mercoledì 30 gennaio 2013


QUARANTADUE ANNI, EX OSPITE DI «CASA MICHELE», HA TAGLIATO L’IMPORTANTE TRAGUARDO
Quando la laurea in lingue e letteratura diventa un traguardo nella lotta alla droga
Non c’è seduta di laurea in cui non si manifesti emozione. Vuoi per la fine del percorso degli studi, vuoi per la soddisfazione di aver raggiunto la meta apparsa persino a volte lontana. In quella di A.C., 42 anni, discussa venerdì 25 gennaio, capirete dopo il perché della scelta delle sole iniziali, le ragioni sono state tante, ma soprattutto altre. In pochi infatti al momento della proclamazione del neo dottore in lingue e letteratura straniera sapevano, con consapevolezza, quello che era stato il suo percorso di studio e di vita. Non raccontiamo qui la storia di uno studente fuoricorso o di un lavoratore avanti negli anni che ha raggiunto il dottorato. Questa è storia inaspettata, di riscatto e di amore. il cui ricordo ha riempito gli occhi di lacrime, riportando le lancette dell’orologio del tempo esattamente a venti anni fa. Perché A . C. non è un neo laureato qualsiasi. Lui è stato il primo ragazzo, all’epoca ventiduenne, che nel febbraio 1993 fu ospitato in “Casa Michele”. Il centro di accoglienza per tossicodipendenti sorto a Spinazzola su iniziativa di Antonio Cicorella, Franco Raimo e Cosimo Forina. Una eccezione nel territorio. Una risposta. una luce di speranza nel deserto sociale per chi era in difficoltà. Diremo di più, fu proprio lui, A.C. ad aver avviato con la sua richiesta di aiuto: «Antonio se torno a casa sono certo che continuerò a farmi, voglio restare qui» l’inizio dell’ospitalità in forma residenziale nella casa in abbandono che l’associazione “Insieme” aveva ottenuto in locazione dal Comune di Spinazzola. Un ex “Lazzaretto” ubicato fuori città, luogo di sofferenza e morte, trasformato da Antonio Cicorella, il quale dedicò tutta il resto dei suoi giorni all’aiuto di altri ragazzi, in Casa di speranza e di vita. Sono stati 110 i ragazzi ospitati in poco più di due anni e mezzo di intensa attività di volontariato, esperienza terminata con la morte di Antonio Cicorella avvenuta il 27 settembre del 1995. L’esistenza di A.C. con l’arrivo a Spinazzola cambiò, passando dall’abbandono e dall’emarginazione a cammino sul sentiero di un nuovo senso della vita. «Dalla droga si può uscire e tornare ad essere degli uomini liberi», questa la filosofia di Casa Michele. Però nulla faceva presagire, per il vissuto di quel giovanetto, smarrito, timido ed insicuro, che sarebbe giunto un giorno il momento di vederlo in una aula gremita dell’Università di Bari per far conoscere tutto il suo sapere. Lo scorso venerdì “l’Uomo nuovo” A.C. che a causa della droga si era fermato con gli studi alla sola licenza di scuola media ha discusso la sua Tesi, con padronanza, esponendola in italiano, inglese, francese e con approfondimenti nel latino sulla: «Etimologia delle erbe aromatiche». Ben oltre il voto, a lui la lode, pur non avendola raggiunta nel percorso universitario. La scelta di autorizzare questo racconto riportando le sole sue iniziali è dettata esclusivamente dalla sua umiltà: «non è importante che io venga da tutti riconosciuto». Ma il nome per esteso ed il volto di A.C. invece è ben noto a quanti si rivolgono a lui per chiedere aiuto. Perché lui, oltre a studiare, nella città in cui vive, ha aperto un “Centro di ascolto e di orientamento” che gestisce a sue spese con la sua compagna. Finalizzato alla lotta contro tutte le droghe e l’uso di alcool specie tra i giovani. Venti anni fa A.C. dopo la permanenza in Casa Michele ha completato il percorso di recupero nella Comunità Incontro di don Pierino Gelmini. In seguito ha lasciato l’Italia per recarsi in Inghilterra facendone poi ritorno con quel sogno mai abbandonato: riprendere i suoi studi. Ed è riuscito prima a diplomarsi e poi, meravigliando ancor più tutti, a laurearsi. Nel fare sintesi della sua vita ha rivelato a chi ha condiviso