domenica 31 marzo 2013


Spinazzola: Mentre la città murgiana si appresta a festeggiare con iniziative e mostre il IV centenario del suo pontefice
PAPA INNOCENZO XII, DISPUTA SULLA NASCITA
Spunta sul sito del comune calabro di Lattarico la rivendicazione delle origini di Antonio Pignatelli
di Cosimo Forina
Per i suoi personaggi illustri a Spinazzola è sempre toccato difendere l’appartenenza. Così è stato per Giovanni Gasparino detto il Capaccio, uno dei tredici valorosi cavalieri della Disfida di Barletta, che lo si voleva nato a Roma ma anche a Tagliacozzo (Aq).E così si appresta ad essere, anche per Antonio Pignatelli, salito al soglio pontificio con il nome di Innocenzo XII. A mettere quiete alle dispute per il primo ci pensò, su mandato del sindaco Vito Saraceno, nel 1887, Niccolò Brunetti, autore di: “Giovanni Capaccio (Uno dei tredici della Sfida di Barletta) e la sua terra natale”. Tomo custodito presso la biblioteca comunale S. Loffredo di Barletta. Ora la diatriba potrebbe sorgere tra Spinazzola e la città di Lattarico (Cs) che nel suo sito ufficiale riporta che papa Innocenzo XII è nato “certamente” e in modo “inoppugnabile” nella loro frazione di Regina. Come è noto Spinazzola si appresta a celebrare il IV centenario dalla nascita del suo figlio più illustre (13 marzo 1615-2015) con una serie di iniziative già in atto nel 2013, di richiamo nazionale ed internazionale. E l’inghippo di una seconda città che rivendica i natali non è cosa da poco. L’attribuzione di Lattarico è spuntata da internet ed era del tutto ignorata dalla città. Anche se cenno di controversie sul luogo natio del papa si trovano nella biografia curata dallo scomparso, storico e scrittore, Francesco Antonio Gisondi, autore di: “Innocenzo XII-Antonio Pignatelli (Spinazzola 1615-Roma 1700)” Edizione: Deus Et Dies-1994-Roma. Gisondi che ricostruisce come nessun altro la vita di Antonio Pignatelli, del suo casato, del suo percorso religioso e da pontefice, taglia corto sulle pretese altrui: “Troppe discussioni è polemiche sono sorte e a lungo si sono protratte circa il luogo di nascita di Innocenzo XII, mentre in tutti i documenti della Biblioteca Vaticana e degli Archivi Segreti Vaticani si riporta chiaramente che Antonio Pignatelli era nato a Spinazzola in Basilicata, cosa che senza dubbio lo stesso pontefice diceva apertamente in discussione a Corte”. Basta? Ovviamente no! A Lattarico nel Registro Parrocchiale della Chiesa di S. Giovanni nella frazione Regina la data di battesimo del loro Antonio Pignatelli è fatta risalire al 21 gennaio 1626, mentre a Spinazzola il 13 marzo 1615. Una differenza non da poco, ovvero undici anni. Diversi anche i nomi imposti al piccolo nato a Lattarico: “Ottavio Francesco Giuseppe Antonio Pignatelli, (non ci sono virgole tra i nomi ndr), a Spinazzola si legge nelle copie che circolano in città, la pagina del registro parrocchiale è stata trafugata anni fa: “Carlo, Iacinto, Francesco,Luigi, Giuseppe, Antonio;” con annotazione che il nome di Antonio resta. A non coincidere i genitori: i Marchesi della Terra di Spinazzola D. Francesco Pignatelli e D. Porzia Carafa, a Lattarico: Mario Pignatelli e Maria Faustina Caracciolo. Siamo di fronte ad un chiaro caso di omonimia e di errata identificazione di quel che fu poi il futuro papa. Come e possibile comprendere nel leggere la trascrizione dei due registri parrocchiali che qui pubblichiamo. Come detto, una delle ferite causate alla città è stato l’aver asportato la pagina con il repertorio parrocchiale dove era riportata la cronaca del battesimo di Antonio Pignatelli. Questa di certo sarà presente in qualche casa di “insospettabili” che ben farebbero, per amore di Spinazzola e se amano la città, a riconsegnarla. C’è concordia sul percorso religioso e del pontifico tra le due città in lizza, a fare la differenza sono proprio le date di nascita.
Le incongruenze
Cosa importante. Antonio Pignatelli rivestì, è riportano anche da Lattarico, ruolo di Inquisitore a Malta (1646). Fatto vero, solo che non vi e traccia che questo avvenne quando lui aveva soli vent’anni. Anche perché a 16 anni e precisamente il 7 giugno 1631, questo è un dato certo, venne ammesso a far parte dell’Ordine dei Cavalieri di Malta. Ora per quanto precoce possa essere stato il futuro papa l’iscrizione all’Ordine a soli cinque anni sembra davvero esagerata. Anche l’elezione al soglio pontificio avvenuta il 12 luglio 1691 dissipa il dubbio sull’attribuzione del luogo e dell’anno di nascita. Se fosse avvenuta il 1626 e non nel 1615 Antonio Pignatelli sarebbe stato eletto papa a soli 65anni e non a 76 come storicamente riportato. Mentre a 65 anni, in realtà, il 1° settembre 1681, papa Innocenzo XI lo consacra cardinale, sotto il titolo di san Pancrazio. Ultima riprova arriva dall’età della morte di Innocenzo XII, 85anni, anche questo un dato storico, avvenuta il 27 settembre del 1700. Per dirla quindi in diritto “stabilito ogni possibile o ragionevole dubbio” va affermato che Antonio Pignatelli, papa Innocenzo XII, è nato a Spinazzola il 13 marzo del 1615. Cosa che qualcuno dovrà presto far sapere anche a Lattarico Regina.
I DOCUMENTI
Trascrizione dell’atto di nascita e battesimo di Antonio Pignatelli, trafugato che era custodito presso l’archivio della Chiesa Madre, San Pietro Apostolo di Spinazzola:
“ Addi 16 mensis Martiis 1615 è stato battezzato da me Rev. Leonardo Antonio Malfesio, primario e vicario, un figlioletto che nacque alle 13 dello stesso mese ed hore 8 di notte circa, figlio illustrissimi Signori Marchesi della Terra di Spinazzola D.Francesco Pignatelli e D. Porzia Carafa, marito e moglie, e gli è stato imposto il nome di Carlo, Iacinto, Francesco,Luigi, Giuseppe, Antonio; (sul margine sinistro si legge la nota: “il nome di Antonio resta’). Coma è stata Prudenzia Di Lascio, obstetrice;presente Magnifico Salvatore Valente e Flaminio Perez ed altri, e detto battesimo è stato celebrato nella cappella del castello marchesale, de ordine illustrissimo Andrea Benedicti Venosini, anno Domini 1615 in Pace”
Sulla copia dell’atto che circola in città è trascritta questa annotazione, imprecisa, di ignoti:
Fu Pontefice nel 1690 con il nome di Innocenzo XII ( anno di elezione1691 ndr)
Atto di nascita e di battesimo a Lattarico. Registro Parrocchiale della Chiesa di S. Giovanni nella frazione Regina datato 21 gennaio 1626:
“Ottavio Francesco Giuseppe Antonio Pignatelli figlio degli illustrissimi Signori Mario e di Maria Faustina Caracciolo Coniugi e Signori di questa terra della Regina è stato battezzato da me Don Orazio Siciliano, Arciprete e Rettore. Compare fu l’illustrissimo Signore Ottavio Pignatelli Juoniore insigne congiunto del Signor Mario, e figlio di Ottavio Pignatelli Seniore”
Sul registro è poi riportata questa annotazione a margine sinistro del foglio:
“Fu Pontefice con il nome di Innocenzo XII nel 1691. Fu un Pontefice savio e Santo, abolì il Nepotismo, con una celebre Costituzione, trasse dalla venerazione del Pontificato anche agli Eretici. L’Arcip. Molinari di Acri ha notato la sua memoria”.

