia, in località “Cavone ”, zona Parco, in un rifugio scavato nella roccia nel 2006 sono state scoperte delle incisioni databili all’Età dei Metalli. A leggerne lo studio condotto dall’Università di Pisa pubblicate sul Bullettino di Paleontologia del 2008 la loro unicità avrebbe dovuto quanto meno imporre la loro tutela e conservazione. Ed invece sulla parete in cui sono contenute sono spuntati una infinità di perni da alpinisti, ben piantati sui massi, utilizzati probabilmente da scalatori della domenica che proprio li hanno deciso, ignari almeno si spera, di esercitarsi nelle loro specialità. Proprio così. C’è da chiedersi chi può aver autorizzato l’impresa e come mai la zona non sia stata segnalata ed interdetta da simili attività.
Sul riparo delle incisioni come sul sito limitrofo dell’Età del Bronzo portato in luce contemporaneamente qualche anno fa, l’Ente Parco dell’Alta Murgia ha previsto un progetto per rendere il tutto fruibile. Il Comune di Spinazzola invece dopo aver finanziato in parte la ricerca dell’Università di Pisa non ha poi fatto nulla successivamente per la tutela e la valorizzazione. Vero, questo non rappresenta una novità. Basti pensare alla infinità di reperti archeologici che scoperti sul suo territorio, finanche nel cuore della città, dal Neolitico di Grottelline, Età del Bronzo del Garagnone e Castello, Santissima epoca Romana, per incuria e sentenza del magistrato sono finiti regolarmente per mancanza di un museo, ma questo non rappresenta giustificazione solo amara colpa, negli scantinati, pardon, depositi della Sovrintendenza tra Gravina ed Altamura. Che brutta condanna per la città depredata delle sue testimonianze. La Murgia non è nuova a raccontare la presenza dell’uomo organizzato in forma stanziale nei millenni, tanto con villaggi arcaici che con particolari sepolcri e architetture rupestri che giungono sino ai nostri tempi. Le incisioni di Spinazzola rappresentano forse la prima forma di scrittura o esposizione grafica se si preferisce, in cui viene narrata la sua organizzazione e convivenza con esseri simili, con il mondo animale e vegetale che lo circondava. Ma queste cose per il loro valore storico e culturale, valle a spiegare a chi ha mostrato finqui inadeguatezza. Ed in vero per queste antichità non è che bella figura ci ha fatto nemmeno la Sovrintendenza. Tra un balzello e l’altro, oltre a portarsi via ogni reperto rinvenuto, non ha mai inteso riconoscere, fin qui, come per legge, nulla a chi ha segnalato la scoperta. L’Università di Pisa sulle incisioni era arrivata a queste conclusioni: «nel caso del Cavone
tuttavia l’associazione tra stelle, clessidre, losanghe e antropomorfi sembra essere del tutto contemporanea e voluta nella realizzazione di una scena il cui significato resta ignoto: potrebbe essere una cerimonia, o una scena di caccia, ma si potrebbe ipotizzare addirittura l’evocazione di una battaglia tra gruppi diversi». C’è dell’altro? Con la Murgia che cela ancora integra la sua storia c’è sempre dell’altro. Non molto lontano dalle incisioni e dai ritrovamenti dell’Età del Bronzo sono state rilevate, da ultimo, mostriamo qui alcune fotografie, alcune pietre allineate come a costituire dei recinti. Da escludere una qualsiasi similitudine con i muretti a secco tipici della Murgia. Potrebbe trattasi di altre interessanti aree archeologiche che andrebbero persino a coincidere con alcune delle ipotesi avanzate dall’Università di Pisa. Il dilemma per lo scopritore questa volta è se vale la pena segnalare da subito il tutto alla Sovrintendenza o meno. Il rischio che se verrà rinvenuto
qualcosa, ancora una volta i reperti verrebbero portati via da Spinazzola. Altra possibilità è attendere che il Comune si doti di un museo dove conservare i reperti. Ed un progetto in tal senso è stato presentato dall’attuale amministrazione e pare essere giunto persino ad un buon punto nel suo iter di approvazione. Certo la curiosità di sapere cosa cela la terra anche in queste ultime e casuali osservazioni è tanta. Però l’idea di veder passare tutto sotto il naso e veder arricchita ulteriormente altra città a discapito di Spinazzola non rallegra affatto. Ai primitivi della Murgia, che da qualche millennio riposano tranquilli probabilmente toccherà ancora attendere prima di essere testimoni del loro tempo. In questa epoca, tempi amari per il disamore fin qui mostrato per la storia, meglio non rischiare. Per gli arrampicatori domenicali si auspica che siano fermati prima che con i loro trapani e chiodi, producano altri irreparabili danni al patrimonio della città come quelli causati dall’incapacità e dall’indifferenza.

