venerdì 10 gennaio 2014

AMBIENTE
Il progetto nella vicina Banzi
SPERIMENTALE
L’impianto solare termodinamico sperimentale da 50Mw sul territorio di Banzi, su terreno irriguo da “tombare” a confine con Spinazzola
IL DISASTRO
Agricoltori hanno spiegato: “L’area sarà sbancata e quando la Teknosolar andrà via lascerà novemila pali di cemento nel terreno”
SOLARE TERMODINAMICO IMPIANTO CHE FA PAURA
Spinazzola, cresce il fronte per evitare lo scempio sulla Murgia
di Cosimo Forina
Spinazzola-Ora l’impianto solare termodinamico “sperimentale” da 50 Mw che si vuole costruire sul territorio di Banzi, terreno irriguo da “tombare” 226 ettari, a confine con le città di Palazzo San Gervasio e Spinazzola è “caso” nazionale. Ad accendere il cerino e passarlo tra le dite di altri si è scomodato il TG di Rai1 nella edizione delle 20, la più seguita, del 7 gennaio. Qualche milione di telespettatori ai quali tramite il servizio equilibrato della collega Roberta Badaloni, è stata spiegata la contesa tra una società di Matera, la Teknosolar 2 srl amministratore Giovanni Fracasso, (capitale sociale di 10mila euro-investimenti previsti 300milioni di euro) ed i comitati cittadini sorti spontanei contrari al mega impianto. Servizio condiviso nella rete su migliaia di profili sparsi nello stivale. Priorità: difesa del suolo, salute e paesaggio. Nel servizio, agricoltori, come Domenico Cancellara hanno spiegato agli italiani che “l’area sarà sbancata e quando la Tecnosolar andrà via lascerà novemila pali di cemento piantati nel terreno”. Un disastro. Mentre, Nicola Savia del comitato “NO Termodinamico”, presidente Maurizio Tritto, sorto a Palazzo San Gervasio, si è soffermato sulla irrisorietà della ricaduta occupazionale: “35 posti di lavoro che non meritano l’annientamento dell’area”. Di tutt’altro avviso l’amministratore della Teknosolar2, Giovanni Fracasso per il quale: “l’impianto rappresenta una occasione unica e rilevantissima di sviluppo socio economico per il territorio. Consente la riduzione del consumo di gas nella misura di circa 40milioni di metri cubi ogni anno.” E per far questo, sempre Fracasso, ha assicurato: “gli agricoltori saranno risarciti, l’impianto non inquinerà e saranno utilizzati alberi per non violare il panorama”. Da sottolineare una delle tante contraddizione dell’affare, oltre ad utilizzare il sole è proprio del metano di cui avrà bisogno l’impianto quando gli specchi parabolici non irradiati, non permetteranno l’accumulo del calore. Ma poi, si può davvero concepire che è sufficiente “pagare”, piantumare qualche albero, per dirsi liberi di effettuare lo stravolgendo di una intera area di estremo pregio contro il parere dei cittadini ed Enti, come la Soprintendenza ai Beni Paesaggistici, che ha espresso il suo parere negativo? E poi perché? Il solare termodinamico in Basilicata, fatto passare come panacea, si aggiunge ad eolico, fotovoltaico, biomasse, non per caso. Un grande affare e lo potrebbe essere ancora di più, se proprio gli impianti sperimentali, a partire da quello di Banzi, riusciranno a dare risposte tecnologiche che consentirebbero ad un gruppo di imprenditori italiani di esportare nel mondo questa tipologia che ricalca gli studi del fisico Rubbia. Ed a chi fanno gola i miliardi di euro che da tutto questo scaturirebbero? In Italia si è costituita l’Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica (ANEST) il cui scopo è quello di favorire lo sviluppo della tecnologia. A farne parte imprenditori legati alla costruzione delle componenti degli impianti e non solo. Il 19 aprile 2011 ANEST ha presentato alla Camera dei Deputati, VIII Commissione: Ambiente, territorio e lavori pubblici, una indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Richiedendo alla “politica” leggi, oltre agli incentivi, il termodinamico è rientrato tra quelli finanziati, per la disponibilità alla colonizzazione dei suoli per mettere a punto la sperimentazione. Obbiettivo la creazione di una filiera tutta italiana in cui si sono tuffate dentro grandi aziende come: Marcegaglia, Techint, Archimede Solar Energy, Biosolar Flenco, Enel Green Power, Toto. Medie aziende come: Almeco, FERA, Reflex, Turboden, Xeliox. Nur Energie e piccole aziende: Trivelli Energia, Solo Rinnovabili, Solar Brain, Struttura Informatica, Costruzioni Solari, Sitalcea, Innova, Dedalo Esco. Tutte insieme appassionatamente, di cui anche la Teknosolar2 di Matera è parte integrante. Nel documento di audizione alla Camera oltre alla conquista del mondo, il progetto Desertec: “piano di investimento da 400 miliardi che prevede di avviare la produzione di energia elettrica nel deserto del Sahara e di trasferirla poi in Europa (Terna ha già in progetto il cavo sottomarino da 1.000MW Tunisia – Italia)”. “Una parte considerevole di energia, dice l’ANEST, sarà prodotta dal termodinamico e su questa partita è importante che le imprese italiane siano adeguatamente supportate per non perdere anche questa opportunità”. L’appello deve aver trovato sponda ma non si è tenuto conto che in Basilicata, altri progetti sono stati previsti dall’ANEST in Sardegna, Sicilia,Marche, Calabria, Puglia, in quel di Palazzo San Gervasio e dintorni nessuno è disponibile a fare da “cavia” agli industriali del sole.

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