giovedì 14 marzo 2013


FRANCESCO ELETTO NEL GIORNO DI INNOCENZO
La “fumata bianca” nel giorno in cui nacque papa Innocenzo XII
Ad unirli l’attenzione ai poveri
di Cosimo Forina
Una grande emozione e commozione unisce ancor più ora Spinazzola a Roma. Alle ore 19,06 nello stesso giorno in cui la città ricorda la nascita di Antonio Pignatelli (13 marzo 1615) divenuto papa con il nome di Innocenzo XII il conclave ha eletto il nuovo Vescovo di Roma e Vicario di Cristo.
Dal comignolo posto sopra la Cappella Sistina si è elevata la fumata bianca che ha annunciato al Mondo che la scelta del nuovo pontefice, il 266° successore di Pietro, era stata raggiunta al quinto scrutinio dai 115 cardinali elettori. Un grande boato si è levato dalle miglia di persone raccolte in piazza San Pietro che si è unito al suono della campane festose sulla città eterna. Poi l’attesa della proclamazione annunciata dal cardinale Jean-Louis Pierre Tauran presidente del Pontificio Consiglio con la formula: “Annuntio vobis gaudium magnum:habemus Papam!Eminentissimum ac reverendissimum dominum, dominum , Sanctæ Romanæ Ecclesiæ Cardinalem Giorgio Mario Bergoglio, qui sibi nomen imposuit Francesco”. Innocenzo XII fu riformatore della Chiesa e dedicò la sua vita ad elevare la dignità dei poveri e dopo aver abolito il nepotismo giurando sulla sua stessa Bolla per coerenza, li definì “I mie nepoti”. Il nuovo papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio (Argentina), 76 anni, gesuita, arcivescovo di Buenos Aires, molto apprezzato dagli episcopati latino americani, è già stato in corsa nel conclave del 2005. Spinazzola è tutta protesa per ricordare la figura del suo figlio più illustre, Antonio Pignatelli salito al soglio pontificio il 12 luglio 1691. Diverse infatti le iniziative programmate a partire dal 2013 sino al 2015. Sabato 16 marzo l’intero progetto delle celebrazioni sarà ufficializzato presso la chiesa San Pietro Apostolo dove è custodita la fonte battesimale che accolse il futuro papa, dal presidente del Comitato Innocenziano Antonio Amendola. L’elezione del nuovo papa che succede a Benedetto XVI, assume per la città di Spinazzola, ma per tutto il territorio, un grande significato che consolida l’impegno. Si rafforza con un filo d’amore, la fede in Cristo e quello della speranza. Jorge Mario Bergoglio ha scelto di chiamarsi con il nome del poverello di Assisi, Francesco, la sua tomba è meta di pellegrinaggio per decine di migliaia di devoti ogni anno. La città di Assisi, a motivo del suo illustre cittadino, è assurta a simbolo di pace. Papa Francesco nel suo saluto ha subito amabilmente scherzato, dicendo che i cardinali sono andati a scegliere il nuovo vescovo di Roma, lontano: “quasi alla fine del mondo”. Poi ha rivolto il suo saluto al papa emerito Joseph Aloisius Ratzinger. Ed infine papa Francesco ha chiesto, ottenendo nel totale silenzio della piazza, la benedizione del popolo su di se per poi concedere la sua con valore di indulgenza plenaria.

lunedì 11 marzo 2013




ILCASO

LA DECISIONE DEL PARCO DELL’ALTA MURGIA FA DISCUTERE PER L’IMPIEGO DELL’ASSOCIAZIONE SUL FRONTE ENERGIE ALTERNATIVE
Primo “Festival della ruralità” il Parco dimentica Spinazzola