SPINAZZOLA LE PARTI SALIENTI DELLO STUDIO EFFETTUATO DALL’UNIVERSITÀ DI PISA
«SIMBOLI ATTRIBUIBILI ALL’ETÀ DEI METALLI»
Ecco le parti salienti dello studio sulle incisioni di Spinazzola condotto dell’Università di Pisa: «il lavoro presenta le recenti ricerche svolte in località Il Cavone, a Spinazzola, dove è stato individuato un piccolo riparo sotto roccia nel quale un masso con superficie lisciata reca numerose sottili incisioni. Sul pianoro soprastante sono stati condotti saggi archeologici che hanno rivelato la presenza di un insediamento dell’età del Bronzo. Sulla base delle associazioni dei simboli e dei confronti, la maggior parte delle incisioni è attribuibile all’età dei Metalli». La similitudine tra Spinazzola e gli altri siti: «Tutti questi simboli trovano agevolmente confronti nell’arte rupestre del Levante spagnolo, della Francia meridionale e in alcune località della Liguria e dell’arco alpino: sono comuni a parecchi siti gli antropomorfi schematizzati, anche quelli con mani e piedi evidenti, i reticoli, gli zig-zag contrapposti, le file di losanghe, le frecce, i pentacoli e le clessidre, i pettiniformi o alberiformi. In alcuni casi, soprattutto nella Penisola Iberica, sono ben riconoscibili scene di caccia al cervo o scene di battaglia, ma quasi sempre le sovrapposizioni sono complesse e l’identificazione dei rapporti non è sempre agevole, tanto più che spesso si trovano incisioni di epoche diverse fino ad età recenti. In via preliminare si può osservare che molti dei soggetti individuati nel masso inciso del Cavone trovano confronti puntuali in vari siti dei Pirenei orientali (Peyra Escrita, Formiguères, Font-Roja, Caixas), dell’Hérault (Grotte aux Oiseaux), e in diverse grotte dell’Ariège (Sainte-Eulalie, Grand-Père, ecc.) dove sono presenti tutti questi simboli, molto spesso organizzati in scene complesse. Particolari risultano le associazioni di antropomorfi con uomini a vicino al capo: per essi si può citare a titolo esemplificativo il confronto con una figura della Grotta di Sainte-Eulalie, per la quale è stata avanzata l’ipotesi di un guerriero che tiene in mano una testa tagliata. Anche al Monte Bego sono numerosi gli antropomorfi raffigurati: si hanno
moduli a semplici, moduli filiformi con mani e piedi, segni a pettine antropomorfo. In Liguria, all’Arma della Moretta e a Orco Feglino, si trovano figure a freccia e antropomorfi filiformi che in alcuni casi sembrano impugnare armi. Sovrapposizioni di incisioni sono note anche in Lunigiana (Toscana): nella Grotta di Diana presso Canossa si distinguono figure a balestra, reticoli e coppelle. Per l’Italia centro-meridionale si conoscono soprattutto figure in genere isolate o non raggruppate, sovente dipinte in rosso, piuttosto frequenti verso la Maiella e in Umbria1». La datazione: «gli elementi incisi individuati, per lo stile e l’iconografia, con molta probabilità possono essere ricondotti ad un momento dell’età dei Metalli, tra Eneolitico ed inizi dell’età del Bronzo, ma la datazione di questi complessi è ancora problematica per la maggior parte dei casi, dato che alcuni di questi simboli come i pentacoli e i cruciformi continuano fino in epoca storica». Ma cosa rappresentano: «l’ipotesi che si tratti di una cerimonia potrebbe essere avvalorata dalla presenza dei
personaggi isolati alle estremità sinistra e destra della composizione, nonché dal fatto che delle quattro figure centrali, che sembrano distese, due abbiano la testa ben evidenziata a disco raggiato o a triangolo e stelle a cinque punte evidentemente connesse al corpo. Gli altri personaggi disposti intorno sono in movimento e potrebbero simulare una danza. Inoltre la fitta presenza di clessidre, stelle a cinque punte e file di losanghe nell’area dove sembra svolgersi la parte centrale della scena riveste verosimilmente un significato simbolico. Un raffronto relativo a una probabile scena cerimoniale potrebbe essere istituito con lepitture in rosso del Riparo di Pacentro (Aquila) dove un gruppo di personaggi ammantati sembra trovarsi in atto di preghiera: una figura con braccio teso si trova isolata poco distante dal gruppo». La seconda ipotesi: «un riferimento invece ad una scena di caccia o a un sacrificio potrebbe essere visto nel recinto che racchiude lo zoomorfo e verso il quale sembrano correre quattro figure in movimento. Un altro zoomorfo si trova all’estremità destrae sembra “cavalcato ” da un piccolo antropomorfo e sparsi su tutta l’area vi sono numerosi segni pettiniformi che potrebbero al limite essere considerati stilizzazioni di cervi». Terza supposizione: «una scena di guerra potrebbe altresì essere tenuta in considerazione per il fatto che personaggi provvisti di ornamenti sembrano essere armati e circondare i quattro distesi. Scene di caccia, di guerra e di vita quotidiana sono ben note soprattutto nell’arte levantina, ma con stili differenti da questa in esame; molti simboli tuttavia sono comuni ad un vasto areale e indicano l’insorgere di nuove concezioni che riguardano nuovi aspetti sociali e ideologici. Si può notare che spesso, nelle scene di gruppo, si distingue un personaggio centrale, più ricco nei dettagli degli altri e che potrebbe simboleggiare una gerarchia o un guerriero eccezionale. Nel caso del Cavone si distinguono bene i personaggi con ornamenti e armi, quelli in posa di orante e quelli con particolari speciali (testa a maschera, doppio simbolo antropomorfo, stella o clessidra associata).Ovviamente l’interpretazione è molto difficile, ma sembra probabile che tutto il complesso si riferisca piuttosto a una sorta di cerimoniale in cui sono evidenti le differenze tra i vari personaggi, cerimoniale che appare controllato dalle figure isolate ai margini e reso evidente dall’abbondanza di simboli. Resta complicato inoltre spiegare il significato dell’associazione degli zoomorfi con gli uomini e la fitta concentrazione di simboli nello spazio centrale delimitato dagli antropomorfi».