la sua festa di laurea: «senza, Casa Michele di Spinazzola, senza di voi, Franco e Mimmo, che prima avete aiutato Antonio e poi con lui tutti noi, non so quello che sarebbe stata e se ci sarebbe stata la mia vita». Poi le sue parole si sono fatte carezze per i suoi genitori e verso chi con amore gli è accanto come sposa. Il traguardo raggiunto a 42 anni da A.C. è stato per chi diede vita a Casa Michele ancora una certezza. Quella che fu giusta scelta, pur sfidando ogni pregiudizio e ostacolo, aver compreso la necessità di dare una risposta all’emarginazione. Facendo argine al diffondersi della cultura dello sballo, lottando contro ogni droga. Soprattutto tendendo una mano di aiuto verso chi era in difficoltà. Testimonianza che trovò il suo punto di riferimento in Antonio Cicorella. Quella mano ora è ancor più stretta, e diventata abbraccio con chi a pieno titolo ha raggiunto, da uomo libero, il suo riscatto personale assumendosi a sua volta impegni nel sociale. A lui, al dott. A.C. gli auguri di questo nuovo traguardo

domenica 20 gennaio 2013


AMBIENTE
UNA NUOVA TUTELA

Veri e propri corridoi ecologici tra la Puglia e la confinante regione Basilicata
Area prioritaria per la Comunità Europea per la presenza dell’unica popolazione di «Salamandrina terdigitata» in Puglia
I valloni sotto il segno della «salamandrina»
La zona di Spinazzola diventa «Sito di importanza comunitaria»
di Cosimo Forina
Visti dal satellite i Valloni di Spinazzola sembrano radici che solcano il territorio. Il loro verde intenso contrasta con i campi manipolati dall’uomo a coltura prevalentemente cerealicola.
Da alcuni mesi questa terra, ancora per fortuna quasi del tutto incontaminata, è diventata un Sito di importanza comunitaria (Sic) andando ad accrescere la rete Natura 2000 della Puglia.
La ragione, oltre a numerose specie animali in questo eco-sistema, la si deve ad un piccolo anfibio endemico dell’Italia meridionale di grande interesse conservazionistico: la “Salamandrina Terdigitata”. Quello di Spinazzola è il primo sito noto per la Puglia. Il presidente del Wwf Puglia, Leonardo Lorusso, nell’annunciare questa importante scoperta così si esprimeva: «I soci del Wwf, in collaborazione con gli esperti della Societas Herpetologica Italica hanno studiato un autentico scrigno di biodiversità, nel comune di Spinazzola. La cosa più straordinaria è che si è attivato un processo bottom-up: i cittadini hanno segnalato, circostanziando con scientificità i luoghi meritevoli
di tutela. La Regione ha validato e avviato l’iter di istituzione di un nuovo sito di interesse comunitario». I “Valloni di Spinazzola” sono diventati così quella testimonianza da tutelare e rispettare. Ecco lo stralcio del documento che accompagna la richiesta di tutela: «L’area, posizionata nelle Murge Nordoccidentali, è caratterizzata da residui boschi mesofili e piccoli corsi d’acqua, circondati da seminativi. In detta area, sono state rinvenute specie la cui protezione è considerata prioritaria dalla Comunità Europea, tra cui l’unica popolazione di “Salamandrina terdigitata ” nota per la Puglia. La specie è stata riscontrata in un torrente perenne all’interno di una stretta valle caratterizzata da una perticaia di Cerro (Quercus cerris) assimilabile all’habitat delle “Foreste pannonico-balcaniche di quercia cerro-quercia sessile”. Il ritrovamento diquesta specie e di contingenti numerosi di “rana italica”, conferisce a questo sito un’elevata rilevanza erpetologica, anche in considerazione che, per le specie citate, rappresenta il limite dell’areale conosciuto. Il sito presenta inoltre popolazioni di altre specie di interesse conservazionistico e ospita anche specie ornitiche, assai rare o addirittura assenti dal restante territorio regionale (ad eccezione del Gargano e del Subappennino Dauno) quali: il picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), l’Allocco (Strix aluco), il picchio muratore (Sitta europaea), il pecchaiolo (Pernis