di Cosimo Forina

Anche il primo “Festival della ruralità” voluto dall’Ente Parco dell’Alta Murgia che si svolgerà dall’8 al 13 maggio prossimo, costo 150mila euro, vede esclusa Spinazzola. Dov’è la novità? Non c’è. Nell’ipotesi di programma che accompagna la delibera con cui il presidente dell’Ente Parco Cesare Veronico affida a Legambiente l’incarico, le sole città coinvolte sono: Andria con Castel del Monte, Gravina, Ruvo, Minervino Murge, Santeramo. Quello che pero sorprende, al di là dei campanilismi, è la scelta di assegnare proprio il tutto a Legambiente. Il perché è presto detto. Da sempre l’Ente si è schierato contro la devastazione del paesaggio e dell’ambiente prodotto da torri eoliche e specchi fotovoltaici. Di tutt’altra filosofia vive proprio l’associazione Legambiente. In questa occasione l’associazione non si è fatta sfuggire il manifestare il suo particolare pensiero. Dal documento che accompagna la delibera di Veronico: “D’altro canto, la campagna è già oggi il luogo della buona energia. Le fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) e le biomasse hanno nella campagna il loro luogo d’elezione e le aziende agricole scoprono nell’energia pulita un importante fattore di integrazione del reddito”. Cosa ha in comune il Parco dell’Alta Murgia con questo? Niente, l’Ente ha persino presentato ricorso al Tar ed alla Corte Europea, ha agito nei tribunali, vincendo, quando qualcuno nell’area protetta ci ha provato ad istallare i pannelli e le torri eoliche. Unica eccezione l’autorizzare piccolissimi impianti per autoconsumo. Ed Allora? C’è qualcosa che sfugge. L’interessante programma che si accinge a gestire Legambiente per il “Festival della ruralità” si basa su due temi. Diritti: “ambiente, lavoro, legalità, beni comuni, (terra,fertilità, risorse naturali…) coesione sociale e identità culturale”. Funzioni: “produzione e sicurezza alimentare, energia, turismo, agricoltura sociale, manutenzione del territorio”. Quello dell’energia è proprio un chiodo fisso. Per chi vuole la delibera è su: http://www.parcoaltamurgia.gov.it. Per riflettere sulla contraddizione tra lo spirito che da sempre anima il Parco dell’Alta Murgia e Legambiente vale qui la pena ricordare cosa ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza a Bari già nel 2010: “Il paesaggio non è un oggetto sacro e intoccabile, ma è il frutto della storia da sempre. Le pale eoliche sono un valore estetico aggiunto”. Ed ancora: “Penso che in molti paesaggi dell'Appennino le pale eoliche sono un elemento di miglioramento e un valore estetico aggiunto”. Sempre Cogliati nel 2010 contro chi poneva l’accento sugli interessi della mafia nell’eolico e fotovoltaico: “è demenziale utilizzare le infiltrazioni mafiose all'interno del comparto delle energie rinnovabili come dimostrazione di un paradigma geometrico della possibilità di criminalizzare questo settore”. Pochi giorni dopo questa dichiarazione a confermare il rischio dell’infiltrazione della criminalità in Puglia nientepopodimeno che: il presidente della commissione antimafia Beppe Pisanu. Di lavoro poi, dopo l’istallazione neanche a parlarne. Sempre nel 2010 con un comunicato congiunto: Italia Nostra, Forum Amici del Territorio e Forum Ambiente e Salute denunciavano il coinvolgimento di Legambiente nel business del fotovoltaico che ha devastando il Salento. “L’associazione nazionale Legambiente, scrivevano le altre associazioni, con la sua “Esco (Società di Servizi) Azzero CO2″, sta promovendo alla realizzazione di un mega impianto in agro di Cutrofiano di fotovoltaico di 26 ettari”. Ora non per fare i guastafeste, tutt’altro, riconoscendo ogni merito alle tante battaglie condotte da Legambiente in difesa di ogni territorio, siamo certi, vero, che il principio immateriale del “Festival della ruralità” è esaltare le bellezze a garanzia dell’integrità della Murgia?