domenica 8 settembre 2013


CAPORALATO
SPINAZZOLA, I NUOVI «SCHIAVI»
LA SISTEMAZIONE
I più hanno trovato sistemazione nel «Ghetto», villaggio in abbandono di Borgo Boreano a confine tra Palazzo San Gervasio e Venosa
I CLANDESTINI
Tra i braccianti agricoli migranti, molti sono già clandestini. In tanti, però, lavorano in Italia, specie nel nord, come metalmeccanici
GLI «INVISIBILI» INVADONO I CAMPI
Sono quasi duemila i braccianti agricoli migranti giunti per la raccolta del pomodoro
di Cosimo Forina
SPINAZZOLA. Senza solidarietà domina il caporalato. E qui l’illegalità ha vinto: per complicità, sottomissione e indifferenza. C’è un mondo di invisibili ridotti in schiavitù che spinti dalla necessità del lavoro è disposto ad accettare condizioni disumane. E’ il popolo dei braccianti agricoli migranti, braccia per lo più di giovani del Burkina Faso, Mali, Costa D’Avorio, Ghana e Sudan, arrivati in quasi duemila anche quest’anno per la raccolta del pomodoro e non solo. I più hanno trovato sistemazione nel villaggio in abbandono di Borgo Boreano a confine tra Palazzo San Gervasio e Venosa ribattezzato«Il Ghetto».
Altri, sono sparsi in masserie diroccate o nei casolari di campagna, anche di Spinazzola, circa 500, i pochi ancora in piedi dopo l’ordinanza del sindaco del 2011 che così intendeva attuare la sua azione
di respingimento: senza corrente elettrica, servizi igienici, acqua potabile.
Per gli «invisibili» tutto ha un costo. Per essere portati sui campi dove spaccarsi la schiena dall’alba al tramonto: 5euro. Per una tanica in plastica, contenitori di prodotti chimici agricoli, in cui poter tenere l’acqua da bere: dai 3 ai 5euro. Per ricaricare la batteria del telefonino: dai 10 centesimi ad un euro. Per una improvvisa corsa in ospedale: dai 10 ai 15euro. Le braccia, i lavoratori migranti, sono approdate qui poco prima del 15 agosto per ripartire a metà ottobre, provenienti da Nardò (Le) dove hanno raccolto angurie.
Caricati come bestie da soma in quindici-venti su furgoni senza finestrini sono già stati usati nella raccolta delle cipolle tra Margherita di Savoia, Zapponeta e Chieuti. Ore estenuanti di viaggio, senza conoscere la meta. Ed ora è la volta del pomodoro, dei peperoni, poi ci sarà la raccolta degli agrumi a Rosarno (Reggio Calabria) e per gli stessi schiavi impegnati nel raccolto della patata novella a Cassibile una frazione di Siracusa, il girone infernale sembra non avere fine.
Per loro non ci sono diritti, assistenza, se non quella offerta dal volontariato.
L’unica legge da rispettare è quella imposta dal caporale che paga 3,50euro a cassone pieno di pomodori per incassarne 6 dall’agricoltore. Un giro di affari vertiginoso nella più totale illegalità. Il calcolo medio del 2011 ha rilevato che su 600 ettari coltivati a pomodoro a Palazzo San Gervasio gli agricoltori hanno pagato circa 1.600.000 euro per la raccolta, di questi ben 700mila sono finiti nelle tasche del caporale, dei suoi sottotenenti e di chi sfrutta all’interno del gruppo dei lavoratori i suoi stessi concittadini. Trecento gli ettari di pomodoro quest’anno a Spinazzola.