apivorus). Tra i mammiferi, spicca la presenza del «Toporagno acquatico di Miller» (Neomys anomalus), ma sono state osservate anche tracce di istrice (Hystrix cristata), tasso (Meles meles), faina (Martes foina), e soprattutto del lupo (Canis lupus). I Valloni rappresentano dei veri e propri corridoi ecologici tra la Puglia e la confinante Basilicata. L’area, inoltre, appare di rilevante valore per il parco Regionale “Valle dell’Ofanto” essendo ubicata alle sorgenti del torrente Locone il cui corso è inserito in parte nell’area parco». Non sarà tra l’altro sfuggito, certamente ai più, che all’interno della descrizione si giunge anche a determinare la presenza del lupo in forma stanziale sul territorio. Una ricchezza. L’insieme delle aree protette Parco dell’Ofanto, Parco della Murgia, oggi la zona Sic dei Valloni determinano una grande opportunità anche per la città, che si aggiunge a quelle storiche, archeologiche, architettoniche. Un mix difficilmente riscontrabile altrove. Qui nella terra della Salamandrina Tertigitata, eretta a simbolo del “Valloni” d’obbligo quindi è pensare alla tutela dell’ambiente che deve portare a cambiare anche il concetto di coltura e uso del territorio.

E adesso saranno più difficili le alterazioni dell’ecosistema dell’Alta Murgia

Il tentativo di assalto al territorio in questi anni, proprio sulle terre coltivate confinanti con i verdi Valloni di Spinazzola è cosa assai nota. Su questo tratto gli industriali del vento e del sole hanno posto da tempo, con centinaia di proposte di progetti, l’attenzione per concretizzare i loro interessi. Non sono state innalzate, per una serie di vicissitudini di cui si è occupata la Gazzetta, le alte torri smembra-paesaggio, anche se di recente sono comparse le prime turbine del mini eolico. Ma non mancano di già alcuni ettari di terreni tombati con pannelli fotovoltaici. L’istituzione di una zona Sic richiama a rimuovere e prevenire ogni turbativa che possa alterare l’eco-sistema esistente, sia al suo interno che nei suoi confini e luoghi adiacenti. Infatti quando si chiede di cambiare anche il modo di esercitare la coltura agricola, si vuole sensibilizzare a non creare ragioni di vulnerabilità dell’area. «Legata, si legge nel documento regionale ad esempio, al rischio di messa a coltura dei lembi di bosco ancora presenti nelle aree più pianeggianti dei valloni, e problemi legati alle infiltrazioni di fertilizzanti e pesticidi usati in agricoltura all’interno dei corsi d’acqua presenti nei valloni». L’estensione della zona SIC “Valloni di Spinazzola” include tutto il Vallone dell’Ulmeta fino al recapito nel Canale del Locone; inoltre, comprende le seguenti vallecole: Valle dei Buffoni, Valle Cristovecchio, Boschetto Santa Maria, Verruca, Madonna del Bosco, Mare di Mantoia (5mila.493 ettari).Il tipo di vegetazione, importante, comprende quello dei querceti dell’Italia meridionale seppur considerata secondaria rispetto a quella dell’area dei Balcani. La prime dichiarazione in positivo sulla Zona Sic Valloni è espressa da Franco D’Amato presidente provinciale Federcaccia/Bat: «contrariamente a quello che si pensa di chi pratica la caccia, per noi la tutela del territorio è prevalente. Noi ci sentiamo guardiani dell’ambiente e lo abbiamo dimostrato con tante denuncie e attuando la rimozione di pericoli. La zona Sic Valloni è un vincolo che ci salva, senza dubbio, dall’assolto di eventuali istallazioni di torri eoliche che turbano i corridoi naturali dell’avifauna e possono influenzare sulla migrazione venatoria. Ma anche sulla struttura dell’ambiente, non tralasciando l’influenza dei rumori dei rotori sugli animali». Del resto le stesse direttive europee parlano chiaro circa la tutela delle aree protette. Che sia la fine di ogni avventura di aggressione al territorio, sin qui scongiurata, anche la zona Sic Valloni di Spinazzola? Tutto dipende dal rispetto dell’uomo a quanto lo circonda e Spinazzola non fa eccezione.