domenica 3 marzo 2013


AMBIENTE
SI APRE UN NUOVO «FRONTE»
CONTROLLI E REGISTRO
La presenza di un impianto ad elevato impatto non ha comportato controlli e studi adeguati sull’incidenza di alcune malattie
Inquinamento dell’aria un incubo infinito
La valle dell’Ofanto tra le zone a rischio per il megainceneritore
di Cosimo Forina
In natura non esistono confini. Polveri ed elementi chimici prodotti dall’uomo non hanno bisogno di nessun passaporto per raggiungere attraverso atmosfera, acqua, suolo, altri territori rispetto ai luoghi in cui si originano. Alla nube radioattiva di Chernobyl (Ucraina) bastarono solo quattordici giorni dal 26 aprile del 1986, data del disastro, per attraversare sospinta dal vento tutta l’Europa. Ed è di qualche giorno fa la notizia che ha indotto il direttore del dipartimento di Brindisi dell’Arpa a verificare se la coltre nera di polvere abbattutasi in città possa o meno essere quella proveniente dall’eruzione dell’Etna, in Sicilia. Possiamo quindi dirci estranei a quel che accade nella vicina Basilicata? In quel di San Nicola di Melfi dove si fabbricano automobili, la multinazionale Electricitéde France possiede e gestisce da un decennio un mastodontico inceneritore di rifiuti industriali a tre chilometri da Lavello. A qualche centinaio di metri lo stabilimento della Barilla dove si sfornano biscotti e merendine e la Sata (Fiat). L’inceneritore è entrato in funzione nel settembre del 1999, acquisito prima da Fiat al termine dell’anno 2001, realizzato, nonostante un referendum contrario. Nome singolare dell’impianto “Fenice ”. Solo che dai camini e dalle ceneri dopo la morte nel fuoco dei rifiuti, una “varietà ” non chiara ma molto diversificata, non è l’uccello mitologico che risorge ogni 500 anni. Bensì sostanze che alimentano serie preoccupazioni. Il vento ma non solo, anche l’acqua come vedremo, fungerebbero da taxi portandosi a zonzo non pochi veleni. La domanda per quel che ci riguarda è cosa e in che quantità di elementi fuoriusciti da Fenice va a zonzo. A scoperchiare la pentola oltre all’azione della magistratura, il processo scandalo Arpab-Fenice-Pallareta è in corso con vari imputati. Tra gli altri l’ex dg dell’Agenzia regionale per l’ambiente Vincenzo Sigillito, il quale nell’ultima udienza ha riferito di aver informato della situazione inquinamento, seppure in maniera informale, già dal 2008 il governatore Vito De Filippo e l’allora assessore Vincenzo Santochirico. Oltre all’azione dei giudici ci si è messa anche una Commissione d’inchiesta istituita su Fenice dal Consiglio Regionale della Basilicata. Mandato: «fare luce su quanto è accaduto in questi anni, chiarire se e quali responsabilità ci sono state nella trattazione dei dati del monitoraggio dell’impianto Fenice di Melfi. Accertare se gli Enti preposti al controllo hanno operato con correttezza e trasparenza. Verificare se sono stati correttamente espletati i compiti di vigilanza posti a carico della Giunta regionale». Il lavoro della commissione ha trovato sintesi in una proposta di relazione conclusiva lo scorso 31 gennaio, presidente Nicola Pagliuca (Pdl). Documento non approvato ma rimesso nelle mani del presidente della Giunta Regionale. I commissari hanno ravvisato, votando a maggioranza (Pagliuca, Gennaro Straziuso (Pd), Giannino Romaniello (Sel), e Alessandro Singetta (Gruppo Misto) - astenuti Francesco Mollica (Mpa) e Rocco Vita (Psi) – contrario Alfonso Ernesto Navazio (Io Amo la Lucania) la necessità di chiedere una ulteriore proroga per meglio discutere del bubbone, inquietante, dopo circa due anni di lavoro, composto da 245 pagine più allegati. L’inchiesta politica è stata pubblicata sul sito della Regione Basilicata e non lascia dubbi di interpretazione: l’inceneritore inquina. Storia complicata quella del brucia mondezza lucano, tanto che solo nel2009 (dopo 10 anni dalla sua realizzazione) si è avuto il coraggio di ufficializzare da parte dell’Arpa, come da parte della stessa azienda che gestisce il “mostro giocattolo” la contaminazione delle acque sotterranee. Cosi da far scattare l’allerta per suolo, aria, dove vengono sputati i fumi dell’inceneritore. La Commissione si era arenata in attesa di ricevere un parere