Strane cose succedono nei campi, si denuncia a filo di voce, se si vuole fare di testa propria, senza passare dal giogo del caporale può succedere di tutto. Già strane cose. E di persone scomparse, come il ritrovamento di qualche cadavere non è di certo mancato sulla terra di nessuno.
La mappatura degli ettari coltivati a pomodoro anche quest’anno tra la provincia di Potenza e quella di Barletta-Andria-Trani ben potrebbe indicare la forza lavoro necessaria alla raccolta dell’oro rosso. Ed invece le assunzioni regolari sono bel al disotto di ogni parametro matematico. Tra i braccianti agricoli migranti, molti sono già i clandestini, in tanti però lavorano in Italia specie nel nord come metalmeccanici. A partire dalla crisi del 2008 gli ex operai si sono trasformati per ragione di sopravvivenza in braccianti. Dopo la rivolta di Rosarno i migranti avevano ottenuto un permesso di soggiorno per due anni, prossimo in scadenza. Per chi non potrà dimostrare di aver lavorato, per mancanza di ingaggio, si prospetta la via della clandestinità. Ancora una volta la terra degli schiavi parla di umiliazioni.
Nel 2009 è stato chiuso il centro di accoglienza di Palazzo S. Gervasio capace di ospitare ed offrire
servizi anche a 500 persone. Trasformato in Centro Identificazione ed Espulsione (CIA) con la modica spesa di qualche milione di euro, la struttura è inutilizzata.
Dal 2009 ad oggi la precarietà dei lavoratori migranti tra Spinazzola e Palazzo San Gervasio è aumentata in modo vergognoso. Aumentate le azioni di respingimento. L’illecito ha incancrenito un
territorio dove valori e morale avevano ancora un senso. E forse ancora un senso c’è, se si smettesse di girare la testa dall’altra parte, rendendo questi lavoratori uomini visibili.

« L’INDIFFERENZA AGEVOLA LO SFRUTTAMENTO DEI LAVORATORI DA PARTE DEI CAPORALI CON CONSEGUENZE DISUMANE»

La relazione dell’Osservatorio Migranti di Palazzo San Gervasio fotografa il dramma sul territorio

A voler reagire alla condizione disumana in cui versano i lavoratori migranti il comune di Spinazzola, che nei giorni scorsi ha presentato con l’assessore Giuseppe Blasi e l’associazione Onlus «Michele Mancino» Osservatorio Migranti Basilicata di Palazzo San Gervasio la relazione conclusiva del progetto di accoglienza in favore dei lavoratori agricoli stagionali migranti 2012. Unica rappresentanza sindacale presente la Flai-Cgil da sempre impegnata nei confronti dei lavoratori, mentre a dare inspiegabilmente buca la «Coldiretti» e la «Cia».
Ed è toccato a Gervasio Ungolo, della «Michele Mancino» fotografare il dramma sul territorio: «dopo la chiusura del Centro di Accoglienza di Palazzo San Gervasio, il fenomeno sembra essersi spostato presso Borgo Boreano. Le condizioni di lavoro, i contratti, le basse remunerazioni, agevolano lo sfruttamento dei lavoratori da parte del caporalato, con conseguenze a dir poco aberranti per la dignità di queste persone. Ridotte in condizione di vera e propria schiavitù». Nel corso del 2012 la provincia Barletta-Andria-Trani ha finanziato su richiesta e coordinamento del Comune di Spinazzola, purtroppo non reiterato per il 2013, interventi per migliorare la condizione dei migranti. Il territorio di Spinazzola e quello di Palazzo San Gervasio rappresentano il confine tra due province, quella della Bat e quella di Potenza. Il primo rilievo posto in evidenza la disparità di attenzione tra migranti che stazionano dall’una o dall’altra parte, pur in casolari lontani pochi metri.
Mentre sul versante Lucano vi è possibilità di dare assistenza, nel versante pugliese i diritti sono maggiormente negati. Da questo la necessità di un incontro tra le due province a fine di programmare interventi congiunti. Sul versante Spinazzola, quando a guidare la città era il centrosinistra, nel corso del 2011 vi è stato un aumento sistematico di controlli e azioni di respingimento dei migranti. Questo ha portato ad una maggiore presenza di persone in agro di Palazzo San Gervasio. Il progetto del Comune, gestito dalla “Michele Mancino” si è spinto nel dare servizi alle persone di tipo legale ed informativo. Oltre ad uno sportello informativo fisso si è raggiunto i lavoratori nei campi offrendo loro principalmente informazioni. Come sulla sanatoria (decreto legge 109/2101), progetti di rimpatrio assistito, disponibilità alla Sportello Unar, assistenza legale, consulenza legale sul lavoro. Informazioni diffuse anche con diversi stampati tradotti in più lingue. Così come si è cercato di sensibilizzare le imprese agricole nella lotta al caporalato.