venerdì 11 gennaio 2013


IL CASO
RESPONSABILI? NESSUNO
LA CONDANNA
L’Europa ha appena condannato l’Italia per lo stato disumano delle condizioni dei detenuti
APPELLI INASCOLTATI
Inascoltati gli appelli del capo dello Stato, insufficiente da molti decenni l’azione dei governi
UNO SPRECO INTOLLERABILE
Spinazzola, così è ridotto il «carcere modello»
COSIMO FORINA
SPINAZZOLA. «Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione», disse Voltaire nel Settecento. Due giorni fa i giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo hanno sancito che nelle carceri italiane continua ad esserci un trattamento disumano. I giudici hanno condannato l’Italia a risarcire per 100mila euro sette detenuti: tre del carcere di Piacenza quattro di quello di Busto Arsizio, costretti a scontare la loro pena in non più di tre metri quadrati. Per il capo dello Stato Giorgio Napolitano, il quale ha sollecitato (inutilmente) più governi ad affrontare la questione carceri, si tratta di «una mortificante conferma della incapacità dello Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena». «Avvilita ma non stupita» il ministro della Giustizia Paola Saverino. Più preoccupata ad ammonire: «Vietato fare sulla pelle dei detenuti campagna elettorale». Quella sentenza potrebbe costituire un precedente per gli oltre cinquecento ricorsi che ben impacchettati potrebbero giungere presto alla Corte di Strasburgo. Altri risarcimenti potrebbero essere imposti allo Stato, cioè a tutti i cittadini italiani. E per l’Italia, chiamata a stringere sino all’ultimo buco della cinghia per risanare i conti dello spreco, potrebbe essere un altro bel salasso. Oltre a collezionare giudizi non di certo gratificanti. Quelle brutte figure di cui tener veramente conto, da evitare, se si vuole salvare la faccia, all’estero. Le carceri italiane stanno letteralmente scoppiando. Negli spazi destinati a 45mila posti regolamentari, ammassati all’inverosimile, si contano 65mila detenuti. Non sardine, ma uomini e donne con il diritto di esistere, pur dovendo scontare la loro pena che dovrebbe essere ri-educativa. Ed invece è un bollettino di guerra. Perché in ragione di quelle condizioni: autolesionismo e soprattutto i suicidi sono in aumento. Tanto tra i detenuti che tra gli uomini della Polizia Penitenziaria, pochi rispetto all’organico necessario, costretti loro malgrado a lavorare in condizioni oltre ogni limite della ragionevolezza. Da queste parti, in terra di Murgia, quando si parla di sovraffollamento delle carceri non si può che sentirsi doppiamente indignati. Perché qui e non altrove si è scelto in modo paradossale di chiudere, non solo il carcere a Spinazzola, divenuto nel frattempo una eccellenza, ma non è stato mai aperto neppure il carcere di Minervino Murge. Edifici costruiti con progetti fotocopia, con capienza possibile sino a 100 posti, costati miliardi di vecchie lire, del tutto uguali a quello di Genoano di Lucania, a pochi chilometri da Spinazzola, anche questo vuoto. Inutilizzato. Simboli dello spreco e della indifferenza. La singolare storia del carcere di Spinazzola raccontata in ogni sfaccettatura dalla “Gazzetta” è esempio della più marcata contraddizione. Perché la struttura funzionante, scippata al territorio, nonostante il pellegrinaggio di parlamentari di ogni sigla politica, consiglieri e assessori regionali, garante dei detenuti è stata chiusa per due motivi incredibili: l’impossibilità di reperire altro personale e perché d’improvviso, dopo anni dal suo funzionamento, con un blitz di tecnici arrivati dal Dipartimento che aveva avuto ripensamenti