dell’istituto di Metodologia per l’Analisi Ambientale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IMAA-CNR) che pur con pochi elementi messi a disposizione, computo degli inquinanti negli anni riportati in modo superficiale, mancanza di monitoraggio in continuo, non ha esitato a fare sintesi sulla traccia di veleni tanto nel suolo che nel sottosuolo, nell’aria, nelle acque di superficie ed in quelle sotterranei. In osservazione sono finiti due corsi d’acqua prossimi all’inceneritore: il fiume Ofanto e il torrente Olivento che come è noto per il primo, dopo aver attraversato anche il territorio Pugliese sfocia a mare tra Margherita di Savoia e Barletta.
LE INDICAZIONI DELL’UNITÀ DI ONCOLOGIA CRITICA TERRITORIALE E CURE PALLIATIVE (ADI) RELATIVE AL 2011
Assente il registro tumori ma i dati rilevati preoccupano
La tabella qui pubblicata riporta la condizione rilevata nel sito Fenice già nel 2009, altre ancora più significative sul monitoraggio di acqua, aria e suolo, sono tutte nel documento d’inchiesta della Commissione Regionale. L’inquietudine delle città prossime all’inceneritore è fin troppo comprensibile. Cosa preoccupa principalmente? Ovviamente l’incidenza delle malattie tumorali che l’azienda Fenice si è apprestata a dirsi estranea. Già i tumori. Non avendo a disposizione il registro da cui rilevarli abbiamo recuperato la relazione 2011 dell’Unità di Oncologia Critica Territoriale e Cure Palliative. «In nove anni, si afferma nel documento, gli assistiti si sono triplicati. Anche nel 2011, l’analisi dei dati evidenzia una crescita dei pazienti presi in carico rispetto al 2010, sia in termini d’incidenza (+22,31%) che di soggetti misurabili (+21,81%)”. Quali i tipi di pazienti e di patologie sostenuti nell’assistenza domiciliare? I non oncologici nel 2011 sono stati 212, quelli oncologici 218 pari al 51%. Nel dettaglio le patologie oncologiche si riferiscono a: Orl cavo orale 4%, encefalo 4%, mammella 8%, linfoma-leucemia-mieloma 12%, esofago stomaco 9%, genito-urinari 10%, ovaio-utero-vagina 5%, colon retto 14%, polmone 15%, fegato, vie biliari, pancreas 12%. Tornando alla relazione della Commissione Regionale su Fenice. L’inchiesta dopo una disamine sulla gestione poco ortodossa che ha caratterizzato il caso, anche qualche faldone sparito e dati riportati alla “c a rl o n a ” giunge a questa conclusione: «riguardo all’aspetto del controllo, inteso non soltanto in senso repressivo, è da evidenziare che, soprattutto nel settore della tutela dell’ambiente, l’esistenza di un apparato amministrativo efficiente è la migliore garanzia preventiva rispetto alla commissione di illeciti. Purtroppo, nel caso di specie, questa garanzia preventiva, ai vari livelli istituzionali, seppur adeguatamente messa in campo non ha mai operato in maniera puntuale, rendendo così possibile inadempienze diffuse i cui effetti hanno determinato la situazione di inquinamento oggetto dell’inchiesta (matrice ambientale acque di falda) mettendo in pericolo la salute delle persone». L’affondo: «accanto alla mancata attivazione di controlli, anche il mancato accertamento delle conseguenze dei danni prodotti all’ambiente sulla salute dei cittadini, malgrado la grande e comprensibile preoccupazione avvertita dalla collettività che vive quotidianamente l’emergenza ambientale. Nessuna seria indagine epidemiologica è stata mai realizzata per studiare possibili relazioni tra l’inquinamento dell’area del Vulture e alcune specifiche patologie, nonostante tale aspetto fosse stato inserito come specifico impegno di Fenice. Per di più, sono eloquenti i ritardi per l’operatività e la diffusione dei dati inerenti il Registro dei Tumori». Torniamo in conclusione ai non confini in Natura. Alla luce di quanto emerso in Basilicata perché non procedere a controlli a medio e lungo raggio anche nella Bat, territorio più prossimo all’inceneritore ? Vi è un’altra domanda d’obbligo: perché non si è ritenuto necessario avvisare di quello che stava succedendo gli Enti sanitari e non solo dei territori più prossimi? Le parole si sa se affidate al vento vengono disperse senza lasciare traccia. Ma se nel vento si fa finire di tutto, prima o poi tutto emerge. Taranto insegna.