La Flai-Cgil provinciale con Gaetano Riglietti ha insistito sul richiamo alla legalità, denunciando lo sfruttamento dei lavoratori, la mancanza di tutele che alimentano una enorme evasione fiscale e contributiva. A sostegno di tale posizione quella di Vincenzo Damato e Domenico Guglielmi, sempre della Flai-Cgil, i quali hanno insistito sulla necessità di agire sull’imprenditore agricolo che deve es-sere costretto in qualche modo al rispetto delle regole contrattuali. A concludere il vicesindaco Michele Patruno: «Non è con l’azione repressiva che è possibile risolvere questo problema. Le imprese non in buona fede potrebbero trovare soluzioni per aggirare i vincoli. E’ necessario sensibilizzare le associazioni di categoria, gli imprenditori e informare in maniera capillare i lavoratori in merito alle opportunità previste dalle normative». Da questo la proposta da parte di Patrono di organizzare a Spinazzola il convegno “Educhiamo alla Legalità”, finalità: divulgare le informazioni rispetto alle normative vigenti. Contro l’odiosa presenza del caporalato a Spinazzola si è scelto di creare coscienza nei lavoratori, studiare forme di accoglienza e di supporto. Pesa la disattenzione della Regione che nonostante sia stata sensibilizzata sul problema ha scelto di non esserci e di puntare la sua attenzione in altre zone come quella del foggiano dove maggiore è la presenza dei migranti. Ma qui si vuole dare riscatto a chi nonostante privazioni, umiliazioni ed amarezze riesce, come i ragazzi di Borgo Boreano, ad accoglierti con un sorriso.

lunedì 2 settembre 2013

ALLENDE, L’IRONIA CONTRO I CANNONI
di Carlo Vulpio
La Lettura (Corriere della Sera, 1 settembre 2013)
11 settembre 1973, il golpe di Pinochet insanguina Santiago
Medico, massone, atleta, socialista libertario, fu presidente del Cile per mille giorni, poi fu abbattuto dai militari appoggiati dagli Usa. Al generale che gli intimava la resa chiese come stava con il cuore. Poi lo sfidò: dica al suo capo di venirmi a prendere di persona

Furono, quelli di Salvador Allende, presidente socialista del Cile, mille giorni che meritano di essere raccontati e studiati ancora oggi in tutto il mondo come una lezione di storia e di politica. Perché furono mille giorni in cui il Cile – un Paese povero, ma ricco di risorse (soprattutto rame e salnitro) e geloso della propria dignità – alimentò una speranza: sottrarsi alla scelta obbligata di finire sepolti o sotto le macerie materiali e morali del «socialismo reale» di stampo sovietico oppure sotto la odiosa «democratura» di élite finanziarie internazionali senza scrupoli e senza controllo.
Questa speranza, questo progetto politico non velleitario, ma forte di una storia che vedeva il Cile come una delle più antiche e stabili democrazie del mondo («il cui Parlamento – come disse lo stesso Allende in un applauditissimo discorso all’Assemblea dell’Onu nel 1972 – non ha mai interrotto la sua attività dal giorno della sua istituzione, centossessanta anni fa»), vennero disintegrati dallo scellerato colpo di Stato militare dell’11 settembre 1973. Un colpo di Stato «in diretta», con il presidente Allende che, asserragliato nel Palazzo della Moneda, a Santiago, insieme con i suoi fedelissimi, alle 7:55 del mattino comincia a parlare al popolo cileno attraverso la radio e lo informa minuto per minuto su cosa sta accadendo, fino a quando, bombardato il palazzo dall’aviazione e poco prima che se ne impadroniscano i golpisti assassini, esattamente alle 9:10, Allende rivolge al Cile il suo ultimo discorso e poi sceglie di darsi la morte con un colpo di fucile.
Quel discorso «non ha alcun precedente storico, perché mai è stato pronunciato un addio come quello, sulla soglia della morte, e poi perché fra tutti i grandi discorsi politici del secolo scorso, da John Kennedy a Martin Luther King a Charles De Gaulle, quello di Allende fu l’unico discorso improvvisato». Lo sostiene Jesùs Manuel Martìnez, spagnolo, docente all’Università Cattolica del Cile e autore di Salvador Allende. L’uomo. Il politico (Castelvecchi, 325 pagine, 22 euro). «Quel discorso – dice ancora Martìnez – è eterno ed è la “colonna sonora” di questo libro». Che, diciamolo subito, è una biografia accurata, minuziosa, partecipe e lucida, basata su fonti di prima mano e in parte vissuta in prima persona dall’autore, che di Allende è stato anche amico. A riprova della robustezza dell’opera, qualora ve ne fosse bisogno, una bibliografia di 95 titoli e un indice dei nomi di sei pagine.