sulla chiusura è stata dichiarata inidonea e antieconomica. Già l’antieconomicità. Nell’Italia dello spreco se il parametro della detenzione con decenza non rientra nella tabella della presunta “buona spesa” questa è da considerate consumo improponibile. Come la penseranno ora in quel del ministero della Giustizia, dove le loro relazione erano state ampiamente contestate dal sindacato Ugl Polizia Penitenziaria per il carcere di Spinazzola, circa il dispendio di denaro pubblico che lo Stato dovrà sborsare per i risarcimenti ai detenuti? Il popolo dei 65mila internati non sono un corpo estraneo della società ma il suo più degenerato risultato, quando accertata la colpa. Ogni costo sul recupero, contro ogni recidiva, è un investimento nel futuro. Quindi le aspettative dei detenuti ci appartengono e nessuno può dirsi estraneo. A dirla come Adriano Sofri, giornalista, scrittore, ex leader di Lotta Continua, condannato a 22 anni di carcere - quale mandante dell’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi:“Può capitare a chiunque, anche a voi di finire in galera. Al contrario, è probabile che non vi capiti affatto. Tuttavia, anche se non andrete dentro, c’entrate. C’entriamo tutti”.
Se lo sciopero della fame e della sete del radicale Marco Pannella non è servito a fare un passo in avanti verso l’amnistia, una risposta possibile all’indecente sovraffollamento delle carceri, forse ci riuscirà l’ultimatum fissato da Strasburgo che obbliga l’Italia entro un anno a porre rimedio. E Spinazzola, con le altre carceri del territorio vuote ed inutilizzate, potrebbe essere richiamata a svolgere un ruolo.
«HOTEL MILLE SBARRE»
Ci hanno persino ironizzato pensando ad un utilizzo diverso del carcere di Spinazzola dopo il suo abbandono: trasformarlo in “Hotel Mille Sbarre”
EDIFICIO FANTASMA
Una costruzione inutilizzata, non presieduta, tutelata, rispettata. Per convenienza: un edificio fantasma
QUANTE PROMESSE FINITE NEL NULLA
Ci hanno persino ironizzato pensando ad un utilizzo diverso del carcere di Spinazzola dopo il suo abbandono. Trasformarlo in un hotel con nome strafottente: “Hotel Mille Sbarre”. Ma ora che agli occhi dell’Europa e del Mondo l’Italia viene declassata nei diritti umani, per la condizione in cui sono costretti a vivere i detenuti, quella struttura vuota non può che pesare come un macigno sulle coscienze. A prevalere la sua storia, vergognosamente sconsiderata. Una costruzione inutilizzata, non presieduta, tutelata, rispettata. Per convenienza: un edificio fantasma. L’Istituto Penitenziario di Spinazzola su cui dentro e fuori è piombato il silenzio non è solo emblema dello spreco. E’ rinuncia di un presidio dello Stato, sottrazione alla rieducazione dei detenuti, negazione del diritto alla loro dignità. Le celle svuotate da ogni suppellettile come gli uffici sono li a testimoniarlo. Gli appelli scaturiti verso il Ministero della Giustizia dal consiglio comunale e provinciale non sono serviti nulla. Ed ora sarebbe invece il caso di ricominciare a ribadire da parte delle istituzioni del territorio la necessità della riapertura del carcere di Spinazzola che altrimenti resterebbe vuoto per sempre. Per non sentirsi complici nelle motivazioni che hanno portato la Corte di Strasburgo alla condanna dell’Italia. Il dito puntato è grave: “Trattamento inumano e degradante”. Una colpa se pur indiretta della città che non ha saputo e voluto agire, se non formalmente, all’ennesimo scippo sul suo suolo. Quello di Spinazzola ricordiamolo, era un carcere modello. Dove si stava sperimentando un percorso, unico in Italia, finanziato dalla