Inceneritore Fenice
Tabella riportata nella relazione della Commissione Regionale della Basilicata sull’inceneritore Fenice riferita al 2009 tratta dal resoconto della seduta del Consiglio regionale del 4.10.2011 – relazione del Vicepresidente della Giunta regionale.
Stato di contaminazione delle acque sotterranee:


Nichel 2 volte eccedenti i limiti normativi;
Mercurio 2.000 volte eccedenti i limiti normativi;
Fluoruri 1,53 volte eccedenti i limiti normativi;
Nitriti 5 volte eccedenti i limiti normativi;
Tricloroetilene 4,8 volte eccedenti i limiti normativi;
Tetracloroetilene 7,63 volte eccedenti i limiti normativi;
Bromodiclorometano 22,94 volte eccedenti i limiti normativi;
Dibromoclorometano 35,38 volte eccedenti i limiti normativi;
Manganese 15,4 volte eccedenti i limiti normativi;
Triclorometano 43,3 volte eccedenti i limiti normativi;
Sommatoria organoalogenati 1,7 volte eccedenti i limiti normativi,
Dicloropropano 10 volte eccedenti i limiti normativi;
Tribromometano 33,3 volte eccedenti i limiti normativi.

La Commissione nelle sue conclusioni sottolinea: “non può non rappresentare che lo scenario di contaminazione del 2009 fin qui delineato potrebbe essere ancora più serio e grave dal momento che, dagli ultimi documenti acquisiti agli atti e inviati da ARPAB il 4 gennaio 2013, si evince che il quadro della situazione appare più severo e preoccupante in quanto vengono rappresentate delicate condizioni di contaminazioni attinenti alcune matrici biologiche”.