Sullo svolgimento dei fatti e sui responsabili del golpe – l’amministrazione americana guidata da Richard Nixon, «le multinazionali minerarie del rame, la magacompagnia telefonica Itt, una cellula del governo degli Stati Uniti diretta dal consigliere per la Sicurezza nazionale Henry Kissinger», anche se quest’ultimo ha sempre negato il suo coinvolgimento – è stato scritto e detto (quasi) tutto. Poco si sa, invece, dell’uomo Allende, della sua vita privata, della sua famiglia, della sua formazione umana e politica, del suo carattere. Su questo versante, la biografia di Martìnez è davvero il libro che mancava. Ma prima di vedere come aveva cominciato Salvador Allende, occorre ancora dire qualcosa su come finì. Se non altro perché il protagonista negativo della storia fu la prima potenza mondiale, gli Stati Uniti, che infatti, prima con il presidente Gerald Ford nel 1974 e poi con la Commissione senatoriale Church nel 1975, non poterono che ammettere il proprio intervento in Cile per sabotarne l’economia e demolirne la democrazia. E tuttavia, nonostante questa ammissione, leggendo «la massa di documenti» si resta allibiti e indignati, scrive Martìnez, «di fronte all’arroganza, all’ignoranza e all’incompetenza di organismi e servizi che pretendevano di governare il mondo».
La giustificazione, posticcia, fasulla, fondata su malferme ragioni di Realpolitik dovute a un mondo spaccato in due dalla guerra fredda, è sempre stata quella di evitare che in America latina si formasse «una seconda Cuba». Quando invece da sempre Allende aveva escluso la via castrista per il Cile, rifiutando la geniale idea della sinistra comunista di istituire anche in Cile i soviet operai e contadini «come in Russia» e affermando fino alla noia che «non è rivoluzionario chi, con la forza, riesce a comandare temporaneamente, ma chi, giungendo legalmente al potere, trasforma il senso e la convivenza sociale, le basi economiche del Paese».
Queste parole, frutto genuino della su avversione ai totalitarismi, del suo essere non violento, marxista non ortodosso, socialista libertario e anti-leninista, contrario al monopartitismo e alla dittatura del proletariato, costeranno care ad Allende durante i suoi mille giorni di governo. Quando era già chiaro dove si andava a parare, i comunisti cileni, gli stessi che potevano vantare tra i propri militanti il premio Nobel Pablo Neruda e che erano al governo con cattolici e radicali nella Unidad Popular guidata da Allende, chiesero aiuto a Leonid Brežnev e organizzarono un incontro a Mosca tra i presidenti dell’Urss e del Cile. Ma il compagno Brežnev fu gelido. «Ogni rivoluzione – disse ad Allende – deve sapersi difendere». Allende non ebbe bisogno di altre parole, si alzò e chiuse lì l’incontro, ma poiché era davvero un hombre vertical fece ricorso alla sua professione di medico per ricambiare la cortesia: «Diagnosticò a Brežnev una forte influenza e gli consigliò un periodo di riposo», racconta Martìnez.
Ecco, questo episodio è soltanto uno dei tanti che rendono meglio l’idea dell’uomo Allende, detto Chicho, proprio come il diminutivo italiano Ciccio, da cui deriva. Un uomo che si dichiarava orgogliosamente «medico, massone e pompiere», che modellò la sua vita professionale e politica su quella del nonno, medico e massone pure lui, benvoluto e ricordato da tutti per l’abnegazione verso i più poveri.
Da ragazzo, al liceo, Salvador era stato campione nazionale giovanile di decathlon e di nuoto e come medico e politico coltivò l’idea fissa della salute per tutti (in un Paese che negli anni Quaranta aveva la mortalità infantile più alta del mondo), un tema che fu al centro della sua tesi di laurea e della sua prima, breve esperienza da ministro della Sanità e che gli valse il plauso pubblico dell’autorevole padre gesuita Alberto Hurtado, proclamato santo nel 2005, e più avanti dell’intera Compagnia di Gesù, «che in Cile, dall’inizio del XX secolo, è stato il vero motore di cambiamento – scrive Martìnez – per il suo altissimo livello sociale, intellettuale e professionale».
Su Allende, dice Martìnez, sono state riversate tonnellate di immondizia. Per fortuna era uno uomo di spirito e «grazie al clown che era in lui» spesso riuscì a neutralizzare i denigratori con una battuta, una trovata. Aveva una barca a remi, la fecero diventare uno yacht (fu El Mercurio, il giornale di Augustìn Edwards, concessionario in Cile e vicepresidente mondiale della Pepsi Cola, il cui presidente era Donald Kendall, uno dei grandi patrocinatori della carriera politica di Nixon…). Allende rimorchiò con l’auto la sua barca fino a Santiago e la «varò» davanti al Palazzo della Moneda. Anni prima, da senatore, dopo uno scambio reciproco di contumelie, aveva anche trovato il modo di affrontare in duello con la pistola il collega Raùl Rettig (ma nessuno dei due fece centro), che lo stesso Allende nel 1970 avrebbe nominato ambasciatore in Brasile. «Ma la mattina del golpe superò se stesso», ricorda Martìnez. A uno dei generali traditori, che gli intimava la resa, Allende chiese come stava con il cuore, visto che da poco aveva avuto un infarto, e come stava la sua signora. Il generale rispose con garbo e con un certo imbarazzo. Poi gli riferì il messaggio del capo dei golpisti, il noto criminale che per tutto il libro Martìnez di proposito non nomina mai. Salvador Chicho Allende rispose così: «Gli dica di non fare il finocchio e di venire a prendermi di persona».
