domenica 3 marzo 2013


AMBIENTE
SI APRE UN NUOVO «FRONTE»
CONTROLLI E REGISTRO
La presenza di un impianto ad elevato impatto non ha comportato controlli e studi adeguati sull’incidenza di alcune malattie
Inquinamento dell’aria un incubo infinito
La valle dell’Ofanto tra le zone a rischio per il megainceneritore
di Cosimo Forina
In natura non esistono confini. Polveri ed elementi chimici prodotti dall’uomo non hanno bisogno di nessun passaporto per raggiungere attraverso atmosfera, acqua, suolo, altri territori rispetto ai luoghi in cui si originano. Alla nube radioattiva di Chernobyl (Ucraina) bastarono solo quattordici giorni dal 26 aprile del 1986, data del disastro, per attraversare sospinta dal vento tutta l’Europa. Ed è di qualche giorno fa la notizia che ha indotto il direttore del dipartimento di Brindisi dell’Arpa a verificare se la coltre nera di polvere abbattutasi in città possa o meno essere quella proveniente dall’eruzione dell’Etna, in Sicilia. Possiamo quindi dirci estranei a quel che accade nella vicina Basilicata? In quel di San Nicola di Melfi dove si fabbricano automobili, la multinazionale Electricitéde France possiede e gestisce da un decennio un mastodontico inceneritore di rifiuti industriali a tre chilometri da Lavello. A qualche centinaio di metri lo stabilimento della Barilla dove si sfornano biscotti e merendine e la Sata (Fiat). L’inceneritore è entrato in funzione nel settembre del 1999, acquisito prima da Fiat al termine dell’anno 2001, realizzato, nonostante un referendum contrario. Nome singolare dell’impianto “Fenice ”. Solo che dai camini e dalle ceneri dopo la morte nel fuoco dei rifiuti, una “varietà ” non chiara ma molto diversificata, non è l’uccello mitologico che risorge ogni 500 anni. Bensì sostanze che alimentano serie preoccupazioni. Il vento ma non solo, anche l’acqua come vedremo, fungerebbero da taxi portandosi a zonzo non pochi veleni. La domanda per quel che ci riguarda è cosa e in che quantità di elementi fuoriusciti da Fenice va a zonzo. A scoperchiare la pentola oltre all’azione della magistratura, il processo scandalo Arpab-Fenice-Pallareta è in corso con vari imputati. Tra gli altri l’ex dg dell’Agenzia regionale per l’ambiente Vincenzo Sigillito, il quale nell’ultima udienza ha riferito di aver informato della situazione inquinamento, seppure in maniera informale, già dal 2008 il governatore Vito De Filippo e l’allora assessore Vincenzo Santochirico. Oltre all’azione dei giudici ci si è messa anche una Commissione d’inchiesta istituita su Fenice dal Consiglio Regionale della Basilicata. Mandato: «fare luce su quanto è accaduto in questi anni, chiarire se e quali responsabilità ci sono state nella trattazione dei dati del monitoraggio dell’impianto Fenice di Melfi. Accertare se gli Enti preposti al controllo hanno operato con correttezza e trasparenza. Verificare se sono stati correttamente espletati i compiti di vigilanza posti a carico della Giunta regionale». Il lavoro della commissione ha trovato sintesi in una proposta di relazione conclusiva lo scorso 31 gennaio, presidente Nicola Pagliuca (Pdl). Documento non approvato ma rimesso nelle mani del presidente della Giunta Regionale. I commissari hanno ravvisato, votando a maggioranza (Pagliuca, Gennaro Straziuso (Pd), Giannino Romaniello (Sel), e Alessandro Singetta (Gruppo Misto) - astenuti Francesco Mollica (Mpa) e Rocco Vita (Psi) – contrario Alfonso Ernesto Navazio (Io Amo la Lucania) la necessità di chiedere una ulteriore proroga per meglio discutere del bubbone, inquietante, dopo circa due anni di lavoro, composto da 245 pagine più allegati. L’inchiesta politica è stata pubblicata sul sito della Regione Basilicata e non lascia dubbi di interpretazione: l’inceneritore inquina. Storia complicata quella del brucia mondezza lucano, tanto che solo nel2009 (dopo 10 anni dalla sua realizzazione) si è avuto il coraggio di ufficializzare da parte dell’Arpa, come da parte della stessa azienda che gestisce il “mostro giocattolo” la contaminazione delle acque sotterranee. Cosi da far scattare l’allerta per suolo, aria, dove vengono sputati i fumi dell’inceneritore. La Commissione si era arenata in attesa di ricevere un parere dell’istituto di Metodologia per l’Analisi Ambientale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IMAA-CNR) che pur con pochi elementi messi a disposizione, computo degli inquinanti negli anni riportati in modo superficiale, mancanza di monitoraggio in continuo, non ha esitato a fare sintesi sulla traccia di veleni tanto nel suolo che nel sottosuolo, nell’aria, nelle acque di superficie ed in quelle sotterranei. In osservazione sono finiti due corsi d’acqua prossimi all’inceneritore: il fiume Ofanto e il torrente Olivento che come è noto per il primo, dopo aver attraversato anche il territorio Pugliese sfocia a mare tra Margherita di Savoia e Barletta.
LE INDICAZIONI DELL’UNITÀ DI ONCOLOGIA CRITICA TERRITORIALE E CURE PALLIATIVE (ADI) RELATIVE AL 2011
Assente il registro tumori ma i dati rilevati preoccupano
La tabella qui pubblicata riporta la condizione rilevata nel sito Fenice già nel 2009, altre ancora più significative sul monitoraggio di acqua, aria e suolo, sono tutte nel documento d’inchiesta della Commissione Regionale. L’inquietudine delle città prossime all’inceneritore è fin troppo comprensibile. Cosa preoccupa principalmente? Ovviamente l’incidenza delle malattie tumorali che l’azienda Fenice si è apprestata a dirsi estranea. Già i tumori. Non avendo a disposizione il registro da cui rilevarli abbiamo recuperato la relazione 2011 dell’Unità di Oncologia Critica Territoriale e Cure Palliative. «In nove anni, si afferma nel documento, gli assistiti si sono triplicati. Anche nel 2011, l’analisi dei dati evidenzia una crescita dei pazienti presi in carico rispetto al 2010, sia in termini d’incidenza (+22,31%) che di soggetti misurabili (+21,81%)”. Quali i tipi di pazienti e di patologie sostenuti nell’assistenza domiciliare? I non oncologici nel 2011 sono stati 212, quelli oncologici 218 pari al 51%. Nel dettaglio le patologie oncologiche si riferiscono a: Orl cavo orale 4%, encefalo 4%, mammella 8%, linfoma-leucemia-mieloma 12%, esofago stomaco 9%, genito-urinari 10%, ovaio-utero-vagina 5%, colon retto 14%, polmone 15%, fegato, vie biliari, pancreas 12%. Tornando alla relazione della Commissione Regionale su Fenice. L’inchiesta dopo una disamine sulla gestione poco ortodossa che ha caratterizzato il caso, anche qualche faldone sparito e dati riportati alla “c a rl o n a ” giunge a questa conclusione: «riguardo all’aspetto del controllo, inteso non soltanto in senso repressivo, è da evidenziare che, soprattutto nel settore della tutela dell’ambiente, l’esistenza di un apparato amministrativo efficiente è la migliore garanzia preventiva rispetto alla commissione di illeciti. Purtroppo, nel caso di specie, questa garanzia preventiva, ai vari livelli istituzionali, seppur adeguatamente messa in campo non ha mai operato in maniera puntuale, rendendo così possibile inadempienze diffuse i cui effetti hanno determinato la situazione di inquinamento oggetto dell’inchiesta (matrice ambientale acque di falda) mettendo in pericolo la salute delle persone». L’affondo: «accanto alla mancata attivazione di controlli, anche il mancato accertamento delle conseguenze dei danni prodotti all’ambiente sulla salute dei cittadini, malgrado la grande e comprensibile preoccupazione avvertita dalla collettività che vive quotidianamente l’emergenza ambientale. Nessuna seria indagine epidemiologica è stata mai realizzata per studiare possibili relazioni tra l’inquinamento dell’area del Vulture e alcune specifiche patologie, nonostante tale aspetto fosse stato inserito come specifico impegno di Fenice. Per di più, sono eloquenti i ritardi per l’operatività e la diffusione dei dati inerenti il Registro dei Tumori». Torniamo in conclusione ai non confini in Natura. Alla luce di quanto emerso in Basilicata perché non procedere a controlli a medio e lungo raggio anche nella Bat, territorio più prossimo all’inceneritore ? Vi è un’altra domanda d’obbligo: perché non si è ritenuto necessario avvisare di quello che stava succedendo gli Enti sanitari e non solo dei territori più prossimi? Le parole si sa se affidate al vento vengono disperse senza lasciare traccia. Ma se nel vento si fa finire di tutto, prima o poi tutto emerge. Taranto insegna.