Asl/Bt contro la recidiva di reati odiosi come quelli che toccano la sfera sessuale. Un cammino approvato in commissione parlamentare da tutti i rappresentanti delle forze politiche. Una eccellenza che forse deve aver dato fastidio, visto che poi invece di potenziare la struttura, come ci si aspettava, la si è smantellata, smembrata di ogni bene, affinché nessuna traccia rimasse di un percorso positivo. Del carcere di Spinazzola, come se la beffa non dovesse mai aver fine, si è continuato a parlar bene sulle riviste ufficiali del pianeta carcere, finanche dopo che questo era stato chiuso. Cento i posti della sua capienza, da poter occupare. Altrettanto ve ne sarebbero in quello di Minervino Murge, ed ancora nella struttura di Genoano di Lucania, ma anche ad Irsina. Il Governo dei tecnici divenuti politici, prima di andare a casa o il prossimo imminente, decida di potenziare il corpo della Polizia Penitenziaria, con nuove formazioni e assunzioni. Investendo nelle strutture lasciate al declino. Qui, in questo tratto di paese, dove è anche Italia, è già possibile non negare il diritto alla dignità per oltre 300 detenuti.
Scheda
Ecco tutte le tappe di una brutta storia all’italiana

·L’istituto penitenziario di Spinazzola è stato attivato il 1° dicembre 2004 per volontà del provveditore Rosario Cardillo.
·Nel maggio 2005 con decreto del Ministero il carcere assunse la denominazione di «Istituto penitenziario per adulti sezione staccata di Trani».
·Per gli effetti del provvedimento di indulto voluto dal ministro Clemente Mastella, nel 2006 l’istituto penitenziario fu svuotato e il personale distaccato fu fatto rientrare in Basilicata.
·In seguito, il provveditore dell’amministrazione penitenziaria Angelo Zaccagnino riapre l’istituto, dirottandovi tutti i detenuti sex offender, ovvero persone macchiatesi di reati a sfondo sessuale.
·L’on. Pierfelice Zazzera dell’Italia dei Valori in visita al carcere il 15 agosto 2009 presenta una interrogazione al ministro Alfano, finalizzata a far potenziare il carcere di Spinazzola. L’interrogazione ripercorre la significativa storia di questo istituto di pena.
·A questa prima interrogazione parlamentare segue un’altra del senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri (Pdl) dopo l’audizione della direttrice Mariella Affatato proposta dall’on. Benedetto Fucci (Pdl) alla Commissione Parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, presidente on. Leoluca Orlando (Idv). In quella occasione viene presentato il progetto sperimentale nazionale contro le recidive di reati a sfondo sessuale.
·Dopo il decreto di chiusura del 16 giugno 2011, terza interrogazione parlamentare. Stavolta la presentano i deputati Radicali eletti nel Pd con cui si chiede al ministro della Giustizia Nitto Francesco Palma l’immediata riapertura dell’Istituto Penitenziario .
·Sempre a cura dei Radicali, Annarita Digiorgio, propone una mozione al consiglio regionale recepita dal consigliere Ruggiero Mennea con cui si chiede al governatore Nichi Vendola di intervenire personalmente presso il ministro.
·Con decreto del ministro Angelino Alfano il 16 giugno 2011 inspiegabilmente il carcere di Spinazzola viene chiuso. La notizia è nota alla direzione dell’Istituto solo il 26 luglio. Nel giro di pochi giorni prima si ha il trasferimento dei 35 detenuti e del personale. La struttura è stata poi svuotata anche di arredi e strumentazione in modo selvaggio. Nessuno ha pagato i danni causati.
·Il 25 ottobre, il capo dipartimento Ionta annuncia la riapertura del carcere di Spinazzola.
·La «riapertura» non c’è mai stata