11 settembre 1973 – Salvador Allende
9:10 A.M.
Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell’Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri. Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!
Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.
Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi
Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista
Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all’allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere.
Erano d’accordo. La storia li giudicherà
Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi
Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento
Santiago del Cile, 11 Settembre 1973



venerdì 23 agosto 2013


SPINAZZOLA:
SEI ANNI PER UN PIANO GIÀ SUPERATO
CITTÀ PENALIZZATA
Perché si vuole privare Spinazzola della sua storia e del riconoscimento che si deve a luoghi così importanti?
SCAVI ARCHEOLOGICI NON RILEVATI
La scheda degli ambiti paesaggistici omette luoghi di interesse carsico come il «Cavone» e nulla riporta delle scoperte archeologiche
PIANO PAESAGGISTICO SOLO UN «COPIA-INCOLLA»
Il nuovo strumento urbanistico ricalca la vecchia stesura
di Cosimo Forina
SPINAZZOLA. Come ignorare, carte alla mano, la storia di una città e del suo territorio. Il 2 agosto 2013 la Giunta Regionale ha adottato il Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia. Sei anni di lavoro dell’assessorato che fa capo ad Angela Barbanente con delega alla Qualità del territorio - Assetto del Territorio, Beni Culturali, Urbanistica, Politiche abitative. A detta dall’assessore, il nuovo documento è fondato su una cartografia aggiornata e con notevole capacità di dettaglio: “siamo passati da una scala 1 a 25mila, ad una scala 1 a 5.000. Questo consente di avere una dimensione adeguata perfino alla pianificazione comunale e capace di offrire informazioni sulle caratteristiche del paesaggio che si intende valorizzare.
IL VECCHIO PIANO
Del vecchio Piano Paesaggistico Territoriale è stata conservata la classificazione della tutela: idrogeomorfologica (territori costieri, vicini ai laghi, ai corsi d’acqua, lame, gravine, grotte); ambientale (boschi, macchie, aree umide, pascoli); antropica e storico- culturale (immobili, aree di notevole interesse pubblico, zone archeologiche, paesaggi rurali)”.
Come avviene per questi casi, meglio andarsi a leggerle le carte (http://www.paesaggio.regione. puglia.it/), perché un Piano Paesaggistico oltre che partire dal passato, incornicia il presente e proietta, segnandolo, il territorio nel futuro.
LA FOTOGRAFIA
Una fotografia in dettaglio del territorio. Per quel che riguarda Spinazzola e non solo, questa risulta come stampata su carta seppia, in un bianco e nero di pressappochismo. Una delusione. In buona sostanza non si è andati oltre il copia incolla del vecchio Putt e sei anni per far questo, anche per i più semplici, sono tanti. Infatti, la scheda degli Ambiti Paesaggistici (5.6Ambito Alta Murgia) oltre ad omettere alcuni luoghi di interesse carsico come il “Cavon e ” nulla riporta di quanto recentemente scoperto sul territorio.
Nelle tavole che accompagnano il documento: “la struttura di lunga durata dei processi di territorializzazione: dal Paleolitico all’VIII sec. a.C.” Spinazzola come Poggiorsini sono del tutto assenti. Perché, nonostante in modo straordinario il territorio racconta ben 10mila anni della presenza dell’uomo in forma stanziale?
COPIA E INCOLLA
Che in Regione ci si sia limitati al copia incolla dal Putt lo si deduce anche dal nome delle strade riportate in sigla nel Piano, definite statali o regionali lì dove la denominazione è mutata in provinciale. Proviamo a fare sintesi su cosa non c’è di rilevante nel nuovo “Ptrp”. A Grottelline, sito nel territorio di Spinazzola a confine con Poggiorsini dove la Regione vorrebbe far realizzare una mega discarica di rifiuti, l’Università di Pisa tra il 2004-2005, scavi condotti dalla prof.ssa Renata Grifoni Cremonesi, ha portato alla luce un villaggio Neolitico (VI millennio a.C.). Nel nuovo Piano non si fa menzione. Il sito fu segnalato da Giovanni Pofi il 13 maggio 1998, ma era già conosciuto in parte da Vinson e descritto da lui in “Ancient roads between Venosa and Gravina”. Come riportato dal prof. Fedele Raguso in:“Storia antica: il popolamento, monte Falicato e la via Appia” e con Marisa D’Agostino in “Poggiorsini, Signoria della Murgia”. Agli scavi è seguito l’imposizione del vincolo archeologico. A pochi metri del sito Neolitico, oltre ad una chiesa rupestre a croce greca con cinque absidi, vi è la Masseria “Viti ” o “Grottellini” territorio di Poggiorsini. Casale in possedimento dei Templari documentato sin dal 1197. Masseria dichiarata monumento di grande interesse e tutelata ai sensi della legge 1089 del 1939. Ed anche di questa non vi è traccia nel Piano.Strano no! Altro vincolo archeologico ignorato quello della Rocca del Garagnone, riferito agli scavi condotti dalla dott.sa Donato Venturo tra il 1997 e 1998. Decreto di tutela del 12 settembre del 2000, sito dell’Età del Bronzo più esteso dell’Italia meridionale.