Inceneritore Fenice
Tabella riportata nella relazione della Commissione Regionale della Basilicata sull’inceneritore Fenice riferita al 2009 tratta dal resoconto della seduta del Consiglio regionale del 4.10.2011 – relazione del Vicepresidente della Giunta regionale.
Stato di contaminazione delle acque sotterranee:


Nichel 2 volte eccedenti i limiti normativi;
Mercurio 2.000 volte eccedenti i limiti normativi;
Fluoruri 1,53 volte eccedenti i limiti normativi;
Nitriti 5 volte eccedenti i limiti normativi;
Tricloroetilene 4,8 volte eccedenti i limiti normativi;
Tetracloroetilene 7,63 volte eccedenti i limiti normativi;
Bromodiclorometano 22,94 volte eccedenti i limiti normativi;
Dibromoclorometano 35,38 volte eccedenti i limiti normativi;
Manganese 15,4 volte eccedenti i limiti normativi;
Triclorometano 43,3 volte eccedenti i limiti normativi;
Sommatoria organoalogenati 1,7 volte eccedenti i limiti normativi,
Dicloropropano 10 volte eccedenti i limiti normativi;
Tribromometano 33,3 volte eccedenti i limiti normativi.

La Commissione nelle sue conclusioni sottolinea: “non può non rappresentare che lo scenario di contaminazione del 2009 fin qui delineato potrebbe essere ancora più serio e grave dal momento che, dagli ultimi documenti acquisiti agli atti e inviati da ARPAB il 4 gennaio 2013, si evince che il quadro della situazione appare più severo e preoccupante in quanto vengono rappresentate delicate condizioni di contaminazioni attinenti alcune matrici biologiche”.

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