COSA MANCA
Il Piano Regionale si fa mancare archeologicamentedi tutto. Oltre ad ignorare gli scavi a Jazzo Fornasiello, territorio di Gravina, luogo ubicato sulla strada che porta a Spinazzola, Università Statale di Milano, prof.ssa Maria Castaldi, scoperta archeologica riconducibile al IV-V secolo a.C. nulla dice delle incisioni su roccia dell’Età dei Metalli, scoperte in località “Cavon e ” di Spinazzola. Affidate agli studi dell’Università di Pisa, pubblicati nel 2009 sul “Bullettino di Panteologia”. Nessun cenno anche per la Villa Romana scoperta in località “la Santissima” ma qui siamo come per Jazzo Fornasiello dopo l’VIII secolo a.C., ma è zona di gioia e dolori degli industriali del vento e del sole, che proprio li vorrebbero piazzare, come su altri coni paesaggistici attigui alle arre archeologiche, le loro pale eoliche e distese di specchi smembra paesaggio per portare a casa il loro business. Quello della Santissima ha visto impegnata l’Università di Foggia, scavi del 2005 diretti dalla prof.sa Maria Luisa Marchi. Non da ultimo il Castello di Spinazzola, nel cuore del Borgo Antico.
L’ETÀ DEL BRONZO
Qui la Sovrintendenza, la dott.Giuseppina Canosa ha portato alla luce altro villaggio dell’Età del Bronzo. Appare singolare che non vi sia traccia di tutto questo nel nuovo Piano Paesaggistico della Regione, come anche quanto disposto il 10 agosto 1992 dal soprintendente archeologico di Taranto, Giuseppe Andreassi. Ovvero, l’interesse oltre dei siti: Garagnone, Castello, Grottellini, anche di Masseria Bosco, Quadrone, per le quali si intendeva imporre imposizione del vincolo ai sensi della L.1089/1939. Obbligo per il Comune di Spinazzola scriveva Andreassi di: “provvedere alla segnalazione delle zone nel P.R.G. ed alla tipizzazione di esse con la prescrizione che tutti gli interventi che saranno effettuati nelle suddette aree dovranno essere preventivamente autorizzate da questo Ufficio”.
LA STORIA NEGATA
Di tutto il nulla. Perché tanto è negato a Spinazzola e la si vuole priva di storia e del riconoscimento di luoghi così importanti? A partire dal 5 settembre sarà possibile per chiunque far giungere in Regione osservazioni sul nuovo Piano Paesaggistico. Il Comune di Spinazzola farà giungere le sue?
PERRONE: «UN’ESIGENZA CAUSATA DAL PERIODO ESTIVO»
L’ANCI PUGLIA CHIEDE .UNA PROROGA PER LE OSSERVAZIONI AL PIANO PAESAGGISTICO

Con riferimento al nuovo Piano Paesaggistico Territoriale della Puglia (PPTR) adottato dalla Giunta regionale con delibera del 2 agosto 2013, n.1435 e pubblicato il successivo 6 agosto 2013 (n.108, BURP), l’ANCI Puglia, anche al fine di rendere concrete ed effettive le doverose e imprescindibili esigenze di controllo e partecipazione dei Comuni pugliesi al processo di perfezionamento del relativo iter amministrativo e politico di approvazione, chiede una proroga del termine fissato per la formulazione delle osservazioni e deduzioni di legge.“L’evidente opportunità di tale differimento, – sottolinea il presidente Luigi Perrone - anche in considerazione del carattere estivo di parte dell’arco temporale interessato, appare peraltro pienamente in linea con lo spirito del predetto Piano Paesaggistico, definito in termini di “Piano delle certezze e della trasparenza” dalla stessa Assessore Barbanente in sede di conferenza stampa di presentazione tenutasi, alla presenza del presidente Vendola, il 6 agosto scorso. L’ANCI Puglia è certa dell’accoglimento della presente richiesta di proroga, confidando nella sensibilità istituzionale delle Autorità regionali coinvolte e nel desiderio comune di confronto e collaborazione per garantire al territorio l’adozione di uno sviluppo durevole e sostenibile.